26-02-2018

Dossier Noma 2.0

Un reportage in cento scatti dell'attesissima nuova sede di Copenhagen. Un semi-cantiere che diventerà villaggio

Il Noma di Copenaghen, primo ristorante al mondo W

Il Noma di Copenaghen, primo ristorante al mondo World's 50Best per 4 anni non consecutivi (2010, '11, '12 e '14), ha inaugurato la sua nuova sede il 16 febbraio scorso. Aperto a pranzo e cena, è chiuso domenica, lunedì e martedì. Tutti i dettagli nel nostro racconto in 100 fotografie

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Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)

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Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)

Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo

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Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo

Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche

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Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche

Contesto bucolico con inceneritore

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Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore

La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti

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Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti

Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso

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Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso

Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione

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Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione

A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 

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Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 

Il prossimo Test Kitchen, visione frontale

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Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale

La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio

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Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio

Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore

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Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore

Le vetrate della sala

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Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala

Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)

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Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)

Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe

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Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe

Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)

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Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)

L'ingresso del ristorante

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Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante

Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa

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Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa

Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo

Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma

Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi

Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti

In cucina compare per la prima volta il fuoco

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco

La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"

Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto

Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi

Pesci essiccati

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati

Alghe pendenti dal soffitto

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto

Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)
Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)

Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese

La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose

Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante
Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante

La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie

Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori

Panno caldo per cominciare

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare

James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma

Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée

Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo

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Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo

Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma

Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto

E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili

Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato

Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala

Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi

All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero

E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto

La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)

I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre

E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud

E una decina di etichette sul fronte rossi/orange

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange

Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso

Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled

E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.

Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti

Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam

Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 

Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio

L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze

Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano

Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)

Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca

Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte

La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canellahorse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana

La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"

Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"









Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni

Squid in seaweed butter. Calamaro danese ("che qui quasi non considerano", spiega l'italiano) appena scottato in olio fermentato di koji, arrotolato, condito con burro d'alga e servito su bastoncini di ribes nero che allargano il suo bagaglio aromatico. Un boccone formidabile e scenografico

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"









Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni









Squid in seaweed butter. Calamaro danese ("che qui quasi non considerano", spiega l'italiano) appena scottato in olio fermentato di koji, arrotolato, condito con burro d'alga e servito su bastoncini di ribes nero che allargano il suo bagaglio aromatico. Un boccone formidabile e scenografico

Il piatto successivo è contenuto in un simpatico contenitore in cera d’api. Sono palloncini gonfiati e intinti più volte nella cera d’api in fogli. «Abbiamo passato settimane a costruirle. Ne abbiamo fatte a migliaia». Sono usa e getta...
 

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"









Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni









Squid in seaweed butter. Calamaro danese ("che qui quasi non considerano", spiega l'italiano) appena scottato in olio fermentato di koji, arrotolato, condito con burro d'alga e servito su bastoncini di ribes nero che allargano il suo bagaglio aromatico. Un boccone formidabile e scenografico









Il piatto successivo è contenuto in un simpatico contenitore in cera d’api. Sono palloncini gonfiati e intinti più volte nella cera d’api in fogli. «Abbiamo passato settimane a costruirle. Ne abbiamo fatte a migliaia». Sono usa e getta...
 

Sea snail and roses. Una terrina calda di cera con lumache di mare, petali di rosa messi sottaceto e resi croccanti con un sale di alga. La raccomandazione: "Per mangiarlo, tenete tra le mani la cera d'api"

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"









Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni









Squid in seaweed butter. Calamaro danese ("che qui quasi non considerano", spiega l'italiano) appena scottato in olio fermentato di koji, arrotolato, condito con burro d'alga e servito su bastoncini di ribes nero che allargano il suo bagaglio aromatico. Un boccone formidabile e scenografico









Il piatto successivo è contenuto in un simpatico contenitore in cera d’api. Sono palloncini gonfiati e intinti più volte nella cera d’api in fogli. «Abbiamo passato settimane a costruirle. Ne abbiamo fatte a migliaia». Sono usa e getta...
 









Sea snail and roses. Una terrina calda di cera con lumache di mare, petali di rosa messi sottaceto e resi croccanti con un sale di alga. La raccomandazione: "Per mangiarlo, tenete tra le mani la cera d'api"

Sea snail. Un altro piccolo boccone ricavato dalla parte superiore della lumaca di mare, scaldata leggeremente nell'acqua e servita su una riduzione di timo limone

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"









Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni









Squid in seaweed butter. Calamaro danese ("che qui quasi non considerano", spiega l'italiano) appena scottato in olio fermentato di koji, arrotolato, condito con burro d'alga e servito su bastoncini di ribes nero che allargano il suo bagaglio aromatico. Un boccone formidabile e scenografico









Il piatto successivo è contenuto in un simpatico contenitore in cera d’api. Sono palloncini gonfiati e intinti più volte nella cera d’api in fogli. «Abbiamo passato settimane a costruirle. Ne abbiamo fatte a migliaia». Sono usa e getta...
 









Sea snail and roses. Una terrina calda di cera con lumache di mare, petali di rosa messi sottaceto e resi croccanti con un sale di alga. La raccomandazione: "Per mangiarlo, tenete tra le mani la cera d'api"









Sea snail. Un altro piccolo boccone ricavato dalla parte superiore della lumaca di mare, scaldata leggeremente nell'acqua e servita su una riduzione di timo limone

Lo stuzzicadenti marino di lumaca di mare, intarsiato la prima volta dallo stesso Redzepi

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"









Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni









Squid in seaweed butter. Calamaro danese ("che qui quasi non considerano", spiega l'italiano) appena scottato in olio fermentato di koji, arrotolato, condito con burro d'alga e servito su bastoncini di ribes nero che allargano il suo bagaglio aromatico. Un boccone formidabile e scenografico









Il piatto successivo è contenuto in un simpatico contenitore in cera d’api. Sono palloncini gonfiati e intinti più volte nella cera d’api in fogli. «Abbiamo passato settimane a costruirle. Ne abbiamo fatte a migliaia». Sono usa e getta...
 









Sea snail and roses. Una terrina calda di cera con lumache di mare, petali di rosa messi sottaceto e resi croccanti con un sale di alga. La raccomandazione: "Per mangiarlo, tenete tra le mani la cera d'api"









Sea snail. Un altro piccolo boccone ricavato dalla parte superiore della lumaca di mare, scaldata leggeremente nell'acqua e servita su una riduzione di timo limone









Lo stuzzicadenti marino di lumaca di mare, intarsiato la prima volta dallo stesso Redzepi

Head of the cod, la testa del merluzzo (a destra), il vero main course del Noma

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"









Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni









Squid in seaweed butter. Calamaro danese ("che qui quasi non considerano", spiega l'italiano) appena scottato in olio fermentato di koji, arrotolato, condito con burro d'alga e servito su bastoncini di ribes nero che allargano il suo bagaglio aromatico. Un boccone formidabile e scenografico









Il piatto successivo è contenuto in un simpatico contenitore in cera d’api. Sono palloncini gonfiati e intinti più volte nella cera d’api in fogli. «Abbiamo passato settimane a costruirle. Ne abbiamo fatte a migliaia». Sono usa e getta...
 









Sea snail and roses. Una terrina calda di cera con lumache di mare, petali di rosa messi sottaceto e resi croccanti con un sale di alga. La raccomandazione: "Per mangiarlo, tenete tra le mani la cera d'api"









Sea snail. Un altro piccolo boccone ricavato dalla parte superiore della lumaca di mare, scaldata leggeremente nell'acqua e servita su una riduzione di timo limone









Lo stuzzicadenti marino di lumaca di mare, intarsiato la prima volta dallo stesso Redzepi









Head of the cod, la testa del merluzzo (a destra), il vero main course del Noma

È un’altra preparazione piuttosto laboriosa. «Occorre mezzora solo per smontare la testa del merluzzo. Leviamo la pelle e il collagene e sezioniamo mandibole, lingua, guancia e la parte posteriore. Poi sciacquiamo in sale, spezie, koji e cuociamo allo yakitori con glassa di funghi e brodo di finocchi speziati»

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"









Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni









Squid in seaweed butter. Calamaro danese ("che qui quasi non considerano", spiega l'italiano) appena scottato in olio fermentato di koji, arrotolato, condito con burro d'alga e servito su bastoncini di ribes nero che allargano il suo bagaglio aromatico. Un boccone formidabile e scenografico









Il piatto successivo è contenuto in un simpatico contenitore in cera d’api. Sono palloncini gonfiati e intinti più volte nella cera d’api in fogli. «Abbiamo passato settimane a costruirle. Ne abbiamo fatte a migliaia». Sono usa e getta...
 









Sea snail and roses. Una terrina calda di cera con lumache di mare, petali di rosa messi sottaceto e resi croccanti con un sale di alga. La raccomandazione: "Per mangiarlo, tenete tra le mani la cera d'api"









Sea snail. Un altro piccolo boccone ricavato dalla parte superiore della lumaca di mare, scaldata leggeremente nell'acqua e servita su una riduzione di timo limone









Lo stuzzicadenti marino di lumaca di mare, intarsiato la prima volta dallo stesso Redzepi









Head of the cod, la testa del merluzzo (a destra), il vero main course del Noma









È un’altra preparazione piuttosto laboriosa. «Occorre mezzora solo per smontare la testa del merluzzo. Leviamo la pelle e il collagene e sezioniamo mandibole, lingua, guancia e la parte posteriore. Poi sciacquiamo in sale, spezie, koji e cuociamo allo yakitori con glassa di funghi e brodo di finocchi speziati»

Il merluzzo si può guarnire a piacere con pasta di formiche (in alto a destra), emulsione leggeremente piccante di olio di koji, acqua e succo di rafano (a sinistra) e curry danese (in basso)

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"









Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni









Squid in seaweed butter. Calamaro danese ("che qui quasi non considerano", spiega l'italiano) appena scottato in olio fermentato di koji, arrotolato, condito con burro d'alga e servito su bastoncini di ribes nero che allargano il suo bagaglio aromatico. Un boccone formidabile e scenografico









Il piatto successivo è contenuto in un simpatico contenitore in cera d’api. Sono palloncini gonfiati e intinti più volte nella cera d’api in fogli. «Abbiamo passato settimane a costruirle. Ne abbiamo fatte a migliaia». Sono usa e getta...
 









Sea snail and roses. Una terrina calda di cera con lumache di mare, petali di rosa messi sottaceto e resi croccanti con un sale di alga. La raccomandazione: "Per mangiarlo, tenete tra le mani la cera d'api"









Sea snail. Un altro piccolo boccone ricavato dalla parte superiore della lumaca di mare, scaldata leggeremente nell'acqua e servita su una riduzione di timo limone









Lo stuzzicadenti marino di lumaca di mare, intarsiato la prima volta dallo stesso Redzepi









Head of the cod, la testa del merluzzo (a destra), il vero main course del Noma









È un’altra preparazione piuttosto laboriosa. «Occorre mezzora solo per smontare la testa del merluzzo. Leviamo la pelle e il collagene e sezioniamo mandibole, lingua, guancia e la parte posteriore. Poi sciacquiamo in sale, spezie, koji e cuociamo allo yakitori con glassa di funghi e brodo di finocchi speziati»









Il merluzzo si può guarnire a piacere con pasta di formiche (in alto a destra), emulsione leggeremente piccante di olio di koji, acqua e succo di rafano (a sinistra) e curry danese (in basso)

A margine del merluzzo, anche dell'aglio selvatico condito con burro affumicato e lievito arrostito. Sapore intenso

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"









Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni









Squid in seaweed butter. Calamaro danese ("che qui quasi non considerano", spiega l'italiano) appena scottato in olio fermentato di koji, arrotolato, condito con burro d'alga e servito su bastoncini di ribes nero che allargano il suo bagaglio aromatico. Un boccone formidabile e scenografico









Il piatto successivo è contenuto in un simpatico contenitore in cera d’api. Sono palloncini gonfiati e intinti più volte nella cera d’api in fogli. «Abbiamo passato settimane a costruirle. Ne abbiamo fatte a migliaia». Sono usa e getta...
 









Sea snail and roses. Una terrina calda di cera con lumache di mare, petali di rosa messi sottaceto e resi croccanti con un sale di alga. La raccomandazione: "Per mangiarlo, tenete tra le mani la cera d'api"









Sea snail. Un altro piccolo boccone ricavato dalla parte superiore della lumaca di mare, scaldata leggeremente nell'acqua e servita su una riduzione di timo limone









Lo stuzzicadenti marino di lumaca di mare, intarsiato la prima volta dallo stesso Redzepi









Head of the cod, la testa del merluzzo (a destra), il vero main course del Noma









È un’altra preparazione piuttosto laboriosa. «Occorre mezzora solo per smontare la testa del merluzzo. Leviamo la pelle e il collagene e sezioniamo mandibole, lingua, guancia e la parte posteriore. Poi sciacquiamo in sale, spezie, koji e cuociamo allo yakitori con glassa di funghi e brodo di finocchi speziati»









Il merluzzo si può guarnire a piacere con pasta di formiche (in alto a destra), emulsione leggeremente piccante di olio di koji, acqua e succo di rafano (a sinistra) e curry danese (in basso)









A margine del merluzzo, anche dell'aglio selvatico condito con burro affumicato e lievito arrostito. Sapore intenso

Ossa di merluzzo alla fine dell'assaggio

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"









Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni









Squid in seaweed butter. Calamaro danese ("che qui quasi non considerano", spiega l'italiano) appena scottato in olio fermentato di koji, arrotolato, condito con burro d'alga e servito su bastoncini di ribes nero che allargano il suo bagaglio aromatico. Un boccone formidabile e scenografico









Il piatto successivo è contenuto in un simpatico contenitore in cera d’api. Sono palloncini gonfiati e intinti più volte nella cera d’api in fogli. «Abbiamo passato settimane a costruirle. Ne abbiamo fatte a migliaia». Sono usa e getta...
 









Sea snail and roses. Una terrina calda di cera con lumache di mare, petali di rosa messi sottaceto e resi croccanti con un sale di alga. La raccomandazione: "Per mangiarlo, tenete tra le mani la cera d'api"









Sea snail. Un altro piccolo boccone ricavato dalla parte superiore della lumaca di mare, scaldata leggeremente nell'acqua e servita su una riduzione di timo limone









Lo stuzzicadenti marino di lumaca di mare, intarsiato la prima volta dallo stesso Redzepi









Head of the cod, la testa del merluzzo (a destra), il vero main course del Noma









È un’altra preparazione piuttosto laboriosa. «Occorre mezzora solo per smontare la testa del merluzzo. Leviamo la pelle e il collagene e sezioniamo mandibole, lingua, guancia e la parte posteriore. Poi sciacquiamo in sale, spezie, koji e cuociamo allo yakitori con glassa di funghi e brodo di finocchi speziati»









Il merluzzo si può guarnire a piacere con pasta di formiche (in alto a destra), emulsione leggeremente piccante di olio di koji, acqua e succo di rafano (a sinistra) e curry danese (in basso)









A margine del merluzzo, anche dell'aglio selvatico condito con burro affumicato e lievito arrostito. Sapore intenso









Ossa di merluzzo alla fine dell'assaggio

Snack interlocutorio di guancia di merluzzo su un velo sottile di alga con fiori di wasabi islandese, condito con una pasta di finferli preservati ed erbe

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"









Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni









Squid in seaweed butter. Calamaro danese ("che qui quasi non considerano", spiega l'italiano) appena scottato in olio fermentato di koji, arrotolato, condito con burro d'alga e servito su bastoncini di ribes nero che allargano il suo bagaglio aromatico. Un boccone formidabile e scenografico









Il piatto successivo è contenuto in un simpatico contenitore in cera d’api. Sono palloncini gonfiati e intinti più volte nella cera d’api in fogli. «Abbiamo passato settimane a costruirle. Ne abbiamo fatte a migliaia». Sono usa e getta...
 









Sea snail and roses. Una terrina calda di cera con lumache di mare, petali di rosa messi sottaceto e resi croccanti con un sale di alga. La raccomandazione: "Per mangiarlo, tenete tra le mani la cera d'api"









Sea snail. Un altro piccolo boccone ricavato dalla parte superiore della lumaca di mare, scaldata leggeremente nell'acqua e servita su una riduzione di timo limone









Lo stuzzicadenti marino di lumaca di mare, intarsiato la prima volta dallo stesso Redzepi









Head of the cod, la testa del merluzzo (a destra), il vero main course del Noma









È un’altra preparazione piuttosto laboriosa. «Occorre mezzora solo per smontare la testa del merluzzo. Leviamo la pelle e il collagene e sezioniamo mandibole, lingua, guancia e la parte posteriore. Poi sciacquiamo in sale, spezie, koji e cuociamo allo yakitori con glassa di funghi e brodo di finocchi speziati»









Il merluzzo si può guarnire a piacere con pasta di formiche (in alto a destra), emulsione leggeremente piccante di olio di koji, acqua e succo di rafano (a sinistra) e curry danese (in basso)









A margine del merluzzo, anche dell'aglio selvatico condito con burro affumicato e lievito arrostito. Sapore intenso









Ossa di merluzzo alla fine dell'assaggio









Snack interlocutorio di guancia di merluzzo su un velo sottile di alga con fiori di wasabi islandese, condito con una pasta di finferli preservati ed erbe

Pickled vegetables and arctic herbs. Unico piatto di verdure del menu, guida il passaggio dalle pietanze salate a quelle dolci. Timo artico, germogli di pino mugo, fiori di finocchietto selvatico, fiore di campanella blu, cotti in un brodo di alga. Da giugno ad agosto 2018 il menu del Noma sarà 100% vegetariano

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"









Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni









Squid in seaweed butter. Calamaro danese ("che qui quasi non considerano", spiega l'italiano) appena scottato in olio fermentato di koji, arrotolato, condito con burro d'alga e servito su bastoncini di ribes nero che allargano il suo bagaglio aromatico. Un boccone formidabile e scenografico









Il piatto successivo è contenuto in un simpatico contenitore in cera d’api. Sono palloncini gonfiati e intinti più volte nella cera d’api in fogli. «Abbiamo passato settimane a costruirle. Ne abbiamo fatte a migliaia». Sono usa e getta...
 









Sea snail and roses. Una terrina calda di cera con lumache di mare, petali di rosa messi sottaceto e resi croccanti con un sale di alga. La raccomandazione: "Per mangiarlo, tenete tra le mani la cera d'api"









Sea snail. Un altro piccolo boccone ricavato dalla parte superiore della lumaca di mare, scaldata leggeremente nell'acqua e servita su una riduzione di timo limone









Lo stuzzicadenti marino di lumaca di mare, intarsiato la prima volta dallo stesso Redzepi









Head of the cod, la testa del merluzzo (a destra), il vero main course del Noma









È un’altra preparazione piuttosto laboriosa. «Occorre mezzora solo per smontare la testa del merluzzo. Leviamo la pelle e il collagene e sezioniamo mandibole, lingua, guancia e la parte posteriore. Poi sciacquiamo in sale, spezie, koji e cuociamo allo yakitori con glassa di funghi e brodo di finocchi speziati»









Il merluzzo si può guarnire a piacere con pasta di formiche (in alto a destra), emulsione leggeremente piccante di olio di koji, acqua e succo di rafano (a sinistra) e curry danese (in basso)









A margine del merluzzo, anche dell'aglio selvatico condito con burro affumicato e lievito arrostito. Sapore intenso









Ossa di merluzzo alla fine dell'assaggio









Snack interlocutorio di guancia di merluzzo su un velo sottile di alga con fiori di wasabi islandese, condito con una pasta di finferli preservati ed erbe









Pickled vegetables and arctic herbs. Unico piatto di verdure del menu, guida il passaggio dalle pietanze salate a quelle dolci. Timo artico, germogli di pino mugo, fiori di finocchietto selvatico, fiore di campanella blu, cotti in un brodo di alga. Da giugno ad agosto 2018 il menu del Noma sarà 100% vegetariano

Tempo di preparazione: mezzora! Una pietanza che mette a dura prova chi l'esegue

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"









Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni









Squid in seaweed butter. Calamaro danese ("che qui quasi non considerano", spiega l'italiano) appena scottato in olio fermentato di koji, arrotolato, condito con burro d'alga e servito su bastoncini di ribes nero che allargano il suo bagaglio aromatico. Un boccone formidabile e scenografico









Il piatto successivo è contenuto in un simpatico contenitore in cera d’api. Sono palloncini gonfiati e intinti più volte nella cera d’api in fogli. «Abbiamo passato settimane a costruirle. Ne abbiamo fatte a migliaia». Sono usa e getta...
 









Sea snail and roses. Una terrina calda di cera con lumache di mare, petali di rosa messi sottaceto e resi croccanti con un sale di alga. La raccomandazione: "Per mangiarlo, tenete tra le mani la cera d'api"









Sea snail. Un altro piccolo boccone ricavato dalla parte superiore della lumaca di mare, scaldata leggeremente nell'acqua e servita su una riduzione di timo limone









Lo stuzzicadenti marino di lumaca di mare, intarsiato la prima volta dallo stesso Redzepi









Head of the cod, la testa del merluzzo (a destra), il vero main course del Noma









È un’altra preparazione piuttosto laboriosa. «Occorre mezzora solo per smontare la testa del merluzzo. Leviamo la pelle e il collagene e sezioniamo mandibole, lingua, guancia e la parte posteriore. Poi sciacquiamo in sale, spezie, koji e cuociamo allo yakitori con glassa di funghi e brodo di finocchi speziati»









Il merluzzo si può guarnire a piacere con pasta di formiche (in alto a destra), emulsione leggeremente piccante di olio di koji, acqua e succo di rafano (a sinistra) e curry danese (in basso)









A margine del merluzzo, anche dell'aglio selvatico condito con burro affumicato e lievito arrostito. Sapore intenso









Ossa di merluzzo alla fine dell'assaggio









Snack interlocutorio di guancia di merluzzo su un velo sottile di alga con fiori di wasabi islandese, condito con una pasta di finferli preservati ed erbe









Pickled vegetables and arctic herbs. Unico piatto di verdure del menu, guida il passaggio dalle pietanze salate a quelle dolci. Timo artico, germogli di pino mugo, fiori di finocchietto selvatico, fiore di campanella blu, cotti in un brodo di alga. Da giugno ad agosto 2018 il menu del Noma sarà 100% vegetariano









Tempo di preparazione: mezzora! Una pietanza che mette a dura prova chi l'esegue

Riappare in tavola la cozza, il simbolo di sempre

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"









Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni









Squid in seaweed butter. Calamaro danese ("che qui quasi non considerano", spiega l'italiano) appena scottato in olio fermentato di koji, arrotolato, condito con burro d'alga e servito su bastoncini di ribes nero che allargano il suo bagaglio aromatico. Un boccone formidabile e scenografico









Il piatto successivo è contenuto in un simpatico contenitore in cera d’api. Sono palloncini gonfiati e intinti più volte nella cera d’api in fogli. «Abbiamo passato settimane a costruirle. Ne abbiamo fatte a migliaia». Sono usa e getta...
 









Sea snail and roses. Una terrina calda di cera con lumache di mare, petali di rosa messi sottaceto e resi croccanti con un sale di alga. La raccomandazione: "Per mangiarlo, tenete tra le mani la cera d'api"









Sea snail. Un altro piccolo boccone ricavato dalla parte superiore della lumaca di mare, scaldata leggeremente nell'acqua e servita su una riduzione di timo limone









Lo stuzzicadenti marino di lumaca di mare, intarsiato la prima volta dallo stesso Redzepi









Head of the cod, la testa del merluzzo (a destra), il vero main course del Noma









È un’altra preparazione piuttosto laboriosa. «Occorre mezzora solo per smontare la testa del merluzzo. Leviamo la pelle e il collagene e sezioniamo mandibole, lingua, guancia e la parte posteriore. Poi sciacquiamo in sale, spezie, koji e cuociamo allo yakitori con glassa di funghi e brodo di finocchi speziati»









Il merluzzo si può guarnire a piacere con pasta di formiche (in alto a destra), emulsione leggeremente piccante di olio di koji, acqua e succo di rafano (a sinistra) e curry danese (in basso)









A margine del merluzzo, anche dell'aglio selvatico condito con burro affumicato e lievito arrostito. Sapore intenso









Ossa di merluzzo alla fine dell'assaggio









Snack interlocutorio di guancia di merluzzo su un velo sottile di alga con fiori di wasabi islandese, condito con una pasta di finferli preservati ed erbe









Pickled vegetables and arctic herbs. Unico piatto di verdure del menu, guida il passaggio dalle pietanze salate a quelle dolci. Timo artico, germogli di pino mugo, fiori di finocchietto selvatico, fiore di campanella blu, cotti in un brodo di alga. Da giugno ad agosto 2018 il menu del Noma sarà 100% vegetariano









Tempo di preparazione: mezzora! Una pietanza che mette a dura prova chi l'esegue









Riappare in tavola la cozza, il simbolo di sempre

Ma questa volta è un dessert in forma di piccolo sandwich. Pear and roasted kelp ice cream: pera, bilberry (mirtillo nero) e alga kelp arrostita

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"









Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni









Squid in seaweed butter. Calamaro danese ("che qui quasi non considerano", spiega l'italiano) appena scottato in olio fermentato di koji, arrotolato, condito con burro d'alga e servito su bastoncini di ribes nero che allargano il suo bagaglio aromatico. Un boccone formidabile e scenografico









Il piatto successivo è contenuto in un simpatico contenitore in cera d’api. Sono palloncini gonfiati e intinti più volte nella cera d’api in fogli. «Abbiamo passato settimane a costruirle. Ne abbiamo fatte a migliaia». Sono usa e getta...
 









Sea snail and roses. Una terrina calda di cera con lumache di mare, petali di rosa messi sottaceto e resi croccanti con un sale di alga. La raccomandazione: "Per mangiarlo, tenete tra le mani la cera d'api"









Sea snail. Un altro piccolo boccone ricavato dalla parte superiore della lumaca di mare, scaldata leggeremente nell'acqua e servita su una riduzione di timo limone









Lo stuzzicadenti marino di lumaca di mare, intarsiato la prima volta dallo stesso Redzepi









Head of the cod, la testa del merluzzo (a destra), il vero main course del Noma









È un’altra preparazione piuttosto laboriosa. «Occorre mezzora solo per smontare la testa del merluzzo. Leviamo la pelle e il collagene e sezioniamo mandibole, lingua, guancia e la parte posteriore. Poi sciacquiamo in sale, spezie, koji e cuociamo allo yakitori con glassa di funghi e brodo di finocchi speziati»









Il merluzzo si può guarnire a piacere con pasta di formiche (in alto a destra), emulsione leggeremente piccante di olio di koji, acqua e succo di rafano (a sinistra) e curry danese (in basso)









A margine del merluzzo, anche dell'aglio selvatico condito con burro affumicato e lievito arrostito. Sapore intenso









Ossa di merluzzo alla fine dell'assaggio









Snack interlocutorio di guancia di merluzzo su un velo sottile di alga con fiori di wasabi islandese, condito con una pasta di finferli preservati ed erbe









Pickled vegetables and arctic herbs. Unico piatto di verdure del menu, guida il passaggio dalle pietanze salate a quelle dolci. Timo artico, germogli di pino mugo, fiori di finocchietto selvatico, fiore di campanella blu, cotti in un brodo di alga. Da giugno ad agosto 2018 il menu del Noma sarà 100% vegetariano









Tempo di preparazione: mezzora! Una pietanza che mette a dura prova chi l'esegue









Riappare in tavola la cozza, il simbolo di sempre









Ma questa volta è un dessert in forma di piccolo sandwich. Pear and roasted kelp ice cream: pera, bilberry (mirtillo nero) e alga kelp arrostita

Cloudberries and pine cones. Un dessert che prolunga la saga dei deliziosi dolci/non dolci di Redzepi: cloudberry (letteralmente "bacche nuvola", traducibili con more di rovo camemoro), pigne preservate nello zucchero dalla primavera precedente e poi cotte nello sciroppo, neve yogurt (firmato dall'italiana Jessica Natali) e lumachina di mare realizzata col sorbetto delle cloudberry

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"









Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni









Squid in seaweed butter. Calamaro danese ("che qui quasi non considerano", spiega l'italiano) appena scottato in olio fermentato di koji, arrotolato, condito con burro d'alga e servito su bastoncini di ribes nero che allargano il suo bagaglio aromatico. Un boccone formidabile e scenografico









Il piatto successivo è contenuto in un simpatico contenitore in cera d’api. Sono palloncini gonfiati e intinti più volte nella cera d’api in fogli. «Abbiamo passato settimane a costruirle. Ne abbiamo fatte a migliaia». Sono usa e getta...
 









Sea snail and roses. Una terrina calda di cera con lumache di mare, petali di rosa messi sottaceto e resi croccanti con un sale di alga. La raccomandazione: "Per mangiarlo, tenete tra le mani la cera d'api"









Sea snail. Un altro piccolo boccone ricavato dalla parte superiore della lumaca di mare, scaldata leggeremente nell'acqua e servita su una riduzione di timo limone









Lo stuzzicadenti marino di lumaca di mare, intarsiato la prima volta dallo stesso Redzepi









Head of the cod, la testa del merluzzo (a destra), il vero main course del Noma









È un’altra preparazione piuttosto laboriosa. «Occorre mezzora solo per smontare la testa del merluzzo. Leviamo la pelle e il collagene e sezioniamo mandibole, lingua, guancia e la parte posteriore. Poi sciacquiamo in sale, spezie, koji e cuociamo allo yakitori con glassa di funghi e brodo di finocchi speziati»









Il merluzzo si può guarnire a piacere con pasta di formiche (in alto a destra), emulsione leggeremente piccante di olio di koji, acqua e succo di rafano (a sinistra) e curry danese (in basso)









A margine del merluzzo, anche dell'aglio selvatico condito con burro affumicato e lievito arrostito. Sapore intenso









Ossa di merluzzo alla fine dell'assaggio









Snack interlocutorio di guancia di merluzzo su un velo sottile di alga con fiori di wasabi islandese, condito con una pasta di finferli preservati ed erbe









Pickled vegetables and arctic herbs. Unico piatto di verdure del menu, guida il passaggio dalle pietanze salate a quelle dolci. Timo artico, germogli di pino mugo, fiori di finocchietto selvatico, fiore di campanella blu, cotti in un brodo di alga. Da giugno ad agosto 2018 il menu del Noma sarà 100% vegetariano









Tempo di preparazione: mezzora! Una pietanza che mette a dura prova chi l'esegue









Riappare in tavola la cozza, il simbolo di sempre









Ma questa volta è un dessert in forma di piccolo sandwich. Pear and roasted kelp ice cream: pera, bilberry (mirtillo nero) e alga kelp arrostita









Cloudberries and pine cones. Un dessert che prolunga la saga dei deliziosi dolci/non dolci di Redzepi: cloudberry (letteralmente "bacche nuvola", traducibili con more di rovo camemoro), pigne preservate nello zucchero dalla primavera precedente e poi cotte nello sciroppo, neve yogurt (firmato dall'italiana Jessica Natali) e lumachina di mare realizzata col sorbetto delle cloudberry

Caffè filtrato, ottenuto da semi kenyoti rubati e coltivati in Honduras da un ragazzo norvegese. Ce lo racconta Francesca Niro, sommelier italiana. «In Danimarca», spiega, «il caffè non è un atto conclusivo»

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"









Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni









Squid in seaweed butter. Calamaro danese ("che qui quasi non considerano", spiega l'italiano) appena scottato in olio fermentato di koji, arrotolato, condito con burro d'alga e servito su bastoncini di ribes nero che allargano il suo bagaglio aromatico. Un boccone formidabile e scenografico









Il piatto successivo è contenuto in un simpatico contenitore in cera d’api. Sono palloncini gonfiati e intinti più volte nella cera d’api in fogli. «Abbiamo passato settimane a costruirle. Ne abbiamo fatte a migliaia». Sono usa e getta...
 









Sea snail and roses. Una terrina calda di cera con lumache di mare, petali di rosa messi sottaceto e resi croccanti con un sale di alga. La raccomandazione: "Per mangiarlo, tenete tra le mani la cera d'api"









Sea snail. Un altro piccolo boccone ricavato dalla parte superiore della lumaca di mare, scaldata leggeremente nell'acqua e servita su una riduzione di timo limone









Lo stuzzicadenti marino di lumaca di mare, intarsiato la prima volta dallo stesso Redzepi









Head of the cod, la testa del merluzzo (a destra), il vero main course del Noma









È un’altra preparazione piuttosto laboriosa. «Occorre mezzora solo per smontare la testa del merluzzo. Leviamo la pelle e il collagene e sezioniamo mandibole, lingua, guancia e la parte posteriore. Poi sciacquiamo in sale, spezie, koji e cuociamo allo yakitori con glassa di funghi e brodo di finocchi speziati»









Il merluzzo si può guarnire a piacere con pasta di formiche (in alto a destra), emulsione leggeremente piccante di olio di koji, acqua e succo di rafano (a sinistra) e curry danese (in basso)









A margine del merluzzo, anche dell'aglio selvatico condito con burro affumicato e lievito arrostito. Sapore intenso









Ossa di merluzzo alla fine dell'assaggio









Snack interlocutorio di guancia di merluzzo su un velo sottile di alga con fiori di wasabi islandese, condito con una pasta di finferli preservati ed erbe









Pickled vegetables and arctic herbs. Unico piatto di verdure del menu, guida il passaggio dalle pietanze salate a quelle dolci. Timo artico, germogli di pino mugo, fiori di finocchietto selvatico, fiore di campanella blu, cotti in un brodo di alga. Da giugno ad agosto 2018 il menu del Noma sarà 100% vegetariano









Tempo di preparazione: mezzora! Una pietanza che mette a dura prova chi l'esegue









Riappare in tavola la cozza, il simbolo di sempre









Ma questa volta è un dessert in forma di piccolo sandwich. Pear and roasted kelp ice cream: pera, bilberry (mirtillo nero) e alga kelp arrostita









Cloudberries and pine cones. Un dessert che prolunga la saga dei deliziosi dolci/non dolci di Redzepi: cloudberry (letteralmente "bacche nuvola", traducibili con more di rovo camemoro), pigne preservate nello zucchero dalla primavera precedente e poi cotte nello sciroppo, neve yogurt (firmato dall'italiana Jessica Natali) e lumachina di mare realizzata col sorbetto delle cloudberry









Caffè filtrato, ottenuto da semi kenyoti rubati e coltivati in Honduras da un ragazzo norvegese. Ce lo racconta Francesca Niro, sommelier italiana. «In Danimarca», spiega, «il caffè non è un atto conclusivo»

Sugar kelp tart. Tartelletta di alga kelp con pralinato di pino (sul modello di quello di mandorle, autore Canella), panna e crisp di ostrica

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"









Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni









Squid in seaweed butter. Calamaro danese ("che qui quasi non considerano", spiega l'italiano) appena scottato in olio fermentato di koji, arrotolato, condito con burro d'alga e servito su bastoncini di ribes nero che allargano il suo bagaglio aromatico. Un boccone formidabile e scenografico









Il piatto successivo è contenuto in un simpatico contenitore in cera d’api. Sono palloncini gonfiati e intinti più volte nella cera d’api in fogli. «Abbiamo passato settimane a costruirle. Ne abbiamo fatte a migliaia». Sono usa e getta...
 









Sea snail and roses. Una terrina calda di cera con lumache di mare, petali di rosa messi sottaceto e resi croccanti con un sale di alga. La raccomandazione: "Per mangiarlo, tenete tra le mani la cera d'api"









Sea snail. Un altro piccolo boccone ricavato dalla parte superiore della lumaca di mare, scaldata leggeremente nell'acqua e servita su una riduzione di timo limone









Lo stuzzicadenti marino di lumaca di mare, intarsiato la prima volta dallo stesso Redzepi









Head of the cod, la testa del merluzzo (a destra), il vero main course del Noma









È un’altra preparazione piuttosto laboriosa. «Occorre mezzora solo per smontare la testa del merluzzo. Leviamo la pelle e il collagene e sezioniamo mandibole, lingua, guancia e la parte posteriore. Poi sciacquiamo in sale, spezie, koji e cuociamo allo yakitori con glassa di funghi e brodo di finocchi speziati»









Il merluzzo si può guarnire a piacere con pasta di formiche (in alto a destra), emulsione leggeremente piccante di olio di koji, acqua e succo di rafano (a sinistra) e curry danese (in basso)









A margine del merluzzo, anche dell'aglio selvatico condito con burro affumicato e lievito arrostito. Sapore intenso









Ossa di merluzzo alla fine dell'assaggio









Snack interlocutorio di guancia di merluzzo su un velo sottile di alga con fiori di wasabi islandese, condito con una pasta di finferli preservati ed erbe









Pickled vegetables and arctic herbs. Unico piatto di verdure del menu, guida il passaggio dalle pietanze salate a quelle dolci. Timo artico, germogli di pino mugo, fiori di finocchietto selvatico, fiore di campanella blu, cotti in un brodo di alga. Da giugno ad agosto 2018 il menu del Noma sarà 100% vegetariano









Tempo di preparazione: mezzora! Una pietanza che mette a dura prova chi l'esegue









Riappare in tavola la cozza, il simbolo di sempre









Ma questa volta è un dessert in forma di piccolo sandwich. Pear and roasted kelp ice cream: pera, bilberry (mirtillo nero) e alga kelp arrostita









Cloudberries and pine cones. Un dessert che prolunga la saga dei deliziosi dolci/non dolci di Redzepi: cloudberry (letteralmente "bacche nuvola", traducibili con more di rovo camemoro), pigne preservate nello zucchero dalla primavera precedente e poi cotte nello sciroppo, neve yogurt (firmato dall'italiana Jessica Natali) e lumachina di mare realizzata col sorbetto delle cloudberry









Caffè filtrato, ottenuto da semi kenyoti rubati e coltivati in Honduras da un ragazzo norvegese. Ce lo racconta Francesca Niro, sommelier italiana. «In Danimarca», spiega, «il caffè non è un atto conclusivo»









Sugar kelp tart. Tartelletta di alga kelp con pralinato di pino (sul modello di quello di mandorle, autore Canella), panna e crisp di ostrica

Jessica Natali, marchigiana, 23 anni, punto fermo del Noma da 4 stagioni

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"









Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni









Squid in seaweed butter. Calamaro danese ("che qui quasi non considerano", spiega l'italiano) appena scottato in olio fermentato di koji, arrotolato, condito con burro d'alga e servito su bastoncini di ribes nero che allargano il suo bagaglio aromatico. Un boccone formidabile e scenografico









Il piatto successivo è contenuto in un simpatico contenitore in cera d’api. Sono palloncini gonfiati e intinti più volte nella cera d’api in fogli. «Abbiamo passato settimane a costruirle. Ne abbiamo fatte a migliaia». Sono usa e getta...
 









Sea snail and roses. Una terrina calda di cera con lumache di mare, petali di rosa messi sottaceto e resi croccanti con un sale di alga. La raccomandazione: "Per mangiarlo, tenete tra le mani la cera d'api"









Sea snail. Un altro piccolo boccone ricavato dalla parte superiore della lumaca di mare, scaldata leggeremente nell'acqua e servita su una riduzione di timo limone









Lo stuzzicadenti marino di lumaca di mare, intarsiato la prima volta dallo stesso Redzepi









Head of the cod, la testa del merluzzo (a destra), il vero main course del Noma









È un’altra preparazione piuttosto laboriosa. «Occorre mezzora solo per smontare la testa del merluzzo. Leviamo la pelle e il collagene e sezioniamo mandibole, lingua, guancia e la parte posteriore. Poi sciacquiamo in sale, spezie, koji e cuociamo allo yakitori con glassa di funghi e brodo di finocchi speziati»









Il merluzzo si può guarnire a piacere con pasta di formiche (in alto a destra), emulsione leggeremente piccante di olio di koji, acqua e succo di rafano (a sinistra) e curry danese (in basso)









A margine del merluzzo, anche dell'aglio selvatico condito con burro affumicato e lievito arrostito. Sapore intenso









Ossa di merluzzo alla fine dell'assaggio









Snack interlocutorio di guancia di merluzzo su un velo sottile di alga con fiori di wasabi islandese, condito con una pasta di finferli preservati ed erbe









Pickled vegetables and arctic herbs. Unico piatto di verdure del menu, guida il passaggio dalle pietanze salate a quelle dolci. Timo artico, germogli di pino mugo, fiori di finocchietto selvatico, fiore di campanella blu, cotti in un brodo di alga. Da giugno ad agosto 2018 il menu del Noma sarà 100% vegetariano









Tempo di preparazione: mezzora! Una pietanza che mette a dura prova chi l'esegue









Riappare in tavola la cozza, il simbolo di sempre









Ma questa volta è un dessert in forma di piccolo sandwich. Pear and roasted kelp ice cream: pera, bilberry (mirtillo nero) e alga kelp arrostita









Cloudberries and pine cones. Un dessert che prolunga la saga dei deliziosi dolci/non dolci di Redzepi: cloudberry (letteralmente "bacche nuvola", traducibili con more di rovo camemoro), pigne preservate nello zucchero dalla primavera precedente e poi cotte nello sciroppo, neve yogurt (firmato dall'italiana Jessica Natali) e lumachina di mare realizzata col sorbetto delle cloudberry









Caffè filtrato, ottenuto da semi kenyoti rubati e coltivati in Honduras da un ragazzo norvegese. Ce lo racconta Francesca Niro, sommelier italiana. «In Danimarca», spiega, «il caffè non è un atto conclusivo»









Sugar kelp tart. Tartelletta di alga kelp con pralinato di pino (sul modello di quello di mandorle, autore Canella), panna e crisp di ostrica









Jessica Natali, marchigiana, 23 anni, punto fermo del Noma da 4 stagioni

Natali introduce l'ultimo piatto, Plankton cake, tortino a base di plankton

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"









Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni









Squid in seaweed butter. Calamaro danese ("che qui quasi non considerano", spiega l'italiano) appena scottato in olio fermentato di koji, arrotolato, condito con burro d'alga e servito su bastoncini di ribes nero che allargano il suo bagaglio aromatico. Un boccone formidabile e scenografico









Il piatto successivo è contenuto in un simpatico contenitore in cera d’api. Sono palloncini gonfiati e intinti più volte nella cera d’api in fogli. «Abbiamo passato settimane a costruirle. Ne abbiamo fatte a migliaia». Sono usa e getta...
 









Sea snail and roses. Una terrina calda di cera con lumache di mare, petali di rosa messi sottaceto e resi croccanti con un sale di alga. La raccomandazione: "Per mangiarlo, tenete tra le mani la cera d'api"









Sea snail. Un altro piccolo boccone ricavato dalla parte superiore della lumaca di mare, scaldata leggeremente nell'acqua e servita su una riduzione di timo limone









Lo stuzzicadenti marino di lumaca di mare, intarsiato la prima volta dallo stesso Redzepi









Head of the cod, la testa del merluzzo (a destra), il vero main course del Noma









È un’altra preparazione piuttosto laboriosa. «Occorre mezzora solo per smontare la testa del merluzzo. Leviamo la pelle e il collagene e sezioniamo mandibole, lingua, guancia e la parte posteriore. Poi sciacquiamo in sale, spezie, koji e cuociamo allo yakitori con glassa di funghi e brodo di finocchi speziati»









Il merluzzo si può guarnire a piacere con pasta di formiche (in alto a destra), emulsione leggeremente piccante di olio di koji, acqua e succo di rafano (a sinistra) e curry danese (in basso)









A margine del merluzzo, anche dell'aglio selvatico condito con burro affumicato e lievito arrostito. Sapore intenso









Ossa di merluzzo alla fine dell'assaggio









Snack interlocutorio di guancia di merluzzo su un velo sottile di alga con fiori di wasabi islandese, condito con una pasta di finferli preservati ed erbe









Pickled vegetables and arctic herbs. Unico piatto di verdure del menu, guida il passaggio dalle pietanze salate a quelle dolci. Timo artico, germogli di pino mugo, fiori di finocchietto selvatico, fiore di campanella blu, cotti in un brodo di alga. Da giugno ad agosto 2018 il menu del Noma sarà 100% vegetariano









Tempo di preparazione: mezzora! Una pietanza che mette a dura prova chi l'esegue









Riappare in tavola la cozza, il simbolo di sempre









Ma questa volta è un dessert in forma di piccolo sandwich. Pear and roasted kelp ice cream: pera, bilberry (mirtillo nero) e alga kelp arrostita









Cloudberries and pine cones. Un dessert che prolunga la saga dei deliziosi dolci/non dolci di Redzepi: cloudberry (letteralmente "bacche nuvola", traducibili con more di rovo camemoro), pigne preservate nello zucchero dalla primavera precedente e poi cotte nello sciroppo, neve yogurt (firmato dall'italiana Jessica Natali) e lumachina di mare realizzata col sorbetto delle cloudberry









Caffè filtrato, ottenuto da semi kenyoti rubati e coltivati in Honduras da un ragazzo norvegese. Ce lo racconta Francesca Niro, sommelier italiana. «In Danimarca», spiega, «il caffè non è un atto conclusivo»









Sugar kelp tart. Tartelletta di alga kelp con pralinato di pino (sul modello di quello di mandorle, autore Canella), panna e crisp di ostrica









Jessica Natali, marchigiana, 23 anni, punto fermo del Noma da 4 stagioni









Natali introduce l'ultimo piatto, Plankton cake, tortino a base di plankton

E' un omaggio di Redzepi al cuoco andaluso Angel Leon, lo chef che ha trasportato gli abissi marini sulle tavole dell'alta cucina. Una nota curiosa di fine pasto: non è mai apparso il pane, storico punto forte del Noma. "Questo menu non ne ha bisogno", ha spiegato Redzepi

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"









Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni









Squid in seaweed butter. Calamaro danese ("che qui quasi non considerano", spiega l'italiano) appena scottato in olio fermentato di koji, arrotolato, condito con burro d'alga e servito su bastoncini di ribes nero che allargano il suo bagaglio aromatico. Un boccone formidabile e scenografico









Il piatto successivo è contenuto in un simpatico contenitore in cera d’api. Sono palloncini gonfiati e intinti più volte nella cera d’api in fogli. «Abbiamo passato settimane a costruirle. Ne abbiamo fatte a migliaia». Sono usa e getta...
 









Sea snail and roses. Una terrina calda di cera con lumache di mare, petali di rosa messi sottaceto e resi croccanti con un sale di alga. La raccomandazione: "Per mangiarlo, tenete tra le mani la cera d'api"









Sea snail. Un altro piccolo boccone ricavato dalla parte superiore della lumaca di mare, scaldata leggeremente nell'acqua e servita su una riduzione di timo limone









Lo stuzzicadenti marino di lumaca di mare, intarsiato la prima volta dallo stesso Redzepi









Head of the cod, la testa del merluzzo (a destra), il vero main course del Noma









È un’altra preparazione piuttosto laboriosa. «Occorre mezzora solo per smontare la testa del merluzzo. Leviamo la pelle e il collagene e sezioniamo mandibole, lingua, guancia e la parte posteriore. Poi sciacquiamo in sale, spezie, koji e cuociamo allo yakitori con glassa di funghi e brodo di finocchi speziati»









Il merluzzo si può guarnire a piacere con pasta di formiche (in alto a destra), emulsione leggeremente piccante di olio di koji, acqua e succo di rafano (a sinistra) e curry danese (in basso)









A margine del merluzzo, anche dell'aglio selvatico condito con burro affumicato e lievito arrostito. Sapore intenso









Ossa di merluzzo alla fine dell'assaggio









Snack interlocutorio di guancia di merluzzo su un velo sottile di alga con fiori di wasabi islandese, condito con una pasta di finferli preservati ed erbe









Pickled vegetables and arctic herbs. Unico piatto di verdure del menu, guida il passaggio dalle pietanze salate a quelle dolci. Timo artico, germogli di pino mugo, fiori di finocchietto selvatico, fiore di campanella blu, cotti in un brodo di alga. Da giugno ad agosto 2018 il menu del Noma sarà 100% vegetariano









Tempo di preparazione: mezzora! Una pietanza che mette a dura prova chi l'esegue









Riappare in tavola la cozza, il simbolo di sempre









Ma questa volta è un dessert in forma di piccolo sandwich. Pear and roasted kelp ice cream: pera, bilberry (mirtillo nero) e alga kelp arrostita









Cloudberries and pine cones. Un dessert che prolunga la saga dei deliziosi dolci/non dolci di Redzepi: cloudberry (letteralmente "bacche nuvola", traducibili con more di rovo camemoro), pigne preservate nello zucchero dalla primavera precedente e poi cotte nello sciroppo, neve yogurt (firmato dall'italiana Jessica Natali) e lumachina di mare realizzata col sorbetto delle cloudberry









Caffè filtrato, ottenuto da semi kenyoti rubati e coltivati in Honduras da un ragazzo norvegese. Ce lo racconta Francesca Niro, sommelier italiana. «In Danimarca», spiega, «il caffè non è un atto conclusivo»









Sugar kelp tart. Tartelletta di alga kelp con pralinato di pino (sul modello di quello di mandorle, autore Canella), panna e crisp di ostrica









Jessica Natali, marchigiana, 23 anni, punto fermo del Noma da 4 stagioni









Natali introduce l'ultimo piatto, Plankton cake, tortino a base di plankton









E' un omaggio di Redzepi al cuoco andaluso Angel Leon, lo chef che ha trasportato gli abissi marini sulle tavole dell'alta cucina. Una nota curiosa di fine pasto: non è mai apparso il pane, storico punto forte del Noma. "Questo menu non ne ha bisogno", ha spiegato Redzepi

Con Canella andiamo alla scoperta del lunghissimo corridoio che parte dalla sezione opposa della sala, appena dopo l'ingresso

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"









Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni









Squid in seaweed butter. Calamaro danese ("che qui quasi non considerano", spiega l'italiano) appena scottato in olio fermentato di koji, arrotolato, condito con burro d'alga e servito su bastoncini di ribes nero che allargano il suo bagaglio aromatico. Un boccone formidabile e scenografico









Il piatto successivo è contenuto in un simpatico contenitore in cera d’api. Sono palloncini gonfiati e intinti più volte nella cera d’api in fogli. «Abbiamo passato settimane a costruirle. Ne abbiamo fatte a migliaia». Sono usa e getta...
 









Sea snail and roses. Una terrina calda di cera con lumache di mare, petali di rosa messi sottaceto e resi croccanti con un sale di alga. La raccomandazione: "Per mangiarlo, tenete tra le mani la cera d'api"









Sea snail. Un altro piccolo boccone ricavato dalla parte superiore della lumaca di mare, scaldata leggeremente nell'acqua e servita su una riduzione di timo limone









Lo stuzzicadenti marino di lumaca di mare, intarsiato la prima volta dallo stesso Redzepi









Head of the cod, la testa del merluzzo (a destra), il vero main course del Noma









È un’altra preparazione piuttosto laboriosa. «Occorre mezzora solo per smontare la testa del merluzzo. Leviamo la pelle e il collagene e sezioniamo mandibole, lingua, guancia e la parte posteriore. Poi sciacquiamo in sale, spezie, koji e cuociamo allo yakitori con glassa di funghi e brodo di finocchi speziati»









Il merluzzo si può guarnire a piacere con pasta di formiche (in alto a destra), emulsione leggeremente piccante di olio di koji, acqua e succo di rafano (a sinistra) e curry danese (in basso)









A margine del merluzzo, anche dell'aglio selvatico condito con burro affumicato e lievito arrostito. Sapore intenso









Ossa di merluzzo alla fine dell'assaggio









Snack interlocutorio di guancia di merluzzo su un velo sottile di alga con fiori di wasabi islandese, condito con una pasta di finferli preservati ed erbe









Pickled vegetables and arctic herbs. Unico piatto di verdure del menu, guida il passaggio dalle pietanze salate a quelle dolci. Timo artico, germogli di pino mugo, fiori di finocchietto selvatico, fiore di campanella blu, cotti in un brodo di alga. Da giugno ad agosto 2018 il menu del Noma sarà 100% vegetariano









Tempo di preparazione: mezzora! Una pietanza che mette a dura prova chi l'esegue









Riappare in tavola la cozza, il simbolo di sempre









Ma questa volta è un dessert in forma di piccolo sandwich. Pear and roasted kelp ice cream: pera, bilberry (mirtillo nero) e alga kelp arrostita









Cloudberries and pine cones. Un dessert che prolunga la saga dei deliziosi dolci/non dolci di Redzepi: cloudberry (letteralmente "bacche nuvola", traducibili con more di rovo camemoro), pigne preservate nello zucchero dalla primavera precedente e poi cotte nello sciroppo, neve yogurt (firmato dall'italiana Jessica Natali) e lumachina di mare realizzata col sorbetto delle cloudberry









Caffè filtrato, ottenuto da semi kenyoti rubati e coltivati in Honduras da un ragazzo norvegese. Ce lo racconta Francesca Niro, sommelier italiana. «In Danimarca», spiega, «il caffè non è un atto conclusivo»









Sugar kelp tart. Tartelletta di alga kelp con pralinato di pino (sul modello di quello di mandorle, autore Canella), panna e crisp di ostrica









Jessica Natali, marchigiana, 23 anni, punto fermo del Noma da 4 stagioni









Natali introduce l'ultimo piatto, Plankton cake, tortino a base di plankton









E' un omaggio di Redzepi al cuoco andaluso Angel Leon, lo chef che ha trasportato gli abissi marini sulle tavole dell'alta cucina. Una nota curiosa di fine pasto: non è mai apparso il pane, storico punto forte del Noma. "Questo menu non ne ha bisogno", ha spiegato Redzepi









Con Canella andiamo alla scoperta del lunghissimo corridoio che parte dalla sezione opposa della sala, appena dopo l'ingresso

E' l'equivalente razionalizzato e allargato del primo piano del Noma delle origini. Decine di ragazzi intenti a fare le pre-preparazioni

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"









Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni









Squid in seaweed butter. Calamaro danese ("che qui quasi non considerano", spiega l'italiano) appena scottato in olio fermentato di koji, arrotolato, condito con burro d'alga e servito su bastoncini di ribes nero che allargano il suo bagaglio aromatico. Un boccone formidabile e scenografico









Il piatto successivo è contenuto in un simpatico contenitore in cera d’api. Sono palloncini gonfiati e intinti più volte nella cera d’api in fogli. «Abbiamo passato settimane a costruirle. Ne abbiamo fatte a migliaia». Sono usa e getta...
 









Sea snail and roses. Una terrina calda di cera con lumache di mare, petali di rosa messi sottaceto e resi croccanti con un sale di alga. La raccomandazione: "Per mangiarlo, tenete tra le mani la cera d'api"









Sea snail. Un altro piccolo boccone ricavato dalla parte superiore della lumaca di mare, scaldata leggeremente nell'acqua e servita su una riduzione di timo limone









Lo stuzzicadenti marino di lumaca di mare, intarsiato la prima volta dallo stesso Redzepi









Head of the cod, la testa del merluzzo (a destra), il vero main course del Noma









È un’altra preparazione piuttosto laboriosa. «Occorre mezzora solo per smontare la testa del merluzzo. Leviamo la pelle e il collagene e sezioniamo mandibole, lingua, guancia e la parte posteriore. Poi sciacquiamo in sale, spezie, koji e cuociamo allo yakitori con glassa di funghi e brodo di finocchi speziati»









Il merluzzo si può guarnire a piacere con pasta di formiche (in alto a destra), emulsione leggeremente piccante di olio di koji, acqua e succo di rafano (a sinistra) e curry danese (in basso)









A margine del merluzzo, anche dell'aglio selvatico condito con burro affumicato e lievito arrostito. Sapore intenso









Ossa di merluzzo alla fine dell'assaggio









Snack interlocutorio di guancia di merluzzo su un velo sottile di alga con fiori di wasabi islandese, condito con una pasta di finferli preservati ed erbe









Pickled vegetables and arctic herbs. Unico piatto di verdure del menu, guida il passaggio dalle pietanze salate a quelle dolci. Timo artico, germogli di pino mugo, fiori di finocchietto selvatico, fiore di campanella blu, cotti in un brodo di alga. Da giugno ad agosto 2018 il menu del Noma sarà 100% vegetariano









Tempo di preparazione: mezzora! Una pietanza che mette a dura prova chi l'esegue









Riappare in tavola la cozza, il simbolo di sempre









Ma questa volta è un dessert in forma di piccolo sandwich. Pear and roasted kelp ice cream: pera, bilberry (mirtillo nero) e alga kelp arrostita









Cloudberries and pine cones. Un dessert che prolunga la saga dei deliziosi dolci/non dolci di Redzepi: cloudberry (letteralmente "bacche nuvola", traducibili con more di rovo camemoro), pigne preservate nello zucchero dalla primavera precedente e poi cotte nello sciroppo, neve yogurt (firmato dall'italiana Jessica Natali) e lumachina di mare realizzata col sorbetto delle cloudberry









Caffè filtrato, ottenuto da semi kenyoti rubati e coltivati in Honduras da un ragazzo norvegese. Ce lo racconta Francesca Niro, sommelier italiana. «In Danimarca», spiega, «il caffè non è un atto conclusivo»









Sugar kelp tart. Tartelletta di alga kelp con pralinato di pino (sul modello di quello di mandorle, autore Canella), panna e crisp di ostrica









Jessica Natali, marchigiana, 23 anni, punto fermo del Noma da 4 stagioni









Natali introduce l'ultimo piatto, Plankton cake, tortino a base di plankton









E' un omaggio di Redzepi al cuoco andaluso Angel Leon, lo chef che ha trasportato gli abissi marini sulle tavole dell'alta cucina. Una nota curiosa di fine pasto: non è mai apparso il pane, storico punto forte del Noma. "Questo menu non ne ha bisogno", ha spiegato Redzepi









Con Canella andiamo alla scoperta del lunghissimo corridoio che parte dalla sezione opposa della sala, appena dopo l'ingresso









E' l'equivalente razionalizzato e allargato del primo piano del Noma delle origini. Decine di ragazzi intenti a fare le pre-preparazioni

Canella con Ali Sonko, il celebre lavapiatti gambiano del Noma, diventato socio

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"









Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni









Squid in seaweed butter. Calamaro danese ("che qui quasi non considerano", spiega l'italiano) appena scottato in olio fermentato di koji, arrotolato, condito con burro d'alga e servito su bastoncini di ribes nero che allargano il suo bagaglio aromatico. Un boccone formidabile e scenografico









Il piatto successivo è contenuto in un simpatico contenitore in cera d’api. Sono palloncini gonfiati e intinti più volte nella cera d’api in fogli. «Abbiamo passato settimane a costruirle. Ne abbiamo fatte a migliaia». Sono usa e getta...
 









Sea snail and roses. Una terrina calda di cera con lumache di mare, petali di rosa messi sottaceto e resi croccanti con un sale di alga. La raccomandazione: "Per mangiarlo, tenete tra le mani la cera d'api"









Sea snail. Un altro piccolo boccone ricavato dalla parte superiore della lumaca di mare, scaldata leggeremente nell'acqua e servita su una riduzione di timo limone









Lo stuzzicadenti marino di lumaca di mare, intarsiato la prima volta dallo stesso Redzepi









Head of the cod, la testa del merluzzo (a destra), il vero main course del Noma









È un’altra preparazione piuttosto laboriosa. «Occorre mezzora solo per smontare la testa del merluzzo. Leviamo la pelle e il collagene e sezioniamo mandibole, lingua, guancia e la parte posteriore. Poi sciacquiamo in sale, spezie, koji e cuociamo allo yakitori con glassa di funghi e brodo di finocchi speziati»









Il merluzzo si può guarnire a piacere con pasta di formiche (in alto a destra), emulsione leggeremente piccante di olio di koji, acqua e succo di rafano (a sinistra) e curry danese (in basso)









A margine del merluzzo, anche dell'aglio selvatico condito con burro affumicato e lievito arrostito. Sapore intenso









Ossa di merluzzo alla fine dell'assaggio









Snack interlocutorio di guancia di merluzzo su un velo sottile di alga con fiori di wasabi islandese, condito con una pasta di finferli preservati ed erbe









Pickled vegetables and arctic herbs. Unico piatto di verdure del menu, guida il passaggio dalle pietanze salate a quelle dolci. Timo artico, germogli di pino mugo, fiori di finocchietto selvatico, fiore di campanella blu, cotti in un brodo di alga. Da giugno ad agosto 2018 il menu del Noma sarà 100% vegetariano









Tempo di preparazione: mezzora! Una pietanza che mette a dura prova chi l'esegue









Riappare in tavola la cozza, il simbolo di sempre









Ma questa volta è un dessert in forma di piccolo sandwich. Pear and roasted kelp ice cream: pera, bilberry (mirtillo nero) e alga kelp arrostita









Cloudberries and pine cones. Un dessert che prolunga la saga dei deliziosi dolci/non dolci di Redzepi: cloudberry (letteralmente "bacche nuvola", traducibili con more di rovo camemoro), pigne preservate nello zucchero dalla primavera precedente e poi cotte nello sciroppo, neve yogurt (firmato dall'italiana Jessica Natali) e lumachina di mare realizzata col sorbetto delle cloudberry









Caffè filtrato, ottenuto da semi kenyoti rubati e coltivati in Honduras da un ragazzo norvegese. Ce lo racconta Francesca Niro, sommelier italiana. «In Danimarca», spiega, «il caffè non è un atto conclusivo»









Sugar kelp tart. Tartelletta di alga kelp con pralinato di pino (sul modello di quello di mandorle, autore Canella), panna e crisp di ostrica









Jessica Natali, marchigiana, 23 anni, punto fermo del Noma da 4 stagioni









Natali introduce l'ultimo piatto, Plankton cake, tortino a base di plankton









E' un omaggio di Redzepi al cuoco andaluso Angel Leon, lo chef che ha trasportato gli abissi marini sulle tavole dell'alta cucina. Una nota curiosa di fine pasto: non è mai apparso il pane, storico punto forte del Noma. "Questo menu non ne ha bisogno", ha spiegato Redzepi









Con Canella andiamo alla scoperta del lunghissimo corridoio che parte dalla sezione opposa della sala, appena dopo l'ingresso









E' l'equivalente razionalizzato e allargato del primo piano del Noma delle origini. Decine di ragazzi intenti a fare le pre-preparazioni









Canella con Ali Sonko, il celebre lavapiatti gambiano del Noma, diventato socio

A lati dell'acquario nuotano le oloturie ed enormi granchi artici

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"









Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni









Squid in seaweed butter. Calamaro danese ("che qui quasi non considerano", spiega l'italiano) appena scottato in olio fermentato di koji, arrotolato, condito con burro d'alga e servito su bastoncini di ribes nero che allargano il suo bagaglio aromatico. Un boccone formidabile e scenografico









Il piatto successivo è contenuto in un simpatico contenitore in cera d’api. Sono palloncini gonfiati e intinti più volte nella cera d’api in fogli. «Abbiamo passato settimane a costruirle. Ne abbiamo fatte a migliaia». Sono usa e getta...
 









Sea snail and roses. Una terrina calda di cera con lumache di mare, petali di rosa messi sottaceto e resi croccanti con un sale di alga. La raccomandazione: "Per mangiarlo, tenete tra le mani la cera d'api"









Sea snail. Un altro piccolo boccone ricavato dalla parte superiore della lumaca di mare, scaldata leggeremente nell'acqua e servita su una riduzione di timo limone









Lo stuzzicadenti marino di lumaca di mare, intarsiato la prima volta dallo stesso Redzepi









Head of the cod, la testa del merluzzo (a destra), il vero main course del Noma









È un’altra preparazione piuttosto laboriosa. «Occorre mezzora solo per smontare la testa del merluzzo. Leviamo la pelle e il collagene e sezioniamo mandibole, lingua, guancia e la parte posteriore. Poi sciacquiamo in sale, spezie, koji e cuociamo allo yakitori con glassa di funghi e brodo di finocchi speziati»









Il merluzzo si può guarnire a piacere con pasta di formiche (in alto a destra), emulsione leggeremente piccante di olio di koji, acqua e succo di rafano (a sinistra) e curry danese (in basso)









A margine del merluzzo, anche dell'aglio selvatico condito con burro affumicato e lievito arrostito. Sapore intenso









Ossa di merluzzo alla fine dell'assaggio









Snack interlocutorio di guancia di merluzzo su un velo sottile di alga con fiori di wasabi islandese, condito con una pasta di finferli preservati ed erbe









Pickled vegetables and arctic herbs. Unico piatto di verdure del menu, guida il passaggio dalle pietanze salate a quelle dolci. Timo artico, germogli di pino mugo, fiori di finocchietto selvatico, fiore di campanella blu, cotti in un brodo di alga. Da giugno ad agosto 2018 il menu del Noma sarà 100% vegetariano









Tempo di preparazione: mezzora! Una pietanza che mette a dura prova chi l'esegue









Riappare in tavola la cozza, il simbolo di sempre









Ma questa volta è un dessert in forma di piccolo sandwich. Pear and roasted kelp ice cream: pera, bilberry (mirtillo nero) e alga kelp arrostita









Cloudberries and pine cones. Un dessert che prolunga la saga dei deliziosi dolci/non dolci di Redzepi: cloudberry (letteralmente "bacche nuvola", traducibili con more di rovo camemoro), pigne preservate nello zucchero dalla primavera precedente e poi cotte nello sciroppo, neve yogurt (firmato dall'italiana Jessica Natali) e lumachina di mare realizzata col sorbetto delle cloudberry









Caffè filtrato, ottenuto da semi kenyoti rubati e coltivati in Honduras da un ragazzo norvegese. Ce lo racconta Francesca Niro, sommelier italiana. «In Danimarca», spiega, «il caffè non è un atto conclusivo»









Sugar kelp tart. Tartelletta di alga kelp con pralinato di pino (sul modello di quello di mandorle, autore Canella), panna e crisp di ostrica









Jessica Natali, marchigiana, 23 anni, punto fermo del Noma da 4 stagioni









Natali introduce l'ultimo piatto, Plankton cake, tortino a base di plankton









E' un omaggio di Redzepi al cuoco andaluso Angel Leon, lo chef che ha trasportato gli abissi marini sulle tavole dell'alta cucina. Una nota curiosa di fine pasto: non è mai apparso il pane, storico punto forte del Noma. "Questo menu non ne ha bisogno", ha spiegato Redzepi









Con Canella andiamo alla scoperta del lunghissimo corridoio che parte dalla sezione opposa della sala, appena dopo l'ingresso









E' l'equivalente razionalizzato e allargato del primo piano del Noma delle origini. Decine di ragazzi intenti a fare le pre-preparazioni









Canella con Ali Sonko, il celebre lavapiatti gambiano del Noma, diventato socio









A lati dell'acquario nuotano le oloturie ed enormi granchi artici
Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"









Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni









Squid in seaweed butter. Calamaro danese ("che qui quasi non considerano", spiega l'italiano) appena scottato in olio fermentato di koji, arrotolato, condito con burro d'alga e servito su bastoncini di ribes nero che allargano il suo bagaglio aromatico. Un boccone formidabile e scenografico









Il piatto successivo è contenuto in un simpatico contenitore in cera d’api. Sono palloncini gonfiati e intinti più volte nella cera d’api in fogli. «Abbiamo passato settimane a costruirle. Ne abbiamo fatte a migliaia». Sono usa e getta...
 









Sea snail and roses. Una terrina calda di cera con lumache di mare, petali di rosa messi sottaceto e resi croccanti con un sale di alga. La raccomandazione: "Per mangiarlo, tenete tra le mani la cera d'api"









Sea snail. Un altro piccolo boccone ricavato dalla parte superiore della lumaca di mare, scaldata leggeremente nell'acqua e servita su una riduzione di timo limone









Lo stuzzicadenti marino di lumaca di mare, intarsiato la prima volta dallo stesso Redzepi









Head of the cod, la testa del merluzzo (a destra), il vero main course del Noma









È un’altra preparazione piuttosto laboriosa. «Occorre mezzora solo per smontare la testa del merluzzo. Leviamo la pelle e il collagene e sezioniamo mandibole, lingua, guancia e la parte posteriore. Poi sciacquiamo in sale, spezie, koji e cuociamo allo yakitori con glassa di funghi e brodo di finocchi speziati»









Il merluzzo si può guarnire a piacere con pasta di formiche (in alto a destra), emulsione leggeremente piccante di olio di koji, acqua e succo di rafano (a sinistra) e curry danese (in basso)









A margine del merluzzo, anche dell'aglio selvatico condito con burro affumicato e lievito arrostito. Sapore intenso









Ossa di merluzzo alla fine dell'assaggio









Snack interlocutorio di guancia di merluzzo su un velo sottile di alga con fiori di wasabi islandese, condito con una pasta di finferli preservati ed erbe









Pickled vegetables and arctic herbs. Unico piatto di verdure del menu, guida il passaggio dalle pietanze salate a quelle dolci. Timo artico, germogli di pino mugo, fiori di finocchietto selvatico, fiore di campanella blu, cotti in un brodo di alga. Da giugno ad agosto 2018 il menu del Noma sarà 100% vegetariano









Tempo di preparazione: mezzora! Una pietanza che mette a dura prova chi l'esegue









Riappare in tavola la cozza, il simbolo di sempre









Ma questa volta è un dessert in forma di piccolo sandwich. Pear and roasted kelp ice cream: pera, bilberry (mirtillo nero) e alga kelp arrostita









Cloudberries and pine cones. Un dessert che prolunga la saga dei deliziosi dolci/non dolci di Redzepi: cloudberry (letteralmente "bacche nuvola", traducibili con more di rovo camemoro), pigne preservate nello zucchero dalla primavera precedente e poi cotte nello sciroppo, neve yogurt (firmato dall'italiana Jessica Natali) e lumachina di mare realizzata col sorbetto delle cloudberry









Caffè filtrato, ottenuto da semi kenyoti rubati e coltivati in Honduras da un ragazzo norvegese. Ce lo racconta Francesca Niro, sommelier italiana. «In Danimarca», spiega, «il caffè non è un atto conclusivo»









Sugar kelp tart. Tartelletta di alga kelp con pralinato di pino (sul modello di quello di mandorle, autore Canella), panna e crisp di ostrica









Jessica Natali, marchigiana, 23 anni, punto fermo del Noma da 4 stagioni









Natali introduce l'ultimo piatto, Plankton cake, tortino a base di plankton









E' un omaggio di Redzepi al cuoco andaluso Angel Leon, lo chef che ha trasportato gli abissi marini sulle tavole dell'alta cucina. Una nota curiosa di fine pasto: non è mai apparso il pane, storico punto forte del Noma. "Questo menu non ne ha bisogno", ha spiegato Redzepi









Con Canella andiamo alla scoperta del lunghissimo corridoio che parte dalla sezione opposa della sala, appena dopo l'ingresso









E' l'equivalente razionalizzato e allargato del primo piano del Noma delle origini. Decine di ragazzi intenti a fare le pre-preparazioni









Canella con Ali Sonko, il celebre lavapiatti gambiano del Noma, diventato socio









A lati dell'acquario nuotano le oloturie ed enormi granchi artici

Ants on a shrimp, il simbolo del pop-up a Tokyo del Noma

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"









Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni









Squid in seaweed butter. Calamaro danese ("che qui quasi non considerano", spiega l'italiano) appena scottato in olio fermentato di koji, arrotolato, condito con burro d'alga e servito su bastoncini di ribes nero che allargano il suo bagaglio aromatico. Un boccone formidabile e scenografico









Il piatto successivo è contenuto in un simpatico contenitore in cera d’api. Sono palloncini gonfiati e intinti più volte nella cera d’api in fogli. «Abbiamo passato settimane a costruirle. Ne abbiamo fatte a migliaia». Sono usa e getta...
 









Sea snail and roses. Una terrina calda di cera con lumache di mare, petali di rosa messi sottaceto e resi croccanti con un sale di alga. La raccomandazione: "Per mangiarlo, tenete tra le mani la cera d'api"









Sea snail. Un altro piccolo boccone ricavato dalla parte superiore della lumaca di mare, scaldata leggeremente nell'acqua e servita su una riduzione di timo limone









Lo stuzzicadenti marino di lumaca di mare, intarsiato la prima volta dallo stesso Redzepi









Head of the cod, la testa del merluzzo (a destra), il vero main course del Noma









È un’altra preparazione piuttosto laboriosa. «Occorre mezzora solo per smontare la testa del merluzzo. Leviamo la pelle e il collagene e sezioniamo mandibole, lingua, guancia e la parte posteriore. Poi sciacquiamo in sale, spezie, koji e cuociamo allo yakitori con glassa di funghi e brodo di finocchi speziati»









Il merluzzo si può guarnire a piacere con pasta di formiche (in alto a destra), emulsione leggeremente piccante di olio di koji, acqua e succo di rafano (a sinistra) e curry danese (in basso)









A margine del merluzzo, anche dell'aglio selvatico condito con burro affumicato e lievito arrostito. Sapore intenso









Ossa di merluzzo alla fine dell'assaggio









Snack interlocutorio di guancia di merluzzo su un velo sottile di alga con fiori di wasabi islandese, condito con una pasta di finferli preservati ed erbe









Pickled vegetables and arctic herbs. Unico piatto di verdure del menu, guida il passaggio dalle pietanze salate a quelle dolci. Timo artico, germogli di pino mugo, fiori di finocchietto selvatico, fiore di campanella blu, cotti in un brodo di alga. Da giugno ad agosto 2018 il menu del Noma sarà 100% vegetariano









Tempo di preparazione: mezzora! Una pietanza che mette a dura prova chi l'esegue









Riappare in tavola la cozza, il simbolo di sempre









Ma questa volta è un dessert in forma di piccolo sandwich. Pear and roasted kelp ice cream: pera, bilberry (mirtillo nero) e alga kelp arrostita









Cloudberries and pine cones. Un dessert che prolunga la saga dei deliziosi dolci/non dolci di Redzepi: cloudberry (letteralmente "bacche nuvola", traducibili con more di rovo camemoro), pigne preservate nello zucchero dalla primavera precedente e poi cotte nello sciroppo, neve yogurt (firmato dall'italiana Jessica Natali) e lumachina di mare realizzata col sorbetto delle cloudberry









Caffè filtrato, ottenuto da semi kenyoti rubati e coltivati in Honduras da un ragazzo norvegese. Ce lo racconta Francesca Niro, sommelier italiana. «In Danimarca», spiega, «il caffè non è un atto conclusivo»









Sugar kelp tart. Tartelletta di alga kelp con pralinato di pino (sul modello di quello di mandorle, autore Canella), panna e crisp di ostrica









Jessica Natali, marchigiana, 23 anni, punto fermo del Noma da 4 stagioni









Natali introduce l'ultimo piatto, Plankton cake, tortino a base di plankton









E' un omaggio di Redzepi al cuoco andaluso Angel Leon, lo chef che ha trasportato gli abissi marini sulle tavole dell'alta cucina. Una nota curiosa di fine pasto: non è mai apparso il pane, storico punto forte del Noma. "Questo menu non ne ha bisogno", ha spiegato Redzepi









Con Canella andiamo alla scoperta del lunghissimo corridoio che parte dalla sezione opposa della sala, appena dopo l'ingresso









E' l'equivalente razionalizzato e allargato del primo piano del Noma delle origini. Decine di ragazzi intenti a fare le pre-preparazioni









Canella con Ali Sonko, il celebre lavapiatti gambiano del Noma, diventato socio









A lati dell'acquario nuotano le oloturie ed enormi granchi artici














Ants on a shrimp, il simbolo del pop-up a Tokyo del Noma
Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"









Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni









Squid in seaweed butter. Calamaro danese ("che qui quasi non considerano", spiega l'italiano) appena scottato in olio fermentato di koji, arrotolato, condito con burro d'alga e servito su bastoncini di ribes nero che allargano il suo bagaglio aromatico. Un boccone formidabile e scenografico









Il piatto successivo è contenuto in un simpatico contenitore in cera d’api. Sono palloncini gonfiati e intinti più volte nella cera d’api in fogli. «Abbiamo passato settimane a costruirle. Ne abbiamo fatte a migliaia». Sono usa e getta...
 









Sea snail and roses. Una terrina calda di cera con lumache di mare, petali di rosa messi sottaceto e resi croccanti con un sale di alga. La raccomandazione: "Per mangiarlo, tenete tra le mani la cera d'api"









Sea snail. Un altro piccolo boccone ricavato dalla parte superiore della lumaca di mare, scaldata leggeremente nell'acqua e servita su una riduzione di timo limone









Lo stuzzicadenti marino di lumaca di mare, intarsiato la prima volta dallo stesso Redzepi









Head of the cod, la testa del merluzzo (a destra), il vero main course del Noma









È un’altra preparazione piuttosto laboriosa. «Occorre mezzora solo per smontare la testa del merluzzo. Leviamo la pelle e il collagene e sezioniamo mandibole, lingua, guancia e la parte posteriore. Poi sciacquiamo in sale, spezie, koji e cuociamo allo yakitori con glassa di funghi e brodo di finocchi speziati»









Il merluzzo si può guarnire a piacere con pasta di formiche (in alto a destra), emulsione leggeremente piccante di olio di koji, acqua e succo di rafano (a sinistra) e curry danese (in basso)









A margine del merluzzo, anche dell'aglio selvatico condito con burro affumicato e lievito arrostito. Sapore intenso









Ossa di merluzzo alla fine dell'assaggio









Snack interlocutorio di guancia di merluzzo su un velo sottile di alga con fiori di wasabi islandese, condito con una pasta di finferli preservati ed erbe









Pickled vegetables and arctic herbs. Unico piatto di verdure del menu, guida il passaggio dalle pietanze salate a quelle dolci. Timo artico, germogli di pino mugo, fiori di finocchietto selvatico, fiore di campanella blu, cotti in un brodo di alga. Da giugno ad agosto 2018 il menu del Noma sarà 100% vegetariano









Tempo di preparazione: mezzora! Una pietanza che mette a dura prova chi l'esegue









Riappare in tavola la cozza, il simbolo di sempre









Ma questa volta è un dessert in forma di piccolo sandwich. Pear and roasted kelp ice cream: pera, bilberry (mirtillo nero) e alga kelp arrostita









Cloudberries and pine cones. Un dessert che prolunga la saga dei deliziosi dolci/non dolci di Redzepi: cloudberry (letteralmente "bacche nuvola", traducibili con more di rovo camemoro), pigne preservate nello zucchero dalla primavera precedente e poi cotte nello sciroppo, neve yogurt (firmato dall'italiana Jessica Natali) e lumachina di mare realizzata col sorbetto delle cloudberry









Caffè filtrato, ottenuto da semi kenyoti rubati e coltivati in Honduras da un ragazzo norvegese. Ce lo racconta Francesca Niro, sommelier italiana. «In Danimarca», spiega, «il caffè non è un atto conclusivo»









Sugar kelp tart. Tartelletta di alga kelp con pralinato di pino (sul modello di quello di mandorle, autore Canella), panna e crisp di ostrica









Jessica Natali, marchigiana, 23 anni, punto fermo del Noma da 4 stagioni









Natali introduce l'ultimo piatto, Plankton cake, tortino a base di plankton









E' un omaggio di Redzepi al cuoco andaluso Angel Leon, lo chef che ha trasportato gli abissi marini sulle tavole dell'alta cucina. Una nota curiosa di fine pasto: non è mai apparso il pane, storico punto forte del Noma. "Questo menu non ne ha bisogno", ha spiegato Redzepi









Con Canella andiamo alla scoperta del lunghissimo corridoio che parte dalla sezione opposa della sala, appena dopo l'ingresso









E' l'equivalente razionalizzato e allargato del primo piano del Noma delle origini. Decine di ragazzi intenti a fare le pre-preparazioni









Canella con Ali Sonko, il celebre lavapiatti gambiano del Noma, diventato socio









A lati dell'acquario nuotano le oloturie ed enormi granchi artici














Ants on a shrimp, il simbolo del pop-up a Tokyo del Noma

Tra i nuovi strumenti, anche sonificatore per fare emulsioni, Rotovapor, estrattori di oli essenziali. L'estrazione naturale, tipo profumi, è un'idea che Canella vorrebbe sviluppare in lungo e in largo, sul modello di quello che fa il concittadino Alajmo

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"









Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni









Squid in seaweed butter. Calamaro danese ("che qui quasi non considerano", spiega l'italiano) appena scottato in olio fermentato di koji, arrotolato, condito con burro d'alga e servito su bastoncini di ribes nero che allargano il suo bagaglio aromatico. Un boccone formidabile e scenografico









Il piatto successivo è contenuto in un simpatico contenitore in cera d’api. Sono palloncini gonfiati e intinti più volte nella cera d’api in fogli. «Abbiamo passato settimane a costruirle. Ne abbiamo fatte a migliaia». Sono usa e getta...
 









Sea snail and roses. Una terrina calda di cera con lumache di mare, petali di rosa messi sottaceto e resi croccanti con un sale di alga. La raccomandazione: "Per mangiarlo, tenete tra le mani la cera d'api"









Sea snail. Un altro piccolo boccone ricavato dalla parte superiore della lumaca di mare, scaldata leggeremente nell'acqua e servita su una riduzione di timo limone









Lo stuzzicadenti marino di lumaca di mare, intarsiato la prima volta dallo stesso Redzepi









Head of the cod, la testa del merluzzo (a destra), il vero main course del Noma









È un’altra preparazione piuttosto laboriosa. «Occorre mezzora solo per smontare la testa del merluzzo. Leviamo la pelle e il collagene e sezioniamo mandibole, lingua, guancia e la parte posteriore. Poi sciacquiamo in sale, spezie, koji e cuociamo allo yakitori con glassa di funghi e brodo di finocchi speziati»









Il merluzzo si può guarnire a piacere con pasta di formiche (in alto a destra), emulsione leggeremente piccante di olio di koji, acqua e succo di rafano (a sinistra) e curry danese (in basso)









A margine del merluzzo, anche dell'aglio selvatico condito con burro affumicato e lievito arrostito. Sapore intenso









Ossa di merluzzo alla fine dell'assaggio









Snack interlocutorio di guancia di merluzzo su un velo sottile di alga con fiori di wasabi islandese, condito con una pasta di finferli preservati ed erbe









Pickled vegetables and arctic herbs. Unico piatto di verdure del menu, guida il passaggio dalle pietanze salate a quelle dolci. Timo artico, germogli di pino mugo, fiori di finocchietto selvatico, fiore di campanella blu, cotti in un brodo di alga. Da giugno ad agosto 2018 il menu del Noma sarà 100% vegetariano









Tempo di preparazione: mezzora! Una pietanza che mette a dura prova chi l'esegue









Riappare in tavola la cozza, il simbolo di sempre









Ma questa volta è un dessert in forma di piccolo sandwich. Pear and roasted kelp ice cream: pera, bilberry (mirtillo nero) e alga kelp arrostita









Cloudberries and pine cones. Un dessert che prolunga la saga dei deliziosi dolci/non dolci di Redzepi: cloudberry (letteralmente "bacche nuvola", traducibili con more di rovo camemoro), pigne preservate nello zucchero dalla primavera precedente e poi cotte nello sciroppo, neve yogurt (firmato dall'italiana Jessica Natali) e lumachina di mare realizzata col sorbetto delle cloudberry









Caffè filtrato, ottenuto da semi kenyoti rubati e coltivati in Honduras da un ragazzo norvegese. Ce lo racconta Francesca Niro, sommelier italiana. «In Danimarca», spiega, «il caffè non è un atto conclusivo»









Sugar kelp tart. Tartelletta di alga kelp con pralinato di pino (sul modello di quello di mandorle, autore Canella), panna e crisp di ostrica









Jessica Natali, marchigiana, 23 anni, punto fermo del Noma da 4 stagioni









Natali introduce l'ultimo piatto, Plankton cake, tortino a base di plankton









E' un omaggio di Redzepi al cuoco andaluso Angel Leon, lo chef che ha trasportato gli abissi marini sulle tavole dell'alta cucina. Una nota curiosa di fine pasto: non è mai apparso il pane, storico punto forte del Noma. "Questo menu non ne ha bisogno", ha spiegato Redzepi









Con Canella andiamo alla scoperta del lunghissimo corridoio che parte dalla sezione opposa della sala, appena dopo l'ingresso









E' l'equivalente razionalizzato e allargato del primo piano del Noma delle origini. Decine di ragazzi intenti a fare le pre-preparazioni









Canella con Ali Sonko, il celebre lavapiatti gambiano del Noma, diventato socio









A lati dell'acquario nuotano le oloturie ed enormi granchi artici














Ants on a shrimp, il simbolo del pop-up a Tokyo del Noma














Tra i nuovi strumenti, anche sonificatore per fare emulsioni, Rotovapor, estrattori di oli essenziali. L'estrazione naturale, tipo profumi, è un'idea che Canella vorrebbe sviluppare in lungo e in largo, sul modello di quello che fa il concittadino Alajmo

Collocazioni provvisorie per le erbe spontanee

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"









Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni









Squid in seaweed butter. Calamaro danese ("che qui quasi non considerano", spiega l'italiano) appena scottato in olio fermentato di koji, arrotolato, condito con burro d'alga e servito su bastoncini di ribes nero che allargano il suo bagaglio aromatico. Un boccone formidabile e scenografico









Il piatto successivo è contenuto in un simpatico contenitore in cera d’api. Sono palloncini gonfiati e intinti più volte nella cera d’api in fogli. «Abbiamo passato settimane a costruirle. Ne abbiamo fatte a migliaia». Sono usa e getta...
 









Sea snail and roses. Una terrina calda di cera con lumache di mare, petali di rosa messi sottaceto e resi croccanti con un sale di alga. La raccomandazione: "Per mangiarlo, tenete tra le mani la cera d'api"









Sea snail. Un altro piccolo boccone ricavato dalla parte superiore della lumaca di mare, scaldata leggeremente nell'acqua e servita su una riduzione di timo limone









Lo stuzzicadenti marino di lumaca di mare, intarsiato la prima volta dallo stesso Redzepi









Head of the cod, la testa del merluzzo (a destra), il vero main course del Noma









È un’altra preparazione piuttosto laboriosa. «Occorre mezzora solo per smontare la testa del merluzzo. Leviamo la pelle e il collagene e sezioniamo mandibole, lingua, guancia e la parte posteriore. Poi sciacquiamo in sale, spezie, koji e cuociamo allo yakitori con glassa di funghi e brodo di finocchi speziati»









Il merluzzo si può guarnire a piacere con pasta di formiche (in alto a destra), emulsione leggeremente piccante di olio di koji, acqua e succo di rafano (a sinistra) e curry danese (in basso)









A margine del merluzzo, anche dell'aglio selvatico condito con burro affumicato e lievito arrostito. Sapore intenso









Ossa di merluzzo alla fine dell'assaggio









Snack interlocutorio di guancia di merluzzo su un velo sottile di alga con fiori di wasabi islandese, condito con una pasta di finferli preservati ed erbe









Pickled vegetables and arctic herbs. Unico piatto di verdure del menu, guida il passaggio dalle pietanze salate a quelle dolci. Timo artico, germogli di pino mugo, fiori di finocchietto selvatico, fiore di campanella blu, cotti in un brodo di alga. Da giugno ad agosto 2018 il menu del Noma sarà 100% vegetariano









Tempo di preparazione: mezzora! Una pietanza che mette a dura prova chi l'esegue









Riappare in tavola la cozza, il simbolo di sempre









Ma questa volta è un dessert in forma di piccolo sandwich. Pear and roasted kelp ice cream: pera, bilberry (mirtillo nero) e alga kelp arrostita









Cloudberries and pine cones. Un dessert che prolunga la saga dei deliziosi dolci/non dolci di Redzepi: cloudberry (letteralmente "bacche nuvola", traducibili con more di rovo camemoro), pigne preservate nello zucchero dalla primavera precedente e poi cotte nello sciroppo, neve yogurt (firmato dall'italiana Jessica Natali) e lumachina di mare realizzata col sorbetto delle cloudberry









Caffè filtrato, ottenuto da semi kenyoti rubati e coltivati in Honduras da un ragazzo norvegese. Ce lo racconta Francesca Niro, sommelier italiana. «In Danimarca», spiega, «il caffè non è un atto conclusivo»









Sugar kelp tart. Tartelletta di alga kelp con pralinato di pino (sul modello di quello di mandorle, autore Canella), panna e crisp di ostrica









Jessica Natali, marchigiana, 23 anni, punto fermo del Noma da 4 stagioni









Natali introduce l'ultimo piatto, Plankton cake, tortino a base di plankton









E' un omaggio di Redzepi al cuoco andaluso Angel Leon, lo chef che ha trasportato gli abissi marini sulle tavole dell'alta cucina. Una nota curiosa di fine pasto: non è mai apparso il pane, storico punto forte del Noma. "Questo menu non ne ha bisogno", ha spiegato Redzepi









Con Canella andiamo alla scoperta del lunghissimo corridoio che parte dalla sezione opposa della sala, appena dopo l'ingresso









E' l'equivalente razionalizzato e allargato del primo piano del Noma delle origini. Decine di ragazzi intenti a fare le pre-preparazioni









Canella con Ali Sonko, il celebre lavapiatti gambiano del Noma, diventato socio









A lati dell'acquario nuotano le oloturie ed enormi granchi artici














Ants on a shrimp, il simbolo del pop-up a Tokyo del Noma














Tra i nuovi strumenti, anche sonificatore per fare emulsioni, Rotovapor, estrattori di oli essenziali. L'estrazione naturale, tipo profumi, è un'idea che Canella vorrebbe sviluppare in lungo e in largo, sul modello di quello che fa il concittadino Alajmo









Collocazioni provvisorie per le erbe spontanee

La staff area

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"









Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni









Squid in seaweed butter. Calamaro danese ("che qui quasi non considerano", spiega l'italiano) appena scottato in olio fermentato di koji, arrotolato, condito con burro d'alga e servito su bastoncini di ribes nero che allargano il suo bagaglio aromatico. Un boccone formidabile e scenografico









Il piatto successivo è contenuto in un simpatico contenitore in cera d’api. Sono palloncini gonfiati e intinti più volte nella cera d’api in fogli. «Abbiamo passato settimane a costruirle. Ne abbiamo fatte a migliaia». Sono usa e getta...
 









Sea snail and roses. Una terrina calda di cera con lumache di mare, petali di rosa messi sottaceto e resi croccanti con un sale di alga. La raccomandazione: "Per mangiarlo, tenete tra le mani la cera d'api"









Sea snail. Un altro piccolo boccone ricavato dalla parte superiore della lumaca di mare, scaldata leggeremente nell'acqua e servita su una riduzione di timo limone









Lo stuzzicadenti marino di lumaca di mare, intarsiato la prima volta dallo stesso Redzepi









Head of the cod, la testa del merluzzo (a destra), il vero main course del Noma









È un’altra preparazione piuttosto laboriosa. «Occorre mezzora solo per smontare la testa del merluzzo. Leviamo la pelle e il collagene e sezioniamo mandibole, lingua, guancia e la parte posteriore. Poi sciacquiamo in sale, spezie, koji e cuociamo allo yakitori con glassa di funghi e brodo di finocchi speziati»









Il merluzzo si può guarnire a piacere con pasta di formiche (in alto a destra), emulsione leggeremente piccante di olio di koji, acqua e succo di rafano (a sinistra) e curry danese (in basso)









A margine del merluzzo, anche dell'aglio selvatico condito con burro affumicato e lievito arrostito. Sapore intenso









Ossa di merluzzo alla fine dell'assaggio









Snack interlocutorio di guancia di merluzzo su un velo sottile di alga con fiori di wasabi islandese, condito con una pasta di finferli preservati ed erbe









Pickled vegetables and arctic herbs. Unico piatto di verdure del menu, guida il passaggio dalle pietanze salate a quelle dolci. Timo artico, germogli di pino mugo, fiori di finocchietto selvatico, fiore di campanella blu, cotti in un brodo di alga. Da giugno ad agosto 2018 il menu del Noma sarà 100% vegetariano









Tempo di preparazione: mezzora! Una pietanza che mette a dura prova chi l'esegue









Riappare in tavola la cozza, il simbolo di sempre









Ma questa volta è un dessert in forma di piccolo sandwich. Pear and roasted kelp ice cream: pera, bilberry (mirtillo nero) e alga kelp arrostita









Cloudberries and pine cones. Un dessert che prolunga la saga dei deliziosi dolci/non dolci di Redzepi: cloudberry (letteralmente "bacche nuvola", traducibili con more di rovo camemoro), pigne preservate nello zucchero dalla primavera precedente e poi cotte nello sciroppo, neve yogurt (firmato dall'italiana Jessica Natali) e lumachina di mare realizzata col sorbetto delle cloudberry









Caffè filtrato, ottenuto da semi kenyoti rubati e coltivati in Honduras da un ragazzo norvegese. Ce lo racconta Francesca Niro, sommelier italiana. «In Danimarca», spiega, «il caffè non è un atto conclusivo»









Sugar kelp tart. Tartelletta di alga kelp con pralinato di pino (sul modello di quello di mandorle, autore Canella), panna e crisp di ostrica









Jessica Natali, marchigiana, 23 anni, punto fermo del Noma da 4 stagioni









Natali introduce l'ultimo piatto, Plankton cake, tortino a base di plankton









E' un omaggio di Redzepi al cuoco andaluso Angel Leon, lo chef che ha trasportato gli abissi marini sulle tavole dell'alta cucina. Una nota curiosa di fine pasto: non è mai apparso il pane, storico punto forte del Noma. "Questo menu non ne ha bisogno", ha spiegato Redzepi









Con Canella andiamo alla scoperta del lunghissimo corridoio che parte dalla sezione opposa della sala, appena dopo l'ingresso









E' l'equivalente razionalizzato e allargato del primo piano del Noma delle origini. Decine di ragazzi intenti a fare le pre-preparazioni









Canella con Ali Sonko, il celebre lavapiatti gambiano del Noma, diventato socio









A lati dell'acquario nuotano le oloturie ed enormi granchi artici














Ants on a shrimp, il simbolo del pop-up a Tokyo del Noma














Tra i nuovi strumenti, anche sonificatore per fare emulsioni, Rotovapor, estrattori di oli essenziali. L'estrazione naturale, tipo profumi, è un'idea che Canella vorrebbe sviluppare in lungo e in largo, sul modello di quello che fa il concittadino Alajmo









Collocazioni provvisorie per le erbe spontanee









La staff area

Relax finale nella lounge accanto alla sala del ristorante, molto più ampia e luminosa di prima

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"









Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni









Squid in seaweed butter. Calamaro danese ("che qui quasi non considerano", spiega l'italiano) appena scottato in olio fermentato di koji, arrotolato, condito con burro d'alga e servito su bastoncini di ribes nero che allargano il suo bagaglio aromatico. Un boccone formidabile e scenografico









Il piatto successivo è contenuto in un simpatico contenitore in cera d’api. Sono palloncini gonfiati e intinti più volte nella cera d’api in fogli. «Abbiamo passato settimane a costruirle. Ne abbiamo fatte a migliaia». Sono usa e getta...
 









Sea snail and roses. Una terrina calda di cera con lumache di mare, petali di rosa messi sottaceto e resi croccanti con un sale di alga. La raccomandazione: "Per mangiarlo, tenete tra le mani la cera d'api"









Sea snail. Un altro piccolo boccone ricavato dalla parte superiore della lumaca di mare, scaldata leggeremente nell'acqua e servita su una riduzione di timo limone









Lo stuzzicadenti marino di lumaca di mare, intarsiato la prima volta dallo stesso Redzepi









Head of the cod, la testa del merluzzo (a destra), il vero main course del Noma









È un’altra preparazione piuttosto laboriosa. «Occorre mezzora solo per smontare la testa del merluzzo. Leviamo la pelle e il collagene e sezioniamo mandibole, lingua, guancia e la parte posteriore. Poi sciacquiamo in sale, spezie, koji e cuociamo allo yakitori con glassa di funghi e brodo di finocchi speziati»









Il merluzzo si può guarnire a piacere con pasta di formiche (in alto a destra), emulsione leggeremente piccante di olio di koji, acqua e succo di rafano (a sinistra) e curry danese (in basso)









A margine del merluzzo, anche dell'aglio selvatico condito con burro affumicato e lievito arrostito. Sapore intenso









Ossa di merluzzo alla fine dell'assaggio









Snack interlocutorio di guancia di merluzzo su un velo sottile di alga con fiori di wasabi islandese, condito con una pasta di finferli preservati ed erbe









Pickled vegetables and arctic herbs. Unico piatto di verdure del menu, guida il passaggio dalle pietanze salate a quelle dolci. Timo artico, germogli di pino mugo, fiori di finocchietto selvatico, fiore di campanella blu, cotti in un brodo di alga. Da giugno ad agosto 2018 il menu del Noma sarà 100% vegetariano









Tempo di preparazione: mezzora! Una pietanza che mette a dura prova chi l'esegue









Riappare in tavola la cozza, il simbolo di sempre









Ma questa volta è un dessert in forma di piccolo sandwich. Pear and roasted kelp ice cream: pera, bilberry (mirtillo nero) e alga kelp arrostita









Cloudberries and pine cones. Un dessert che prolunga la saga dei deliziosi dolci/non dolci di Redzepi: cloudberry (letteralmente "bacche nuvola", traducibili con more di rovo camemoro), pigne preservate nello zucchero dalla primavera precedente e poi cotte nello sciroppo, neve yogurt (firmato dall'italiana Jessica Natali) e lumachina di mare realizzata col sorbetto delle cloudberry









Caffè filtrato, ottenuto da semi kenyoti rubati e coltivati in Honduras da un ragazzo norvegese. Ce lo racconta Francesca Niro, sommelier italiana. «In Danimarca», spiega, «il caffè non è un atto conclusivo»









Sugar kelp tart. Tartelletta di alga kelp con pralinato di pino (sul modello di quello di mandorle, autore Canella), panna e crisp di ostrica









Jessica Natali, marchigiana, 23 anni, punto fermo del Noma da 4 stagioni









Natali introduce l'ultimo piatto, Plankton cake, tortino a base di plankton









E' un omaggio di Redzepi al cuoco andaluso Angel Leon, lo chef che ha trasportato gli abissi marini sulle tavole dell'alta cucina. Una nota curiosa di fine pasto: non è mai apparso il pane, storico punto forte del Noma. "Questo menu non ne ha bisogno", ha spiegato Redzepi









Con Canella andiamo alla scoperta del lunghissimo corridoio che parte dalla sezione opposa della sala, appena dopo l'ingresso









E' l'equivalente razionalizzato e allargato del primo piano del Noma delle origini. Decine di ragazzi intenti a fare le pre-preparazioni









Canella con Ali Sonko, il celebre lavapiatti gambiano del Noma, diventato socio









A lati dell'acquario nuotano le oloturie ed enormi granchi artici














Ants on a shrimp, il simbolo del pop-up a Tokyo del Noma














Tra i nuovi strumenti, anche sonificatore per fare emulsioni, Rotovapor, estrattori di oli essenziali. L'estrazione naturale, tipo profumi, è un'idea che Canella vorrebbe sviluppare in lungo e in largo, sul modello di quello che fa il concittadino Alajmo









Collocazioni provvisorie per le erbe spontanee









La staff area









Relax finale nella lounge accanto alla sala del ristorante, molto più ampia e luminosa di prima

Arriva il conto: 3.250 corone (436 euro) in tutto, la somma del menu da 2.250 corone danesi (302 euro), già saldato al momento della prenotazione di 3 mesi fa, 50 corone d'acqua (6,50 euro), 700 di champagne (la metà di 1.400 corone, cioè 190 euro), 175 (23,50) di calice iniziale di champagne e 75 (10 euro) di caffè. Il 10% dei posti sono riservati a studenti in tavolo condiviso: per loro sono previste tariffe da 1.000 corone (134 euro) con menu e winejuice pairing inclusi. Prenotazioni a questo link

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"









Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni









Squid in seaweed butter. Calamaro danese ("che qui quasi non considerano", spiega l'italiano) appena scottato in olio fermentato di koji, arrotolato, condito con burro d'alga e servito su bastoncini di ribes nero che allargano il suo bagaglio aromatico. Un boccone formidabile e scenografico









Il piatto successivo è contenuto in un simpatico contenitore in cera d’api. Sono palloncini gonfiati e intinti più volte nella cera d’api in fogli. «Abbiamo passato settimane a costruirle. Ne abbiamo fatte a migliaia». Sono usa e getta...
 









Sea snail and roses. Una terrina calda di cera con lumache di mare, petali di rosa messi sottaceto e resi croccanti con un sale di alga. La raccomandazione: "Per mangiarlo, tenete tra le mani la cera d'api"









Sea snail. Un altro piccolo boccone ricavato dalla parte superiore della lumaca di mare, scaldata leggeremente nell'acqua e servita su una riduzione di timo limone









Lo stuzzicadenti marino di lumaca di mare, intarsiato la prima volta dallo stesso Redzepi









Head of the cod, la testa del merluzzo (a destra), il vero main course del Noma









È un’altra preparazione piuttosto laboriosa. «Occorre mezzora solo per smontare la testa del merluzzo. Leviamo la pelle e il collagene e sezioniamo mandibole, lingua, guancia e la parte posteriore. Poi sciacquiamo in sale, spezie, koji e cuociamo allo yakitori con glassa di funghi e brodo di finocchi speziati»









Il merluzzo si può guarnire a piacere con pasta di formiche (in alto a destra), emulsione leggeremente piccante di olio di koji, acqua e succo di rafano (a sinistra) e curry danese (in basso)









A margine del merluzzo, anche dell'aglio selvatico condito con burro affumicato e lievito arrostito. Sapore intenso









Ossa di merluzzo alla fine dell'assaggio









Snack interlocutorio di guancia di merluzzo su un velo sottile di alga con fiori di wasabi islandese, condito con una pasta di finferli preservati ed erbe









Pickled vegetables and arctic herbs. Unico piatto di verdure del menu, guida il passaggio dalle pietanze salate a quelle dolci. Timo artico, germogli di pino mugo, fiori di finocchietto selvatico, fiore di campanella blu, cotti in un brodo di alga. Da giugno ad agosto 2018 il menu del Noma sarà 100% vegetariano









Tempo di preparazione: mezzora! Una pietanza che mette a dura prova chi l'esegue









Riappare in tavola la cozza, il simbolo di sempre









Ma questa volta è un dessert in forma di piccolo sandwich. Pear and roasted kelp ice cream: pera, bilberry (mirtillo nero) e alga kelp arrostita









Cloudberries and pine cones. Un dessert che prolunga la saga dei deliziosi dolci/non dolci di Redzepi: cloudberry (letteralmente "bacche nuvola", traducibili con more di rovo camemoro), pigne preservate nello zucchero dalla primavera precedente e poi cotte nello sciroppo, neve yogurt (firmato dall'italiana Jessica Natali) e lumachina di mare realizzata col sorbetto delle cloudberry









Caffè filtrato, ottenuto da semi kenyoti rubati e coltivati in Honduras da un ragazzo norvegese. Ce lo racconta Francesca Niro, sommelier italiana. «In Danimarca», spiega, «il caffè non è un atto conclusivo»









Sugar kelp tart. Tartelletta di alga kelp con pralinato di pino (sul modello di quello di mandorle, autore Canella), panna e crisp di ostrica









Jessica Natali, marchigiana, 23 anni, punto fermo del Noma da 4 stagioni









Natali introduce l'ultimo piatto, Plankton cake, tortino a base di plankton









E' un omaggio di Redzepi al cuoco andaluso Angel Leon, lo chef che ha trasportato gli abissi marini sulle tavole dell'alta cucina. Una nota curiosa di fine pasto: non è mai apparso il pane, storico punto forte del Noma. "Questo menu non ne ha bisogno", ha spiegato Redzepi









Con Canella andiamo alla scoperta del lunghissimo corridoio che parte dalla sezione opposa della sala, appena dopo l'ingresso









E' l'equivalente razionalizzato e allargato del primo piano del Noma delle origini. Decine di ragazzi intenti a fare le pre-preparazioni









Canella con Ali Sonko, il celebre lavapiatti gambiano del Noma, diventato socio









A lati dell'acquario nuotano le oloturie ed enormi granchi artici














Ants on a shrimp, il simbolo del pop-up a Tokyo del Noma














Tra i nuovi strumenti, anche sonificatore per fare emulsioni, Rotovapor, estrattori di oli essenziali. L'estrazione naturale, tipo profumi, è un'idea che Canella vorrebbe sviluppare in lungo e in largo, sul modello di quello che fa il concittadino Alajmo









Collocazioni provvisorie per le erbe spontanee









La staff area









Relax finale nella lounge accanto alla sala del ristorante, molto più ampia e luminosa di prima









Arriva il conto: 3.250 corone (436 euro) in tutto, la somma del menu da 2.250 corone danesi (302 euro), già saldato al momento della prenotazione di 3 mesi fa, 50 corone d'acqua (6,50 euro), 700 di champagne (la metà di 1.400 corone, cioè 190 euro), 175 (23,50) di calice iniziale di champagne e 75 (10 euro) di caffè. Il 10% dei posti sono riservati a studenti in tavolo condiviso: per loro sono previste tariffe da 1.000 corone (134 euro) con menu e wine o juice pairing inclusi. Prenotazioni a questo link

E il vecchio Noma? Al suo posto ha aperto Barr, classici tradizionali di cucina danese da accoppiare a birre artigianali e acquaviti

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"









Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni









Squid in seaweed butter. Calamaro danese ("che qui quasi non considerano", spiega l'italiano) appena scottato in olio fermentato di koji, arrotolato, condito con burro d'alga e servito su bastoncini di ribes nero che allargano il suo bagaglio aromatico. Un boccone formidabile e scenografico









Il piatto successivo è contenuto in un simpatico contenitore in cera d’api. Sono palloncini gonfiati e intinti più volte nella cera d’api in fogli. «Abbiamo passato settimane a costruirle. Ne abbiamo fatte a migliaia». Sono usa e getta...
 









Sea snail and roses. Una terrina calda di cera con lumache di mare, petali di rosa messi sottaceto e resi croccanti con un sale di alga. La raccomandazione: "Per mangiarlo, tenete tra le mani la cera d'api"









Sea snail. Un altro piccolo boccone ricavato dalla parte superiore della lumaca di mare, scaldata leggeremente nell'acqua e servita su una riduzione di timo limone









Lo stuzzicadenti marino di lumaca di mare, intarsiato la prima volta dallo stesso Redzepi









Head of the cod, la testa del merluzzo (a destra), il vero main course del Noma









È un’altra preparazione piuttosto laboriosa. «Occorre mezzora solo per smontare la testa del merluzzo. Leviamo la pelle e il collagene e sezioniamo mandibole, lingua, guancia e la parte posteriore. Poi sciacquiamo in sale, spezie, koji e cuociamo allo yakitori con glassa di funghi e brodo di finocchi speziati»









Il merluzzo si può guarnire a piacere con pasta di formiche (in alto a destra), emulsione leggeremente piccante di olio di koji, acqua e succo di rafano (a sinistra) e curry danese (in basso)









A margine del merluzzo, anche dell'aglio selvatico condito con burro affumicato e lievito arrostito. Sapore intenso









Ossa di merluzzo alla fine dell'assaggio









Snack interlocutorio di guancia di merluzzo su un velo sottile di alga con fiori di wasabi islandese, condito con una pasta di finferli preservati ed erbe









Pickled vegetables and arctic herbs. Unico piatto di verdure del menu, guida il passaggio dalle pietanze salate a quelle dolci. Timo artico, germogli di pino mugo, fiori di finocchietto selvatico, fiore di campanella blu, cotti in un brodo di alga. Da giugno ad agosto 2018 il menu del Noma sarà 100% vegetariano









Tempo di preparazione: mezzora! Una pietanza che mette a dura prova chi l'esegue









Riappare in tavola la cozza, il simbolo di sempre









Ma questa volta è un dessert in forma di piccolo sandwich. Pear and roasted kelp ice cream: pera, bilberry (mirtillo nero) e alga kelp arrostita









Cloudberries and pine cones. Un dessert che prolunga la saga dei deliziosi dolci/non dolci di Redzepi: cloudberry (letteralmente "bacche nuvola", traducibili con more di rovo camemoro), pigne preservate nello zucchero dalla primavera precedente e poi cotte nello sciroppo, neve yogurt (firmato dall'italiana Jessica Natali) e lumachina di mare realizzata col sorbetto delle cloudberry









Caffè filtrato, ottenuto da semi kenyoti rubati e coltivati in Honduras da un ragazzo norvegese. Ce lo racconta Francesca Niro, sommelier italiana. «In Danimarca», spiega, «il caffè non è un atto conclusivo»









Sugar kelp tart. Tartelletta di alga kelp con pralinato di pino (sul modello di quello di mandorle, autore Canella), panna e crisp di ostrica









Jessica Natali, marchigiana, 23 anni, punto fermo del Noma da 4 stagioni









Natali introduce l'ultimo piatto, Plankton cake, tortino a base di plankton









E' un omaggio di Redzepi al cuoco andaluso Angel Leon, lo chef che ha trasportato gli abissi marini sulle tavole dell'alta cucina. Una nota curiosa di fine pasto: non è mai apparso il pane, storico punto forte del Noma. "Questo menu non ne ha bisogno", ha spiegato Redzepi









Con Canella andiamo alla scoperta del lunghissimo corridoio che parte dalla sezione opposa della sala, appena dopo l'ingresso









E' l'equivalente razionalizzato e allargato del primo piano del Noma delle origini. Decine di ragazzi intenti a fare le pre-preparazioni









Canella con Ali Sonko, il celebre lavapiatti gambiano del Noma, diventato socio









A lati dell'acquario nuotano le oloturie ed enormi granchi artici














Ants on a shrimp, il simbolo del pop-up a Tokyo del Noma














Tra i nuovi strumenti, anche sonificatore per fare emulsioni, Rotovapor, estrattori di oli essenziali. L'estrazione naturale, tipo profumi, è un'idea che Canella vorrebbe sviluppare in lungo e in largo, sul modello di quello che fa il concittadino Alajmo









Collocazioni provvisorie per le erbe spontanee









La staff area









Relax finale nella lounge accanto alla sala del ristorante, molto più ampia e luminosa di prima









Arriva il conto: 3.250 corone (436 euro) in tutto, la somma del menu da 2.250 corone danesi (302 euro), già saldato al momento della prenotazione di 3 mesi fa, 50 corone d'acqua (6,50 euro), 700 di champagne (la metà di 1.400 corone, cioè 190 euro), 175 (23,50) di calice iniziale di champagne e 75 (10 euro) di caffè. Il 10% dei posti sono riservati a studenti in tavolo condiviso: per loro sono previste tariffe da 1.000 corone (134 euro) con menu e wine o juice pairing inclusi. Prenotazioni a questo link









E il vecchio Noma? Al suo posto ha aperto Barr, classici tradizionali di cucina danese da accoppiare a birre artigianali e acquaviti

Il vecchio ingresso del Noma, con l'insegna di Barr

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"









Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni









Squid in seaweed butter. Calamaro danese ("che qui quasi non considerano", spiega l'italiano) appena scottato in olio fermentato di koji, arrotolato, condito con burro d'alga e servito su bastoncini di ribes nero che allargano il suo bagaglio aromatico. Un boccone formidabile e scenografico









Il piatto successivo è contenuto in un simpatico contenitore in cera d’api. Sono palloncini gonfiati e intinti più volte nella cera d’api in fogli. «Abbiamo passato settimane a costruirle. Ne abbiamo fatte a migliaia». Sono usa e getta...
 









Sea snail and roses. Una terrina calda di cera con lumache di mare, petali di rosa messi sottaceto e resi croccanti con un sale di alga. La raccomandazione: "Per mangiarlo, tenete tra le mani la cera d'api"









Sea snail. Un altro piccolo boccone ricavato dalla parte superiore della lumaca di mare, scaldata leggeremente nell'acqua e servita su una riduzione di timo limone









Lo stuzzicadenti marino di lumaca di mare, intarsiato la prima volta dallo stesso Redzepi









Head of the cod, la testa del merluzzo (a destra), il vero main course del Noma









È un’altra preparazione piuttosto laboriosa. «Occorre mezzora solo per smontare la testa del merluzzo. Leviamo la pelle e il collagene e sezioniamo mandibole, lingua, guancia e la parte posteriore. Poi sciacquiamo in sale, spezie, koji e cuociamo allo yakitori con glassa di funghi e brodo di finocchi speziati»









Il merluzzo si può guarnire a piacere con pasta di formiche (in alto a destra), emulsione leggeremente piccante di olio di koji, acqua e succo di rafano (a sinistra) e curry danese (in basso)









A margine del merluzzo, anche dell'aglio selvatico condito con burro affumicato e lievito arrostito. Sapore intenso









Ossa di merluzzo alla fine dell'assaggio









Snack interlocutorio di guancia di merluzzo su un velo sottile di alga con fiori di wasabi islandese, condito con una pasta di finferli preservati ed erbe









Pickled vegetables and arctic herbs. Unico piatto di verdure del menu, guida il passaggio dalle pietanze salate a quelle dolci. Timo artico, germogli di pino mugo, fiori di finocchietto selvatico, fiore di campanella blu, cotti in un brodo di alga. Da giugno ad agosto 2018 il menu del Noma sarà 100% vegetariano









Tempo di preparazione: mezzora! Una pietanza che mette a dura prova chi l'esegue









Riappare in tavola la cozza, il simbolo di sempre









Ma questa volta è un dessert in forma di piccolo sandwich. Pear and roasted kelp ice cream: pera, bilberry (mirtillo nero) e alga kelp arrostita









Cloudberries and pine cones. Un dessert che prolunga la saga dei deliziosi dolci/non dolci di Redzepi: cloudberry (letteralmente "bacche nuvola", traducibili con more di rovo camemoro), pigne preservate nello zucchero dalla primavera precedente e poi cotte nello sciroppo, neve yogurt (firmato dall'italiana Jessica Natali) e lumachina di mare realizzata col sorbetto delle cloudberry









Caffè filtrato, ottenuto da semi kenyoti rubati e coltivati in Honduras da un ragazzo norvegese. Ce lo racconta Francesca Niro, sommelier italiana. «In Danimarca», spiega, «il caffè non è un atto conclusivo»









Sugar kelp tart. Tartelletta di alga kelp con pralinato di pino (sul modello di quello di mandorle, autore Canella), panna e crisp di ostrica









Jessica Natali, marchigiana, 23 anni, punto fermo del Noma da 4 stagioni









Natali introduce l'ultimo piatto, Plankton cake, tortino a base di plankton









E' un omaggio di Redzepi al cuoco andaluso Angel Leon, lo chef che ha trasportato gli abissi marini sulle tavole dell'alta cucina. Una nota curiosa di fine pasto: non è mai apparso il pane, storico punto forte del Noma. "Questo menu non ne ha bisogno", ha spiegato Redzepi









Con Canella andiamo alla scoperta del lunghissimo corridoio che parte dalla sezione opposa della sala, appena dopo l'ingresso









E' l'equivalente razionalizzato e allargato del primo piano del Noma delle origini. Decine di ragazzi intenti a fare le pre-preparazioni









Canella con Ali Sonko, il celebre lavapiatti gambiano del Noma, diventato socio









A lati dell'acquario nuotano le oloturie ed enormi granchi artici














Ants on a shrimp, il simbolo del pop-up a Tokyo del Noma














Tra i nuovi strumenti, anche sonificatore per fare emulsioni, Rotovapor, estrattori di oli essenziali. L'estrazione naturale, tipo profumi, è un'idea che Canella vorrebbe sviluppare in lungo e in largo, sul modello di quello che fa il concittadino Alajmo









Collocazioni provvisorie per le erbe spontanee









La staff area









Relax finale nella lounge accanto alla sala del ristorante, molto più ampia e luminosa di prima









Arriva il conto: 3.250 corone (436 euro) in tutto, la somma del menu da 2.250 corone danesi (302 euro), già saldato al momento della prenotazione di 3 mesi fa, 50 corone d'acqua (6,50 euro), 700 di champagne (la metà di 1.400 corone, cioè 190 euro), 175 (23,50) di calice iniziale di champagne e 75 (10 euro) di caffè. Il 10% dei posti sono riservati a studenti in tavolo condiviso: per loro sono previste tariffe da 1.000 corone (134 euro) con menu e wine o juice pairing inclusi. Prenotazioni a questo link









E il vecchio Noma? Al suo posto ha aperto Barr, classici tradizionali di cucina danese da accoppiare a birre artigianali e acquaviti









Il vecchio ingresso del Noma, con l'insegna di Barr

Per un piatto che entra in carta al Noma, ce ne sono 10 che non ce la fanno. Scopri quali sull'account Instagram di Rene Redzepi

«Hello, what’s your name?». Il pranzo comincia col sorriso di una signorina che accoglie gli ospiti all’aperto. Le sfiora la schiena un nastro orizzontale bianco e rosso, di quelli da lavori in corso. Da qui parte un sentiero stretto: a destra c’è una costruzione finita con porte e finestre; a sinistra una lunga palizzata in legno da cui spuntano tetti a spiovente in vetro. Sono le capanne che tra qualche settimana ospiteranno le nuove serre, il laboratorio di panificazione e il test kitchen.

Il 22 febbraio 2018 il nuovo Noma è ancora un semi-cantiere. Rene Redzepi sognava di aprire con tutte le cose a posto ma c’è ancora un po' da fare. Per inaugurare non poteva però aspettare la fine effettiva dei lavori perché ogni giorno senza income pesa sui bilanci: è dal 24 febbraio 2017, ultimo servizio del Noma 1.0, che il cuoco di origini macedoni stipendia decine di dipendenti senza avere entrate (i conti del pop-up aperto in Messico sono altra cosa). E mica si potevano far slittare le migliaia di persone che a novembre avevano già prenotato online, pagando in anticipo il menu degustazione da 2.250 corone danesi (circa 300 euro).

Persino le piastre a induzione e i banchi di lavoro della cucina sono arrivati all’ultimo. «Siamo entrati per la prima volta a cucinare», ci racconterà più tardi Jessica Natali, italiana punto fermo del ristorante, «due giorni prima dell’apertura al pubblico. Abbiamo finito di girare le ultime viti solo poco fa». È stato già un bel colpo di reni aprire 24 ore dopo i piani, il 16 invece che il 15 febbraio. E le 80 persone che avevano prenotato a pranzo e cena del 15? «Le abbiamo chiamate chiedendo loro di spostare la data. Abbiamo fatto due servizi extra sabato scorso», spiegherà il maître e socio James Spreadbury, «hanno capito». Chissà che polemiche se fosse successo da noi.

Del resto in Danimarca si ragiona diversamente. Per esempio, come facciamo a spiegare a un italiano che a Copenhagen sono entusiasti per aver aperto un ristorante davanti a un inceneritore? Le finestre della nuova sala inquadrano un laghetto e delle ciminiere che sbuffano colonne di vapore. Si chiama Amager Bakke e l’ha disegnato Bjarke Ingels, lo stesso architetto del nuovo Noma. È un termovalorizzatore a impatto zero che tra qualche mese inaugurerà sul suo tetto una pista da sci. Potremo smaltire il pranzo nordico facendo slalom sopra ai rifiuti.

Amager Bakke, l'inceneritore a impatto zero davanti alle finestre del nuovo Noma. Tra qualche mese ci si potrà sciare

Amager Bakke, l'inceneritore a impatto zero davanti alle finestre del nuovo Noma. Tra qualche mese ci si potrà sciare

Torniamo di qua del laghetto e sforziamoci di vedere dietro alle palizzate. Una cosa importante da dire è che, come spesso abbiamo letto in questi mesi, Noma 2.0 non è né sarà una urban farm. Non esistono ancora ristoranti al mondo capaci di coltivare tutto quello che mettono in tavola. E pure qui non si fa eccezione: Redzepi si appoggerà come sempre ai magnifici prodotti delle farm amiche Søren Wiuff e Kiselgaarden. «Quello che succederà», rivela Riccardo Canella, sous chef appena promosso a corresponsabile del Test Kitchen, «è che innesteremo orti sul tetto della struttura e cresceremo nelle serre delle piante esotiche trovate in Giappone, Australia e Messico. Faremo qui esperimenti che svilupperemo in larga scala fuori dal nostro villaggio». 

"Villaggio" è una parola chiave del nuovo corso. L'obiettivo di Redzepi e Ingles è stato quello di creare un piccolo borgo scandinavo, una comunità creativa di persone, ognuna nella sua “casa”, concentrata a migliorare quello che già sa fare. Con un obiettivo sopra tutti: «Non vogliamo diventare il primo ristorante al mondo ma il miglior luogo di lavoro al mondo», ha ripetuto più volte il patron a tutto lo staff. C'è il desiderio di cambiare la nomea di uno dei luoghi di ristorazione più "crudeli" al mondo, disegnare spazi a misura di persona, far convivere tutti in modo più armonico. Rientra in quest’opera di "umanizzazione" anche il 10% dei posti riservati a tariffe agevolate per studenti (i dettagli sono nella fotogallery).

I ritmi in questi primi giorni d’apertura sono per forza ancora monstre: «Sto andando a letto all’una e mi sveglio alle 4», confessa Canella. «Perché poi nell’ultimo quadrimestre abbiamo anche dovuto dare forma al nuovo menu. Rene voleva che tutti i piatti fossero nuovi, senza alcuna replica del passato. Abbiamo lavorato su prodotti noti ma trattati con tecniche diverse. In 4 mesi abbiamo concepito 37 piatti inediti, tra i quali abbiamo scelto i 17 in carta ora. Lo chef ci ha chiesto di rispettare 3 regole: qualità degli ingredienti, qualità delle idee, qualità delle esecuzioni».

Sea star, il piatto simbolo del nuovo corso. Tutti i dettagli nella nostra fotogallery

Sea star, il piatto simbolo del nuovo corso. Tutti i dettagli nella nostra fotogallery

Con quali risultati? Già splendidi, quasi come nel giorno di chiusura del primo corso. Da oggi fino a maggio il menu sarà centrato sui seafood, i frutti di mare, ma non sarà sempre uguale a se stesso perché anche nell’Oceano esistono le microstagioni. La nostra è stata una cavalcata di 20 assaggi tra vongole centenarie, teste di merluzzo grigliate, ostriche giganti e cozze cavalline.

Una linea che privilegia sempre più il prodotto e i gusti rotondi rispetto ai toni acidi e all’estetica di foglie, alghe o muschi delle origini, che ormai replicano in tanti. «Il Noma sta cambiando pelle», rileva Canella, «sono certo che avremo sempre meno cucina di assemblaggio e vedremo sempre più pentole e padelle». Appuntamento a giugno, quando il degustazione sarà al 100% vegetariano, un inedito. «Tra un menu e l'altro, chiuderemo per due settimane. La sfida sarà fare alzare la gente senza che abbia voglia di chiedere null'altro». Godiamoci intanto la fotogallery dei frutti di mare.

Leggi anche
Arrivederci Noma, l'ultimo menu del primo corso, febbraio 2017
Noma Caput Mundi, anno 2012

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Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)

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Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)

Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo

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Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo

Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche

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Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche

Contesto bucolico con inceneritore

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Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore

La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti

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Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti

Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso

Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione

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Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione

A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 

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Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 

Il prossimo Test Kitchen, visione frontale

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Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale

La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio

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Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio

Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore

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Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore

Le vetrate della sala

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Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala

Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)

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Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)

Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe

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Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe

Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)

L'ingresso del ristorante

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante

Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa

Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo

Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma

Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi

Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti

In cucina compare per la prima volta il fuoco

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco

La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"

Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto

Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi

Pesci essiccati

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati

Alghe pendenti dal soffitto

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto

Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)
Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)

Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese

La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose

Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante
Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante

La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie

Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori

Panno caldo per cominciare

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare

James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma

Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée

Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo

Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma

Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto

E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili

Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato

Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala

Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi

All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero

E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto

La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)

I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre

E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud

E una decina di etichette sul fronte rossi/orange

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange

Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso

Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled

E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.

Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti

Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam

Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 

Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio

L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze

Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano

Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)

Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca

Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte

La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canellahorse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana

La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"

Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"









Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni

Squid in seaweed butter. Calamaro danese ("che qui quasi non considerano", spiega l'italiano) appena scottato in olio fermentato di koji, arrotolato, condito con burro d'alga e servito su bastoncini di ribes nero che allargano il suo bagaglio aromatico. Un boccone formidabile e scenografico

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"









Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni









Squid in seaweed butter. Calamaro danese ("che qui quasi non considerano", spiega l'italiano) appena scottato in olio fermentato di koji, arrotolato, condito con burro d'alga e servito su bastoncini di ribes nero che allargano il suo bagaglio aromatico. Un boccone formidabile e scenografico

Il piatto successivo è contenuto in un simpatico contenitore in cera d’api. Sono palloncini gonfiati e intinti più volte nella cera d’api in fogli. «Abbiamo passato settimane a costruirle. Ne abbiamo fatte a migliaia». Sono usa e getta...
 

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"









Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni









Squid in seaweed butter. Calamaro danese ("che qui quasi non considerano", spiega l'italiano) appena scottato in olio fermentato di koji, arrotolato, condito con burro d'alga e servito su bastoncini di ribes nero che allargano il suo bagaglio aromatico. Un boccone formidabile e scenografico









Il piatto successivo è contenuto in un simpatico contenitore in cera d’api. Sono palloncini gonfiati e intinti più volte nella cera d’api in fogli. «Abbiamo passato settimane a costruirle. Ne abbiamo fatte a migliaia». Sono usa e getta...
 

Sea snail and roses. Una terrina calda di cera con lumache di mare, petali di rosa messi sottaceto e resi croccanti con un sale di alga. La raccomandazione: "Per mangiarlo, tenete tra le mani la cera d'api"

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"









Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni









Squid in seaweed butter. Calamaro danese ("che qui quasi non considerano", spiega l'italiano) appena scottato in olio fermentato di koji, arrotolato, condito con burro d'alga e servito su bastoncini di ribes nero che allargano il suo bagaglio aromatico. Un boccone formidabile e scenografico









Il piatto successivo è contenuto in un simpatico contenitore in cera d’api. Sono palloncini gonfiati e intinti più volte nella cera d’api in fogli. «Abbiamo passato settimane a costruirle. Ne abbiamo fatte a migliaia». Sono usa e getta...
 









Sea snail and roses. Una terrina calda di cera con lumache di mare, petali di rosa messi sottaceto e resi croccanti con un sale di alga. La raccomandazione: "Per mangiarlo, tenete tra le mani la cera d'api"

Sea snail. Un altro piccolo boccone ricavato dalla parte superiore della lumaca di mare, scaldata leggeremente nell'acqua e servita su una riduzione di timo limone

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"









Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni









Squid in seaweed butter. Calamaro danese ("che qui quasi non considerano", spiega l'italiano) appena scottato in olio fermentato di koji, arrotolato, condito con burro d'alga e servito su bastoncini di ribes nero che allargano il suo bagaglio aromatico. Un boccone formidabile e scenografico









Il piatto successivo è contenuto in un simpatico contenitore in cera d’api. Sono palloncini gonfiati e intinti più volte nella cera d’api in fogli. «Abbiamo passato settimane a costruirle. Ne abbiamo fatte a migliaia». Sono usa e getta...
 









Sea snail and roses. Una terrina calda di cera con lumache di mare, petali di rosa messi sottaceto e resi croccanti con un sale di alga. La raccomandazione: "Per mangiarlo, tenete tra le mani la cera d'api"









Sea snail. Un altro piccolo boccone ricavato dalla parte superiore della lumaca di mare, scaldata leggeremente nell'acqua e servita su una riduzione di timo limone

Lo stuzzicadenti marino di lumaca di mare, intarsiato la prima volta dallo stesso Redzepi

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"









Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni









Squid in seaweed butter. Calamaro danese ("che qui quasi non considerano", spiega l'italiano) appena scottato in olio fermentato di koji, arrotolato, condito con burro d'alga e servito su bastoncini di ribes nero che allargano il suo bagaglio aromatico. Un boccone formidabile e scenografico









Il piatto successivo è contenuto in un simpatico contenitore in cera d’api. Sono palloncini gonfiati e intinti più volte nella cera d’api in fogli. «Abbiamo passato settimane a costruirle. Ne abbiamo fatte a migliaia». Sono usa e getta...
 









Sea snail and roses. Una terrina calda di cera con lumache di mare, petali di rosa messi sottaceto e resi croccanti con un sale di alga. La raccomandazione: "Per mangiarlo, tenete tra le mani la cera d'api"









Sea snail. Un altro piccolo boccone ricavato dalla parte superiore della lumaca di mare, scaldata leggeremente nell'acqua e servita su una riduzione di timo limone









Lo stuzzicadenti marino di lumaca di mare, intarsiato la prima volta dallo stesso Redzepi

Head of the cod, la testa del merluzzo (a destra), il vero main course del Noma

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"









Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni









Squid in seaweed butter. Calamaro danese ("che qui quasi non considerano", spiega l'italiano) appena scottato in olio fermentato di koji, arrotolato, condito con burro d'alga e servito su bastoncini di ribes nero che allargano il suo bagaglio aromatico. Un boccone formidabile e scenografico









Il piatto successivo è contenuto in un simpatico contenitore in cera d’api. Sono palloncini gonfiati e intinti più volte nella cera d’api in fogli. «Abbiamo passato settimane a costruirle. Ne abbiamo fatte a migliaia». Sono usa e getta...
 









Sea snail and roses. Una terrina calda di cera con lumache di mare, petali di rosa messi sottaceto e resi croccanti con un sale di alga. La raccomandazione: "Per mangiarlo, tenete tra le mani la cera d'api"









Sea snail. Un altro piccolo boccone ricavato dalla parte superiore della lumaca di mare, scaldata leggeremente nell'acqua e servita su una riduzione di timo limone









Lo stuzzicadenti marino di lumaca di mare, intarsiato la prima volta dallo stesso Redzepi









Head of the cod, la testa del merluzzo (a destra), il vero main course del Noma

È un’altra preparazione piuttosto laboriosa. «Occorre mezzora solo per smontare la testa del merluzzo. Leviamo la pelle e il collagene e sezioniamo mandibole, lingua, guancia e la parte posteriore. Poi sciacquiamo in sale, spezie, koji e cuociamo allo yakitori con glassa di funghi e brodo di finocchi speziati»

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"









Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni









Squid in seaweed butter. Calamaro danese ("che qui quasi non considerano", spiega l'italiano) appena scottato in olio fermentato di koji, arrotolato, condito con burro d'alga e servito su bastoncini di ribes nero che allargano il suo bagaglio aromatico. Un boccone formidabile e scenografico









Il piatto successivo è contenuto in un simpatico contenitore in cera d’api. Sono palloncini gonfiati e intinti più volte nella cera d’api in fogli. «Abbiamo passato settimane a costruirle. Ne abbiamo fatte a migliaia». Sono usa e getta...
 









Sea snail and roses. Una terrina calda di cera con lumache di mare, petali di rosa messi sottaceto e resi croccanti con un sale di alga. La raccomandazione: "Per mangiarlo, tenete tra le mani la cera d'api"









Sea snail. Un altro piccolo boccone ricavato dalla parte superiore della lumaca di mare, scaldata leggeremente nell'acqua e servita su una riduzione di timo limone









Lo stuzzicadenti marino di lumaca di mare, intarsiato la prima volta dallo stesso Redzepi









Head of the cod, la testa del merluzzo (a destra), il vero main course del Noma









È un’altra preparazione piuttosto laboriosa. «Occorre mezzora solo per smontare la testa del merluzzo. Leviamo la pelle e il collagene e sezioniamo mandibole, lingua, guancia e la parte posteriore. Poi sciacquiamo in sale, spezie, koji e cuociamo allo yakitori con glassa di funghi e brodo di finocchi speziati»

Il merluzzo si può guarnire a piacere con pasta di formiche (in alto a destra), emulsione leggeremente piccante di olio di koji, acqua e succo di rafano (a sinistra) e curry danese (in basso)

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"









Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni









Squid in seaweed butter. Calamaro danese ("che qui quasi non considerano", spiega l'italiano) appena scottato in olio fermentato di koji, arrotolato, condito con burro d'alga e servito su bastoncini di ribes nero che allargano il suo bagaglio aromatico. Un boccone formidabile e scenografico









Il piatto successivo è contenuto in un simpatico contenitore in cera d’api. Sono palloncini gonfiati e intinti più volte nella cera d’api in fogli. «Abbiamo passato settimane a costruirle. Ne abbiamo fatte a migliaia». Sono usa e getta...
 









Sea snail and roses. Una terrina calda di cera con lumache di mare, petali di rosa messi sottaceto e resi croccanti con un sale di alga. La raccomandazione: "Per mangiarlo, tenete tra le mani la cera d'api"









Sea snail. Un altro piccolo boccone ricavato dalla parte superiore della lumaca di mare, scaldata leggeremente nell'acqua e servita su una riduzione di timo limone









Lo stuzzicadenti marino di lumaca di mare, intarsiato la prima volta dallo stesso Redzepi









Head of the cod, la testa del merluzzo (a destra), il vero main course del Noma









È un’altra preparazione piuttosto laboriosa. «Occorre mezzora solo per smontare la testa del merluzzo. Leviamo la pelle e il collagene e sezioniamo mandibole, lingua, guancia e la parte posteriore. Poi sciacquiamo in sale, spezie, koji e cuociamo allo yakitori con glassa di funghi e brodo di finocchi speziati»









Il merluzzo si può guarnire a piacere con pasta di formiche (in alto a destra), emulsione leggeremente piccante di olio di koji, acqua e succo di rafano (a sinistra) e curry danese (in basso)

A margine del merluzzo, anche dell'aglio selvatico condito con burro affumicato e lievito arrostito. Sapore intenso

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"









Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni









Squid in seaweed butter. Calamaro danese ("che qui quasi non considerano", spiega l'italiano) appena scottato in olio fermentato di koji, arrotolato, condito con burro d'alga e servito su bastoncini di ribes nero che allargano il suo bagaglio aromatico. Un boccone formidabile e scenografico









Il piatto successivo è contenuto in un simpatico contenitore in cera d’api. Sono palloncini gonfiati e intinti più volte nella cera d’api in fogli. «Abbiamo passato settimane a costruirle. Ne abbiamo fatte a migliaia». Sono usa e getta...
 









Sea snail and roses. Una terrina calda di cera con lumache di mare, petali di rosa messi sottaceto e resi croccanti con un sale di alga. La raccomandazione: "Per mangiarlo, tenete tra le mani la cera d'api"









Sea snail. Un altro piccolo boccone ricavato dalla parte superiore della lumaca di mare, scaldata leggeremente nell'acqua e servita su una riduzione di timo limone









Lo stuzzicadenti marino di lumaca di mare, intarsiato la prima volta dallo stesso Redzepi









Head of the cod, la testa del merluzzo (a destra), il vero main course del Noma









È un’altra preparazione piuttosto laboriosa. «Occorre mezzora solo per smontare la testa del merluzzo. Leviamo la pelle e il collagene e sezioniamo mandibole, lingua, guancia e la parte posteriore. Poi sciacquiamo in sale, spezie, koji e cuociamo allo yakitori con glassa di funghi e brodo di finocchi speziati»









Il merluzzo si può guarnire a piacere con pasta di formiche (in alto a destra), emulsione leggeremente piccante di olio di koji, acqua e succo di rafano (a sinistra) e curry danese (in basso)









A margine del merluzzo, anche dell'aglio selvatico condito con burro affumicato e lievito arrostito. Sapore intenso

Ossa di merluzzo alla fine dell'assaggio

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"









Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni









Squid in seaweed butter. Calamaro danese ("che qui quasi non considerano", spiega l'italiano) appena scottato in olio fermentato di koji, arrotolato, condito con burro d'alga e servito su bastoncini di ribes nero che allargano il suo bagaglio aromatico. Un boccone formidabile e scenografico









Il piatto successivo è contenuto in un simpatico contenitore in cera d’api. Sono palloncini gonfiati e intinti più volte nella cera d’api in fogli. «Abbiamo passato settimane a costruirle. Ne abbiamo fatte a migliaia». Sono usa e getta...
 









Sea snail and roses. Una terrina calda di cera con lumache di mare, petali di rosa messi sottaceto e resi croccanti con un sale di alga. La raccomandazione: "Per mangiarlo, tenete tra le mani la cera d'api"









Sea snail. Un altro piccolo boccone ricavato dalla parte superiore della lumaca di mare, scaldata leggeremente nell'acqua e servita su una riduzione di timo limone









Lo stuzzicadenti marino di lumaca di mare, intarsiato la prima volta dallo stesso Redzepi









Head of the cod, la testa del merluzzo (a destra), il vero main course del Noma









È un’altra preparazione piuttosto laboriosa. «Occorre mezzora solo per smontare la testa del merluzzo. Leviamo la pelle e il collagene e sezioniamo mandibole, lingua, guancia e la parte posteriore. Poi sciacquiamo in sale, spezie, koji e cuociamo allo yakitori con glassa di funghi e brodo di finocchi speziati»









Il merluzzo si può guarnire a piacere con pasta di formiche (in alto a destra), emulsione leggeremente piccante di olio di koji, acqua e succo di rafano (a sinistra) e curry danese (in basso)









A margine del merluzzo, anche dell'aglio selvatico condito con burro affumicato e lievito arrostito. Sapore intenso









Ossa di merluzzo alla fine dell'assaggio

Snack interlocutorio di guancia di merluzzo su un velo sottile di alga con fiori di wasabi islandese, condito con una pasta di finferli preservati ed erbe

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"









Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni









Squid in seaweed butter. Calamaro danese ("che qui quasi non considerano", spiega l'italiano) appena scottato in olio fermentato di koji, arrotolato, condito con burro d'alga e servito su bastoncini di ribes nero che allargano il suo bagaglio aromatico. Un boccone formidabile e scenografico









Il piatto successivo è contenuto in un simpatico contenitore in cera d’api. Sono palloncini gonfiati e intinti più volte nella cera d’api in fogli. «Abbiamo passato settimane a costruirle. Ne abbiamo fatte a migliaia». Sono usa e getta...
 









Sea snail and roses. Una terrina calda di cera con lumache di mare, petali di rosa messi sottaceto e resi croccanti con un sale di alga. La raccomandazione: "Per mangiarlo, tenete tra le mani la cera d'api"









Sea snail. Un altro piccolo boccone ricavato dalla parte superiore della lumaca di mare, scaldata leggeremente nell'acqua e servita su una riduzione di timo limone









Lo stuzzicadenti marino di lumaca di mare, intarsiato la prima volta dallo stesso Redzepi









Head of the cod, la testa del merluzzo (a destra), il vero main course del Noma









È un’altra preparazione piuttosto laboriosa. «Occorre mezzora solo per smontare la testa del merluzzo. Leviamo la pelle e il collagene e sezioniamo mandibole, lingua, guancia e la parte posteriore. Poi sciacquiamo in sale, spezie, koji e cuociamo allo yakitori con glassa di funghi e brodo di finocchi speziati»









Il merluzzo si può guarnire a piacere con pasta di formiche (in alto a destra), emulsione leggeremente piccante di olio di koji, acqua e succo di rafano (a sinistra) e curry danese (in basso)









A margine del merluzzo, anche dell'aglio selvatico condito con burro affumicato e lievito arrostito. Sapore intenso









Ossa di merluzzo alla fine dell'assaggio









Snack interlocutorio di guancia di merluzzo su un velo sottile di alga con fiori di wasabi islandese, condito con una pasta di finferli preservati ed erbe

Pickled vegetables and arctic herbs. Unico piatto di verdure del menu, guida il passaggio dalle pietanze salate a quelle dolci. Timo artico, germogli di pino mugo, fiori di finocchietto selvatico, fiore di campanella blu, cotti in un brodo di alga. Da giugno ad agosto 2018 il menu del Noma sarà 100% vegetariano

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"









Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni









Squid in seaweed butter. Calamaro danese ("che qui quasi non considerano", spiega l'italiano) appena scottato in olio fermentato di koji, arrotolato, condito con burro d'alga e servito su bastoncini di ribes nero che allargano il suo bagaglio aromatico. Un boccone formidabile e scenografico









Il piatto successivo è contenuto in un simpatico contenitore in cera d’api. Sono palloncini gonfiati e intinti più volte nella cera d’api in fogli. «Abbiamo passato settimane a costruirle. Ne abbiamo fatte a migliaia». Sono usa e getta...
 









Sea snail and roses. Una terrina calda di cera con lumache di mare, petali di rosa messi sottaceto e resi croccanti con un sale di alga. La raccomandazione: "Per mangiarlo, tenete tra le mani la cera d'api"









Sea snail. Un altro piccolo boccone ricavato dalla parte superiore della lumaca di mare, scaldata leggeremente nell'acqua e servita su una riduzione di timo limone









Lo stuzzicadenti marino di lumaca di mare, intarsiato la prima volta dallo stesso Redzepi









Head of the cod, la testa del merluzzo (a destra), il vero main course del Noma









È un’altra preparazione piuttosto laboriosa. «Occorre mezzora solo per smontare la testa del merluzzo. Leviamo la pelle e il collagene e sezioniamo mandibole, lingua, guancia e la parte posteriore. Poi sciacquiamo in sale, spezie, koji e cuociamo allo yakitori con glassa di funghi e brodo di finocchi speziati»









Il merluzzo si può guarnire a piacere con pasta di formiche (in alto a destra), emulsione leggeremente piccante di olio di koji, acqua e succo di rafano (a sinistra) e curry danese (in basso)









A margine del merluzzo, anche dell'aglio selvatico condito con burro affumicato e lievito arrostito. Sapore intenso









Ossa di merluzzo alla fine dell'assaggio









Snack interlocutorio di guancia di merluzzo su un velo sottile di alga con fiori di wasabi islandese, condito con una pasta di finferli preservati ed erbe









Pickled vegetables and arctic herbs. Unico piatto di verdure del menu, guida il passaggio dalle pietanze salate a quelle dolci. Timo artico, germogli di pino mugo, fiori di finocchietto selvatico, fiore di campanella blu, cotti in un brodo di alga. Da giugno ad agosto 2018 il menu del Noma sarà 100% vegetariano

Tempo di preparazione: mezzora! Una pietanza che mette a dura prova chi l'esegue

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"









Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni









Squid in seaweed butter. Calamaro danese ("che qui quasi non considerano", spiega l'italiano) appena scottato in olio fermentato di koji, arrotolato, condito con burro d'alga e servito su bastoncini di ribes nero che allargano il suo bagaglio aromatico. Un boccone formidabile e scenografico









Il piatto successivo è contenuto in un simpatico contenitore in cera d’api. Sono palloncini gonfiati e intinti più volte nella cera d’api in fogli. «Abbiamo passato settimane a costruirle. Ne abbiamo fatte a migliaia». Sono usa e getta...
 









Sea snail and roses. Una terrina calda di cera con lumache di mare, petali di rosa messi sottaceto e resi croccanti con un sale di alga. La raccomandazione: "Per mangiarlo, tenete tra le mani la cera d'api"









Sea snail. Un altro piccolo boccone ricavato dalla parte superiore della lumaca di mare, scaldata leggeremente nell'acqua e servita su una riduzione di timo limone









Lo stuzzicadenti marino di lumaca di mare, intarsiato la prima volta dallo stesso Redzepi









Head of the cod, la testa del merluzzo (a destra), il vero main course del Noma









È un’altra preparazione piuttosto laboriosa. «Occorre mezzora solo per smontare la testa del merluzzo. Leviamo la pelle e il collagene e sezioniamo mandibole, lingua, guancia e la parte posteriore. Poi sciacquiamo in sale, spezie, koji e cuociamo allo yakitori con glassa di funghi e brodo di finocchi speziati»









Il merluzzo si può guarnire a piacere con pasta di formiche (in alto a destra), emulsione leggeremente piccante di olio di koji, acqua e succo di rafano (a sinistra) e curry danese (in basso)









A margine del merluzzo, anche dell'aglio selvatico condito con burro affumicato e lievito arrostito. Sapore intenso









Ossa di merluzzo alla fine dell'assaggio









Snack interlocutorio di guancia di merluzzo su un velo sottile di alga con fiori di wasabi islandese, condito con una pasta di finferli preservati ed erbe









Pickled vegetables and arctic herbs. Unico piatto di verdure del menu, guida il passaggio dalle pietanze salate a quelle dolci. Timo artico, germogli di pino mugo, fiori di finocchietto selvatico, fiore di campanella blu, cotti in un brodo di alga. Da giugno ad agosto 2018 il menu del Noma sarà 100% vegetariano









Tempo di preparazione: mezzora! Una pietanza che mette a dura prova chi l'esegue

Riappare in tavola la cozza, il simbolo di sempre

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"









Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni









Squid in seaweed butter. Calamaro danese ("che qui quasi non considerano", spiega l'italiano) appena scottato in olio fermentato di koji, arrotolato, condito con burro d'alga e servito su bastoncini di ribes nero che allargano il suo bagaglio aromatico. Un boccone formidabile e scenografico









Il piatto successivo è contenuto in un simpatico contenitore in cera d’api. Sono palloncini gonfiati e intinti più volte nella cera d’api in fogli. «Abbiamo passato settimane a costruirle. Ne abbiamo fatte a migliaia». Sono usa e getta...
 









Sea snail and roses. Una terrina calda di cera con lumache di mare, petali di rosa messi sottaceto e resi croccanti con un sale di alga. La raccomandazione: "Per mangiarlo, tenete tra le mani la cera d'api"









Sea snail. Un altro piccolo boccone ricavato dalla parte superiore della lumaca di mare, scaldata leggeremente nell'acqua e servita su una riduzione di timo limone









Lo stuzzicadenti marino di lumaca di mare, intarsiato la prima volta dallo stesso Redzepi









Head of the cod, la testa del merluzzo (a destra), il vero main course del Noma









È un’altra preparazione piuttosto laboriosa. «Occorre mezzora solo per smontare la testa del merluzzo. Leviamo la pelle e il collagene e sezioniamo mandibole, lingua, guancia e la parte posteriore. Poi sciacquiamo in sale, spezie, koji e cuociamo allo yakitori con glassa di funghi e brodo di finocchi speziati»









Il merluzzo si può guarnire a piacere con pasta di formiche (in alto a destra), emulsione leggeremente piccante di olio di koji, acqua e succo di rafano (a sinistra) e curry danese (in basso)









A margine del merluzzo, anche dell'aglio selvatico condito con burro affumicato e lievito arrostito. Sapore intenso









Ossa di merluzzo alla fine dell'assaggio









Snack interlocutorio di guancia di merluzzo su un velo sottile di alga con fiori di wasabi islandese, condito con una pasta di finferli preservati ed erbe









Pickled vegetables and arctic herbs. Unico piatto di verdure del menu, guida il passaggio dalle pietanze salate a quelle dolci. Timo artico, germogli di pino mugo, fiori di finocchietto selvatico, fiore di campanella blu, cotti in un brodo di alga. Da giugno ad agosto 2018 il menu del Noma sarà 100% vegetariano









Tempo di preparazione: mezzora! Una pietanza che mette a dura prova chi l'esegue









Riappare in tavola la cozza, il simbolo di sempre

Ma questa volta è un dessert in forma di piccolo sandwich. Pear and roasted kelp ice cream: pera, bilberry (mirtillo nero) e alga kelp arrostita

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"









Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni









Squid in seaweed butter. Calamaro danese ("che qui quasi non considerano", spiega l'italiano) appena scottato in olio fermentato di koji, arrotolato, condito con burro d'alga e servito su bastoncini di ribes nero che allargano il suo bagaglio aromatico. Un boccone formidabile e scenografico









Il piatto successivo è contenuto in un simpatico contenitore in cera d’api. Sono palloncini gonfiati e intinti più volte nella cera d’api in fogli. «Abbiamo passato settimane a costruirle. Ne abbiamo fatte a migliaia». Sono usa e getta...
 









Sea snail and roses. Una terrina calda di cera con lumache di mare, petali di rosa messi sottaceto e resi croccanti con un sale di alga. La raccomandazione: "Per mangiarlo, tenete tra le mani la cera d'api"









Sea snail. Un altro piccolo boccone ricavato dalla parte superiore della lumaca di mare, scaldata leggeremente nell'acqua e servita su una riduzione di timo limone









Lo stuzzicadenti marino di lumaca di mare, intarsiato la prima volta dallo stesso Redzepi









Head of the cod, la testa del merluzzo (a destra), il vero main course del Noma









È un’altra preparazione piuttosto laboriosa. «Occorre mezzora solo per smontare la testa del merluzzo. Leviamo la pelle e il collagene e sezioniamo mandibole, lingua, guancia e la parte posteriore. Poi sciacquiamo in sale, spezie, koji e cuociamo allo yakitori con glassa di funghi e brodo di finocchi speziati»









Il merluzzo si può guarnire a piacere con pasta di formiche (in alto a destra), emulsione leggeremente piccante di olio di koji, acqua e succo di rafano (a sinistra) e curry danese (in basso)









A margine del merluzzo, anche dell'aglio selvatico condito con burro affumicato e lievito arrostito. Sapore intenso









Ossa di merluzzo alla fine dell'assaggio









Snack interlocutorio di guancia di merluzzo su un velo sottile di alga con fiori di wasabi islandese, condito con una pasta di finferli preservati ed erbe









Pickled vegetables and arctic herbs. Unico piatto di verdure del menu, guida il passaggio dalle pietanze salate a quelle dolci. Timo artico, germogli di pino mugo, fiori di finocchietto selvatico, fiore di campanella blu, cotti in un brodo di alga. Da giugno ad agosto 2018 il menu del Noma sarà 100% vegetariano









Tempo di preparazione: mezzora! Una pietanza che mette a dura prova chi l'esegue









Riappare in tavola la cozza, il simbolo di sempre









Ma questa volta è un dessert in forma di piccolo sandwich. Pear and roasted kelp ice cream: pera, bilberry (mirtillo nero) e alga kelp arrostita

Cloudberries and pine cones. Un dessert che prolunga la saga dei deliziosi dolci/non dolci di Redzepi: cloudberry (letteralmente "bacche nuvola", traducibili con more di rovo camemoro), pigne preservate nello zucchero dalla primavera precedente e poi cotte nello sciroppo, neve yogurt (firmato dall'italiana Jessica Natali) e lumachina di mare realizzata col sorbetto delle cloudberry

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"









Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni









Squid in seaweed butter. Calamaro danese ("che qui quasi non considerano", spiega l'italiano) appena scottato in olio fermentato di koji, arrotolato, condito con burro d'alga e servito su bastoncini di ribes nero che allargano il suo bagaglio aromatico. Un boccone formidabile e scenografico









Il piatto successivo è contenuto in un simpatico contenitore in cera d’api. Sono palloncini gonfiati e intinti più volte nella cera d’api in fogli. «Abbiamo passato settimane a costruirle. Ne abbiamo fatte a migliaia». Sono usa e getta...
 









Sea snail and roses. Una terrina calda di cera con lumache di mare, petali di rosa messi sottaceto e resi croccanti con un sale di alga. La raccomandazione: "Per mangiarlo, tenete tra le mani la cera d'api"









Sea snail. Un altro piccolo boccone ricavato dalla parte superiore della lumaca di mare, scaldata leggeremente nell'acqua e servita su una riduzione di timo limone









Lo stuzzicadenti marino di lumaca di mare, intarsiato la prima volta dallo stesso Redzepi









Head of the cod, la testa del merluzzo (a destra), il vero main course del Noma









È un’altra preparazione piuttosto laboriosa. «Occorre mezzora solo per smontare la testa del merluzzo. Leviamo la pelle e il collagene e sezioniamo mandibole, lingua, guancia e la parte posteriore. Poi sciacquiamo in sale, spezie, koji e cuociamo allo yakitori con glassa di funghi e brodo di finocchi speziati»









Il merluzzo si può guarnire a piacere con pasta di formiche (in alto a destra), emulsione leggeremente piccante di olio di koji, acqua e succo di rafano (a sinistra) e curry danese (in basso)









A margine del merluzzo, anche dell'aglio selvatico condito con burro affumicato e lievito arrostito. Sapore intenso









Ossa di merluzzo alla fine dell'assaggio









Snack interlocutorio di guancia di merluzzo su un velo sottile di alga con fiori di wasabi islandese, condito con una pasta di finferli preservati ed erbe









Pickled vegetables and arctic herbs. Unico piatto di verdure del menu, guida il passaggio dalle pietanze salate a quelle dolci. Timo artico, germogli di pino mugo, fiori di finocchietto selvatico, fiore di campanella blu, cotti in un brodo di alga. Da giugno ad agosto 2018 il menu del Noma sarà 100% vegetariano









Tempo di preparazione: mezzora! Una pietanza che mette a dura prova chi l'esegue









Riappare in tavola la cozza, il simbolo di sempre









Ma questa volta è un dessert in forma di piccolo sandwich. Pear and roasted kelp ice cream: pera, bilberry (mirtillo nero) e alga kelp arrostita









Cloudberries and pine cones. Un dessert che prolunga la saga dei deliziosi dolci/non dolci di Redzepi: cloudberry (letteralmente "bacche nuvola", traducibili con more di rovo camemoro), pigne preservate nello zucchero dalla primavera precedente e poi cotte nello sciroppo, neve yogurt (firmato dall'italiana Jessica Natali) e lumachina di mare realizzata col sorbetto delle cloudberry

Caffè filtrato, ottenuto da semi kenyoti rubati e coltivati in Honduras da un ragazzo norvegese. Ce lo racconta Francesca Niro, sommelier italiana. «In Danimarca», spiega, «il caffè non è un atto conclusivo»

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"









Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni









Squid in seaweed butter. Calamaro danese ("che qui quasi non considerano", spiega l'italiano) appena scottato in olio fermentato di koji, arrotolato, condito con burro d'alga e servito su bastoncini di ribes nero che allargano il suo bagaglio aromatico. Un boccone formidabile e scenografico









Il piatto successivo è contenuto in un simpatico contenitore in cera d’api. Sono palloncini gonfiati e intinti più volte nella cera d’api in fogli. «Abbiamo passato settimane a costruirle. Ne abbiamo fatte a migliaia». Sono usa e getta...
 









Sea snail and roses. Una terrina calda di cera con lumache di mare, petali di rosa messi sottaceto e resi croccanti con un sale di alga. La raccomandazione: "Per mangiarlo, tenete tra le mani la cera d'api"









Sea snail. Un altro piccolo boccone ricavato dalla parte superiore della lumaca di mare, scaldata leggeremente nell'acqua e servita su una riduzione di timo limone









Lo stuzzicadenti marino di lumaca di mare, intarsiato la prima volta dallo stesso Redzepi









Head of the cod, la testa del merluzzo (a destra), il vero main course del Noma









È un’altra preparazione piuttosto laboriosa. «Occorre mezzora solo per smontare la testa del merluzzo. Leviamo la pelle e il collagene e sezioniamo mandibole, lingua, guancia e la parte posteriore. Poi sciacquiamo in sale, spezie, koji e cuociamo allo yakitori con glassa di funghi e brodo di finocchi speziati»









Il merluzzo si può guarnire a piacere con pasta di formiche (in alto a destra), emulsione leggeremente piccante di olio di koji, acqua e succo di rafano (a sinistra) e curry danese (in basso)









A margine del merluzzo, anche dell'aglio selvatico condito con burro affumicato e lievito arrostito. Sapore intenso









Ossa di merluzzo alla fine dell'assaggio









Snack interlocutorio di guancia di merluzzo su un velo sottile di alga con fiori di wasabi islandese, condito con una pasta di finferli preservati ed erbe









Pickled vegetables and arctic herbs. Unico piatto di verdure del menu, guida il passaggio dalle pietanze salate a quelle dolci. Timo artico, germogli di pino mugo, fiori di finocchietto selvatico, fiore di campanella blu, cotti in un brodo di alga. Da giugno ad agosto 2018 il menu del Noma sarà 100% vegetariano









Tempo di preparazione: mezzora! Una pietanza che mette a dura prova chi l'esegue









Riappare in tavola la cozza, il simbolo di sempre









Ma questa volta è un dessert in forma di piccolo sandwich. Pear and roasted kelp ice cream: pera, bilberry (mirtillo nero) e alga kelp arrostita









Cloudberries and pine cones. Un dessert che prolunga la saga dei deliziosi dolci/non dolci di Redzepi: cloudberry (letteralmente "bacche nuvola", traducibili con more di rovo camemoro), pigne preservate nello zucchero dalla primavera precedente e poi cotte nello sciroppo, neve yogurt (firmato dall'italiana Jessica Natali) e lumachina di mare realizzata col sorbetto delle cloudberry









Caffè filtrato, ottenuto da semi kenyoti rubati e coltivati in Honduras da un ragazzo norvegese. Ce lo racconta Francesca Niro, sommelier italiana. «In Danimarca», spiega, «il caffè non è un atto conclusivo»

Sugar kelp tart. Tartelletta di alga kelp con pralinato di pino (sul modello di quello di mandorle, autore Canella), panna e crisp di ostrica

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"









Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni









Squid in seaweed butter. Calamaro danese ("che qui quasi non considerano", spiega l'italiano) appena scottato in olio fermentato di koji, arrotolato, condito con burro d'alga e servito su bastoncini di ribes nero che allargano il suo bagaglio aromatico. Un boccone formidabile e scenografico









Il piatto successivo è contenuto in un simpatico contenitore in cera d’api. Sono palloncini gonfiati e intinti più volte nella cera d’api in fogli. «Abbiamo passato settimane a costruirle. Ne abbiamo fatte a migliaia». Sono usa e getta...
 









Sea snail and roses. Una terrina calda di cera con lumache di mare, petali di rosa messi sottaceto e resi croccanti con un sale di alga. La raccomandazione: "Per mangiarlo, tenete tra le mani la cera d'api"









Sea snail. Un altro piccolo boccone ricavato dalla parte superiore della lumaca di mare, scaldata leggeremente nell'acqua e servita su una riduzione di timo limone









Lo stuzzicadenti marino di lumaca di mare, intarsiato la prima volta dallo stesso Redzepi









Head of the cod, la testa del merluzzo (a destra), il vero main course del Noma









È un’altra preparazione piuttosto laboriosa. «Occorre mezzora solo per smontare la testa del merluzzo. Leviamo la pelle e il collagene e sezioniamo mandibole, lingua, guancia e la parte posteriore. Poi sciacquiamo in sale, spezie, koji e cuociamo allo yakitori con glassa di funghi e brodo di finocchi speziati»









Il merluzzo si può guarnire a piacere con pasta di formiche (in alto a destra), emulsione leggeremente piccante di olio di koji, acqua e succo di rafano (a sinistra) e curry danese (in basso)









A margine del merluzzo, anche dell'aglio selvatico condito con burro affumicato e lievito arrostito. Sapore intenso









Ossa di merluzzo alla fine dell'assaggio









Snack interlocutorio di guancia di merluzzo su un velo sottile di alga con fiori di wasabi islandese, condito con una pasta di finferli preservati ed erbe









Pickled vegetables and arctic herbs. Unico piatto di verdure del menu, guida il passaggio dalle pietanze salate a quelle dolci. Timo artico, germogli di pino mugo, fiori di finocchietto selvatico, fiore di campanella blu, cotti in un brodo di alga. Da giugno ad agosto 2018 il menu del Noma sarà 100% vegetariano









Tempo di preparazione: mezzora! Una pietanza che mette a dura prova chi l'esegue









Riappare in tavola la cozza, il simbolo di sempre









Ma questa volta è un dessert in forma di piccolo sandwich. Pear and roasted kelp ice cream: pera, bilberry (mirtillo nero) e alga kelp arrostita









Cloudberries and pine cones. Un dessert che prolunga la saga dei deliziosi dolci/non dolci di Redzepi: cloudberry (letteralmente "bacche nuvola", traducibili con more di rovo camemoro), pigne preservate nello zucchero dalla primavera precedente e poi cotte nello sciroppo, neve yogurt (firmato dall'italiana Jessica Natali) e lumachina di mare realizzata col sorbetto delle cloudberry









Caffè filtrato, ottenuto da semi kenyoti rubati e coltivati in Honduras da un ragazzo norvegese. Ce lo racconta Francesca Niro, sommelier italiana. «In Danimarca», spiega, «il caffè non è un atto conclusivo»









Sugar kelp tart. Tartelletta di alga kelp con pralinato di pino (sul modello di quello di mandorle, autore Canella), panna e crisp di ostrica

Jessica Natali, marchigiana, 23 anni, punto fermo del Noma da 4 stagioni

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"









Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni









Squid in seaweed butter. Calamaro danese ("che qui quasi non considerano", spiega l'italiano) appena scottato in olio fermentato di koji, arrotolato, condito con burro d'alga e servito su bastoncini di ribes nero che allargano il suo bagaglio aromatico. Un boccone formidabile e scenografico









Il piatto successivo è contenuto in un simpatico contenitore in cera d’api. Sono palloncini gonfiati e intinti più volte nella cera d’api in fogli. «Abbiamo passato settimane a costruirle. Ne abbiamo fatte a migliaia». Sono usa e getta...
 









Sea snail and roses. Una terrina calda di cera con lumache di mare, petali di rosa messi sottaceto e resi croccanti con un sale di alga. La raccomandazione: "Per mangiarlo, tenete tra le mani la cera d'api"









Sea snail. Un altro piccolo boccone ricavato dalla parte superiore della lumaca di mare, scaldata leggeremente nell'acqua e servita su una riduzione di timo limone









Lo stuzzicadenti marino di lumaca di mare, intarsiato la prima volta dallo stesso Redzepi









Head of the cod, la testa del merluzzo (a destra), il vero main course del Noma









È un’altra preparazione piuttosto laboriosa. «Occorre mezzora solo per smontare la testa del merluzzo. Leviamo la pelle e il collagene e sezioniamo mandibole, lingua, guancia e la parte posteriore. Poi sciacquiamo in sale, spezie, koji e cuociamo allo yakitori con glassa di funghi e brodo di finocchi speziati»









Il merluzzo si può guarnire a piacere con pasta di formiche (in alto a destra), emulsione leggeremente piccante di olio di koji, acqua e succo di rafano (a sinistra) e curry danese (in basso)









A margine del merluzzo, anche dell'aglio selvatico condito con burro affumicato e lievito arrostito. Sapore intenso









Ossa di merluzzo alla fine dell'assaggio









Snack interlocutorio di guancia di merluzzo su un velo sottile di alga con fiori di wasabi islandese, condito con una pasta di finferli preservati ed erbe









Pickled vegetables and arctic herbs. Unico piatto di verdure del menu, guida il passaggio dalle pietanze salate a quelle dolci. Timo artico, germogli di pino mugo, fiori di finocchietto selvatico, fiore di campanella blu, cotti in un brodo di alga. Da giugno ad agosto 2018 il menu del Noma sarà 100% vegetariano









Tempo di preparazione: mezzora! Una pietanza che mette a dura prova chi l'esegue









Riappare in tavola la cozza, il simbolo di sempre









Ma questa volta è un dessert in forma di piccolo sandwich. Pear and roasted kelp ice cream: pera, bilberry (mirtillo nero) e alga kelp arrostita









Cloudberries and pine cones. Un dessert che prolunga la saga dei deliziosi dolci/non dolci di Redzepi: cloudberry (letteralmente "bacche nuvola", traducibili con more di rovo camemoro), pigne preservate nello zucchero dalla primavera precedente e poi cotte nello sciroppo, neve yogurt (firmato dall'italiana Jessica Natali) e lumachina di mare realizzata col sorbetto delle cloudberry









Caffè filtrato, ottenuto da semi kenyoti rubati e coltivati in Honduras da un ragazzo norvegese. Ce lo racconta Francesca Niro, sommelier italiana. «In Danimarca», spiega, «il caffè non è un atto conclusivo»









Sugar kelp tart. Tartelletta di alga kelp con pralinato di pino (sul modello di quello di mandorle, autore Canella), panna e crisp di ostrica









Jessica Natali, marchigiana, 23 anni, punto fermo del Noma da 4 stagioni

Natali introduce l'ultimo piatto, Plankton cake, tortino a base di plankton

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"









Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni









Squid in seaweed butter. Calamaro danese ("che qui quasi non considerano", spiega l'italiano) appena scottato in olio fermentato di koji, arrotolato, condito con burro d'alga e servito su bastoncini di ribes nero che allargano il suo bagaglio aromatico. Un boccone formidabile e scenografico









Il piatto successivo è contenuto in un simpatico contenitore in cera d’api. Sono palloncini gonfiati e intinti più volte nella cera d’api in fogli. «Abbiamo passato settimane a costruirle. Ne abbiamo fatte a migliaia». Sono usa e getta...
 









Sea snail and roses. Una terrina calda di cera con lumache di mare, petali di rosa messi sottaceto e resi croccanti con un sale di alga. La raccomandazione: "Per mangiarlo, tenete tra le mani la cera d'api"









Sea snail. Un altro piccolo boccone ricavato dalla parte superiore della lumaca di mare, scaldata leggeremente nell'acqua e servita su una riduzione di timo limone









Lo stuzzicadenti marino di lumaca di mare, intarsiato la prima volta dallo stesso Redzepi









Head of the cod, la testa del merluzzo (a destra), il vero main course del Noma









È un’altra preparazione piuttosto laboriosa. «Occorre mezzora solo per smontare la testa del merluzzo. Leviamo la pelle e il collagene e sezioniamo mandibole, lingua, guancia e la parte posteriore. Poi sciacquiamo in sale, spezie, koji e cuociamo allo yakitori con glassa di funghi e brodo di finocchi speziati»









Il merluzzo si può guarnire a piacere con pasta di formiche (in alto a destra), emulsione leggeremente piccante di olio di koji, acqua e succo di rafano (a sinistra) e curry danese (in basso)









A margine del merluzzo, anche dell'aglio selvatico condito con burro affumicato e lievito arrostito. Sapore intenso









Ossa di merluzzo alla fine dell'assaggio









Snack interlocutorio di guancia di merluzzo su un velo sottile di alga con fiori di wasabi islandese, condito con una pasta di finferli preservati ed erbe









Pickled vegetables and arctic herbs. Unico piatto di verdure del menu, guida il passaggio dalle pietanze salate a quelle dolci. Timo artico, germogli di pino mugo, fiori di finocchietto selvatico, fiore di campanella blu, cotti in un brodo di alga. Da giugno ad agosto 2018 il menu del Noma sarà 100% vegetariano









Tempo di preparazione: mezzora! Una pietanza che mette a dura prova chi l'esegue









Riappare in tavola la cozza, il simbolo di sempre









Ma questa volta è un dessert in forma di piccolo sandwich. Pear and roasted kelp ice cream: pera, bilberry (mirtillo nero) e alga kelp arrostita









Cloudberries and pine cones. Un dessert che prolunga la saga dei deliziosi dolci/non dolci di Redzepi: cloudberry (letteralmente "bacche nuvola", traducibili con more di rovo camemoro), pigne preservate nello zucchero dalla primavera precedente e poi cotte nello sciroppo, neve yogurt (firmato dall'italiana Jessica Natali) e lumachina di mare realizzata col sorbetto delle cloudberry









Caffè filtrato, ottenuto da semi kenyoti rubati e coltivati in Honduras da un ragazzo norvegese. Ce lo racconta Francesca Niro, sommelier italiana. «In Danimarca», spiega, «il caffè non è un atto conclusivo»









Sugar kelp tart. Tartelletta di alga kelp con pralinato di pino (sul modello di quello di mandorle, autore Canella), panna e crisp di ostrica









Jessica Natali, marchigiana, 23 anni, punto fermo del Noma da 4 stagioni









Natali introduce l'ultimo piatto, Plankton cake, tortino a base di plankton

E' un omaggio di Redzepi al cuoco andaluso Angel Leon, lo chef che ha trasportato gli abissi marini sulle tavole dell'alta cucina. Una nota curiosa di fine pasto: non è mai apparso il pane, storico punto forte del Noma. "Questo menu non ne ha bisogno", ha spiegato Redzepi

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"









Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni









Squid in seaweed butter. Calamaro danese ("che qui quasi non considerano", spiega l'italiano) appena scottato in olio fermentato di koji, arrotolato, condito con burro d'alga e servito su bastoncini di ribes nero che allargano il suo bagaglio aromatico. Un boccone formidabile e scenografico









Il piatto successivo è contenuto in un simpatico contenitore in cera d’api. Sono palloncini gonfiati e intinti più volte nella cera d’api in fogli. «Abbiamo passato settimane a costruirle. Ne abbiamo fatte a migliaia». Sono usa e getta...
 









Sea snail and roses. Una terrina calda di cera con lumache di mare, petali di rosa messi sottaceto e resi croccanti con un sale di alga. La raccomandazione: "Per mangiarlo, tenete tra le mani la cera d'api"









Sea snail. Un altro piccolo boccone ricavato dalla parte superiore della lumaca di mare, scaldata leggeremente nell'acqua e servita su una riduzione di timo limone









Lo stuzzicadenti marino di lumaca di mare, intarsiato la prima volta dallo stesso Redzepi









Head of the cod, la testa del merluzzo (a destra), il vero main course del Noma









È un’altra preparazione piuttosto laboriosa. «Occorre mezzora solo per smontare la testa del merluzzo. Leviamo la pelle e il collagene e sezioniamo mandibole, lingua, guancia e la parte posteriore. Poi sciacquiamo in sale, spezie, koji e cuociamo allo yakitori con glassa di funghi e brodo di finocchi speziati»









Il merluzzo si può guarnire a piacere con pasta di formiche (in alto a destra), emulsione leggeremente piccante di olio di koji, acqua e succo di rafano (a sinistra) e curry danese (in basso)









A margine del merluzzo, anche dell'aglio selvatico condito con burro affumicato e lievito arrostito. Sapore intenso









Ossa di merluzzo alla fine dell'assaggio









Snack interlocutorio di guancia di merluzzo su un velo sottile di alga con fiori di wasabi islandese, condito con una pasta di finferli preservati ed erbe









Pickled vegetables and arctic herbs. Unico piatto di verdure del menu, guida il passaggio dalle pietanze salate a quelle dolci. Timo artico, germogli di pino mugo, fiori di finocchietto selvatico, fiore di campanella blu, cotti in un brodo di alga. Da giugno ad agosto 2018 il menu del Noma sarà 100% vegetariano









Tempo di preparazione: mezzora! Una pietanza che mette a dura prova chi l'esegue









Riappare in tavola la cozza, il simbolo di sempre









Ma questa volta è un dessert in forma di piccolo sandwich. Pear and roasted kelp ice cream: pera, bilberry (mirtillo nero) e alga kelp arrostita









Cloudberries and pine cones. Un dessert che prolunga la saga dei deliziosi dolci/non dolci di Redzepi: cloudberry (letteralmente "bacche nuvola", traducibili con more di rovo camemoro), pigne preservate nello zucchero dalla primavera precedente e poi cotte nello sciroppo, neve yogurt (firmato dall'italiana Jessica Natali) e lumachina di mare realizzata col sorbetto delle cloudberry









Caffè filtrato, ottenuto da semi kenyoti rubati e coltivati in Honduras da un ragazzo norvegese. Ce lo racconta Francesca Niro, sommelier italiana. «In Danimarca», spiega, «il caffè non è un atto conclusivo»









Sugar kelp tart. Tartelletta di alga kelp con pralinato di pino (sul modello di quello di mandorle, autore Canella), panna e crisp di ostrica









Jessica Natali, marchigiana, 23 anni, punto fermo del Noma da 4 stagioni









Natali introduce l'ultimo piatto, Plankton cake, tortino a base di plankton









E' un omaggio di Redzepi al cuoco andaluso Angel Leon, lo chef che ha trasportato gli abissi marini sulle tavole dell'alta cucina. Una nota curiosa di fine pasto: non è mai apparso il pane, storico punto forte del Noma. "Questo menu non ne ha bisogno", ha spiegato Redzepi

Con Canella andiamo alla scoperta del lunghissimo corridoio che parte dalla sezione opposa della sala, appena dopo l'ingresso

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"









Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni









Squid in seaweed butter. Calamaro danese ("che qui quasi non considerano", spiega l'italiano) appena scottato in olio fermentato di koji, arrotolato, condito con burro d'alga e servito su bastoncini di ribes nero che allargano il suo bagaglio aromatico. Un boccone formidabile e scenografico









Il piatto successivo è contenuto in un simpatico contenitore in cera d’api. Sono palloncini gonfiati e intinti più volte nella cera d’api in fogli. «Abbiamo passato settimane a costruirle. Ne abbiamo fatte a migliaia». Sono usa e getta...
 









Sea snail and roses. Una terrina calda di cera con lumache di mare, petali di rosa messi sottaceto e resi croccanti con un sale di alga. La raccomandazione: "Per mangiarlo, tenete tra le mani la cera d'api"









Sea snail. Un altro piccolo boccone ricavato dalla parte superiore della lumaca di mare, scaldata leggeremente nell'acqua e servita su una riduzione di timo limone









Lo stuzzicadenti marino di lumaca di mare, intarsiato la prima volta dallo stesso Redzepi









Head of the cod, la testa del merluzzo (a destra), il vero main course del Noma









È un’altra preparazione piuttosto laboriosa. «Occorre mezzora solo per smontare la testa del merluzzo. Leviamo la pelle e il collagene e sezioniamo mandibole, lingua, guancia e la parte posteriore. Poi sciacquiamo in sale, spezie, koji e cuociamo allo yakitori con glassa di funghi e brodo di finocchi speziati»









Il merluzzo si può guarnire a piacere con pasta di formiche (in alto a destra), emulsione leggeremente piccante di olio di koji, acqua e succo di rafano (a sinistra) e curry danese (in basso)









A margine del merluzzo, anche dell'aglio selvatico condito con burro affumicato e lievito arrostito. Sapore intenso









Ossa di merluzzo alla fine dell'assaggio









Snack interlocutorio di guancia di merluzzo su un velo sottile di alga con fiori di wasabi islandese, condito con una pasta di finferli preservati ed erbe









Pickled vegetables and arctic herbs. Unico piatto di verdure del menu, guida il passaggio dalle pietanze salate a quelle dolci. Timo artico, germogli di pino mugo, fiori di finocchietto selvatico, fiore di campanella blu, cotti in un brodo di alga. Da giugno ad agosto 2018 il menu del Noma sarà 100% vegetariano









Tempo di preparazione: mezzora! Una pietanza che mette a dura prova chi l'esegue









Riappare in tavola la cozza, il simbolo di sempre









Ma questa volta è un dessert in forma di piccolo sandwich. Pear and roasted kelp ice cream: pera, bilberry (mirtillo nero) e alga kelp arrostita









Cloudberries and pine cones. Un dessert che prolunga la saga dei deliziosi dolci/non dolci di Redzepi: cloudberry (letteralmente "bacche nuvola", traducibili con more di rovo camemoro), pigne preservate nello zucchero dalla primavera precedente e poi cotte nello sciroppo, neve yogurt (firmato dall'italiana Jessica Natali) e lumachina di mare realizzata col sorbetto delle cloudberry









Caffè filtrato, ottenuto da semi kenyoti rubati e coltivati in Honduras da un ragazzo norvegese. Ce lo racconta Francesca Niro, sommelier italiana. «In Danimarca», spiega, «il caffè non è un atto conclusivo»









Sugar kelp tart. Tartelletta di alga kelp con pralinato di pino (sul modello di quello di mandorle, autore Canella), panna e crisp di ostrica









Jessica Natali, marchigiana, 23 anni, punto fermo del Noma da 4 stagioni









Natali introduce l'ultimo piatto, Plankton cake, tortino a base di plankton









E' un omaggio di Redzepi al cuoco andaluso Angel Leon, lo chef che ha trasportato gli abissi marini sulle tavole dell'alta cucina. Una nota curiosa di fine pasto: non è mai apparso il pane, storico punto forte del Noma. "Questo menu non ne ha bisogno", ha spiegato Redzepi









Con Canella andiamo alla scoperta del lunghissimo corridoio che parte dalla sezione opposa della sala, appena dopo l'ingresso

E' l'equivalente razionalizzato e allargato del primo piano del Noma delle origini. Decine di ragazzi intenti a fare le pre-preparazioni

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"









Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni









Squid in seaweed butter. Calamaro danese ("che qui quasi non considerano", spiega l'italiano) appena scottato in olio fermentato di koji, arrotolato, condito con burro d'alga e servito su bastoncini di ribes nero che allargano il suo bagaglio aromatico. Un boccone formidabile e scenografico









Il piatto successivo è contenuto in un simpatico contenitore in cera d’api. Sono palloncini gonfiati e intinti più volte nella cera d’api in fogli. «Abbiamo passato settimane a costruirle. Ne abbiamo fatte a migliaia». Sono usa e getta...
 









Sea snail and roses. Una terrina calda di cera con lumache di mare, petali di rosa messi sottaceto e resi croccanti con un sale di alga. La raccomandazione: "Per mangiarlo, tenete tra le mani la cera d'api"









Sea snail. Un altro piccolo boccone ricavato dalla parte superiore della lumaca di mare, scaldata leggeremente nell'acqua e servita su una riduzione di timo limone









Lo stuzzicadenti marino di lumaca di mare, intarsiato la prima volta dallo stesso Redzepi









Head of the cod, la testa del merluzzo (a destra), il vero main course del Noma









È un’altra preparazione piuttosto laboriosa. «Occorre mezzora solo per smontare la testa del merluzzo. Leviamo la pelle e il collagene e sezioniamo mandibole, lingua, guancia e la parte posteriore. Poi sciacquiamo in sale, spezie, koji e cuociamo allo yakitori con glassa di funghi e brodo di finocchi speziati»









Il merluzzo si può guarnire a piacere con pasta di formiche (in alto a destra), emulsione leggeremente piccante di olio di koji, acqua e succo di rafano (a sinistra) e curry danese (in basso)









A margine del merluzzo, anche dell'aglio selvatico condito con burro affumicato e lievito arrostito. Sapore intenso









Ossa di merluzzo alla fine dell'assaggio









Snack interlocutorio di guancia di merluzzo su un velo sottile di alga con fiori di wasabi islandese, condito con una pasta di finferli preservati ed erbe









Pickled vegetables and arctic herbs. Unico piatto di verdure del menu, guida il passaggio dalle pietanze salate a quelle dolci. Timo artico, germogli di pino mugo, fiori di finocchietto selvatico, fiore di campanella blu, cotti in un brodo di alga. Da giugno ad agosto 2018 il menu del Noma sarà 100% vegetariano









Tempo di preparazione: mezzora! Una pietanza che mette a dura prova chi l'esegue









Riappare in tavola la cozza, il simbolo di sempre









Ma questa volta è un dessert in forma di piccolo sandwich. Pear and roasted kelp ice cream: pera, bilberry (mirtillo nero) e alga kelp arrostita









Cloudberries and pine cones. Un dessert che prolunga la saga dei deliziosi dolci/non dolci di Redzepi: cloudberry (letteralmente "bacche nuvola", traducibili con more di rovo camemoro), pigne preservate nello zucchero dalla primavera precedente e poi cotte nello sciroppo, neve yogurt (firmato dall'italiana Jessica Natali) e lumachina di mare realizzata col sorbetto delle cloudberry









Caffè filtrato, ottenuto da semi kenyoti rubati e coltivati in Honduras da un ragazzo norvegese. Ce lo racconta Francesca Niro, sommelier italiana. «In Danimarca», spiega, «il caffè non è un atto conclusivo»









Sugar kelp tart. Tartelletta di alga kelp con pralinato di pino (sul modello di quello di mandorle, autore Canella), panna e crisp di ostrica









Jessica Natali, marchigiana, 23 anni, punto fermo del Noma da 4 stagioni









Natali introduce l'ultimo piatto, Plankton cake, tortino a base di plankton









E' un omaggio di Redzepi al cuoco andaluso Angel Leon, lo chef che ha trasportato gli abissi marini sulle tavole dell'alta cucina. Una nota curiosa di fine pasto: non è mai apparso il pane, storico punto forte del Noma. "Questo menu non ne ha bisogno", ha spiegato Redzepi









Con Canella andiamo alla scoperta del lunghissimo corridoio che parte dalla sezione opposa della sala, appena dopo l'ingresso









E' l'equivalente razionalizzato e allargato del primo piano del Noma delle origini. Decine di ragazzi intenti a fare le pre-preparazioni

Canella con Ali Sonko, il celebre lavapiatti gambiano del Noma, diventato socio

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"









Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni









Squid in seaweed butter. Calamaro danese ("che qui quasi non considerano", spiega l'italiano) appena scottato in olio fermentato di koji, arrotolato, condito con burro d'alga e servito su bastoncini di ribes nero che allargano il suo bagaglio aromatico. Un boccone formidabile e scenografico









Il piatto successivo è contenuto in un simpatico contenitore in cera d’api. Sono palloncini gonfiati e intinti più volte nella cera d’api in fogli. «Abbiamo passato settimane a costruirle. Ne abbiamo fatte a migliaia». Sono usa e getta...
 









Sea snail and roses. Una terrina calda di cera con lumache di mare, petali di rosa messi sottaceto e resi croccanti con un sale di alga. La raccomandazione: "Per mangiarlo, tenete tra le mani la cera d'api"









Sea snail. Un altro piccolo boccone ricavato dalla parte superiore della lumaca di mare, scaldata leggeremente nell'acqua e servita su una riduzione di timo limone









Lo stuzzicadenti marino di lumaca di mare, intarsiato la prima volta dallo stesso Redzepi









Head of the cod, la testa del merluzzo (a destra), il vero main course del Noma









È un’altra preparazione piuttosto laboriosa. «Occorre mezzora solo per smontare la testa del merluzzo. Leviamo la pelle e il collagene e sezioniamo mandibole, lingua, guancia e la parte posteriore. Poi sciacquiamo in sale, spezie, koji e cuociamo allo yakitori con glassa di funghi e brodo di finocchi speziati»









Il merluzzo si può guarnire a piacere con pasta di formiche (in alto a destra), emulsione leggeremente piccante di olio di koji, acqua e succo di rafano (a sinistra) e curry danese (in basso)









A margine del merluzzo, anche dell'aglio selvatico condito con burro affumicato e lievito arrostito. Sapore intenso









Ossa di merluzzo alla fine dell'assaggio









Snack interlocutorio di guancia di merluzzo su un velo sottile di alga con fiori di wasabi islandese, condito con una pasta di finferli preservati ed erbe









Pickled vegetables and arctic herbs. Unico piatto di verdure del menu, guida il passaggio dalle pietanze salate a quelle dolci. Timo artico, germogli di pino mugo, fiori di finocchietto selvatico, fiore di campanella blu, cotti in un brodo di alga. Da giugno ad agosto 2018 il menu del Noma sarà 100% vegetariano









Tempo di preparazione: mezzora! Una pietanza che mette a dura prova chi l'esegue









Riappare in tavola la cozza, il simbolo di sempre









Ma questa volta è un dessert in forma di piccolo sandwich. Pear and roasted kelp ice cream: pera, bilberry (mirtillo nero) e alga kelp arrostita









Cloudberries and pine cones. Un dessert che prolunga la saga dei deliziosi dolci/non dolci di Redzepi: cloudberry (letteralmente "bacche nuvola", traducibili con more di rovo camemoro), pigne preservate nello zucchero dalla primavera precedente e poi cotte nello sciroppo, neve yogurt (firmato dall'italiana Jessica Natali) e lumachina di mare realizzata col sorbetto delle cloudberry









Caffè filtrato, ottenuto da semi kenyoti rubati e coltivati in Honduras da un ragazzo norvegese. Ce lo racconta Francesca Niro, sommelier italiana. «In Danimarca», spiega, «il caffè non è un atto conclusivo»









Sugar kelp tart. Tartelletta di alga kelp con pralinato di pino (sul modello di quello di mandorle, autore Canella), panna e crisp di ostrica









Jessica Natali, marchigiana, 23 anni, punto fermo del Noma da 4 stagioni









Natali introduce l'ultimo piatto, Plankton cake, tortino a base di plankton









E' un omaggio di Redzepi al cuoco andaluso Angel Leon, lo chef che ha trasportato gli abissi marini sulle tavole dell'alta cucina. Una nota curiosa di fine pasto: non è mai apparso il pane, storico punto forte del Noma. "Questo menu non ne ha bisogno", ha spiegato Redzepi









Con Canella andiamo alla scoperta del lunghissimo corridoio che parte dalla sezione opposa della sala, appena dopo l'ingresso









E' l'equivalente razionalizzato e allargato del primo piano del Noma delle origini. Decine di ragazzi intenti a fare le pre-preparazioni









Canella con Ali Sonko, il celebre lavapiatti gambiano del Noma, diventato socio

A lati dell'acquario nuotano le oloturie ed enormi granchi artici

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"









Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni









Squid in seaweed butter. Calamaro danese ("che qui quasi non considerano", spiega l'italiano) appena scottato in olio fermentato di koji, arrotolato, condito con burro d'alga e servito su bastoncini di ribes nero che allargano il suo bagaglio aromatico. Un boccone formidabile e scenografico









Il piatto successivo è contenuto in un simpatico contenitore in cera d’api. Sono palloncini gonfiati e intinti più volte nella cera d’api in fogli. «Abbiamo passato settimane a costruirle. Ne abbiamo fatte a migliaia». Sono usa e getta...
 









Sea snail and roses. Una terrina calda di cera con lumache di mare, petali di rosa messi sottaceto e resi croccanti con un sale di alga. La raccomandazione: "Per mangiarlo, tenete tra le mani la cera d'api"









Sea snail. Un altro piccolo boccone ricavato dalla parte superiore della lumaca di mare, scaldata leggeremente nell'acqua e servita su una riduzione di timo limone









Lo stuzzicadenti marino di lumaca di mare, intarsiato la prima volta dallo stesso Redzepi









Head of the cod, la testa del merluzzo (a destra), il vero main course del Noma









È un’altra preparazione piuttosto laboriosa. «Occorre mezzora solo per smontare la testa del merluzzo. Leviamo la pelle e il collagene e sezioniamo mandibole, lingua, guancia e la parte posteriore. Poi sciacquiamo in sale, spezie, koji e cuociamo allo yakitori con glassa di funghi e brodo di finocchi speziati»









Il merluzzo si può guarnire a piacere con pasta di formiche (in alto a destra), emulsione leggeremente piccante di olio di koji, acqua e succo di rafano (a sinistra) e curry danese (in basso)









A margine del merluzzo, anche dell'aglio selvatico condito con burro affumicato e lievito arrostito. Sapore intenso









Ossa di merluzzo alla fine dell'assaggio









Snack interlocutorio di guancia di merluzzo su un velo sottile di alga con fiori di wasabi islandese, condito con una pasta di finferli preservati ed erbe









Pickled vegetables and arctic herbs. Unico piatto di verdure del menu, guida il passaggio dalle pietanze salate a quelle dolci. Timo artico, germogli di pino mugo, fiori di finocchietto selvatico, fiore di campanella blu, cotti in un brodo di alga. Da giugno ad agosto 2018 il menu del Noma sarà 100% vegetariano









Tempo di preparazione: mezzora! Una pietanza che mette a dura prova chi l'esegue









Riappare in tavola la cozza, il simbolo di sempre









Ma questa volta è un dessert in forma di piccolo sandwich. Pear and roasted kelp ice cream: pera, bilberry (mirtillo nero) e alga kelp arrostita









Cloudberries and pine cones. Un dessert che prolunga la saga dei deliziosi dolci/non dolci di Redzepi: cloudberry (letteralmente "bacche nuvola", traducibili con more di rovo camemoro), pigne preservate nello zucchero dalla primavera precedente e poi cotte nello sciroppo, neve yogurt (firmato dall'italiana Jessica Natali) e lumachina di mare realizzata col sorbetto delle cloudberry









Caffè filtrato, ottenuto da semi kenyoti rubati e coltivati in Honduras da un ragazzo norvegese. Ce lo racconta Francesca Niro, sommelier italiana. «In Danimarca», spiega, «il caffè non è un atto conclusivo»









Sugar kelp tart. Tartelletta di alga kelp con pralinato di pino (sul modello di quello di mandorle, autore Canella), panna e crisp di ostrica









Jessica Natali, marchigiana, 23 anni, punto fermo del Noma da 4 stagioni









Natali introduce l'ultimo piatto, Plankton cake, tortino a base di plankton









E' un omaggio di Redzepi al cuoco andaluso Angel Leon, lo chef che ha trasportato gli abissi marini sulle tavole dell'alta cucina. Una nota curiosa di fine pasto: non è mai apparso il pane, storico punto forte del Noma. "Questo menu non ne ha bisogno", ha spiegato Redzepi









Con Canella andiamo alla scoperta del lunghissimo corridoio che parte dalla sezione opposa della sala, appena dopo l'ingresso









E' l'equivalente razionalizzato e allargato del primo piano del Noma delle origini. Decine di ragazzi intenti a fare le pre-preparazioni









Canella con Ali Sonko, il celebre lavapiatti gambiano del Noma, diventato socio









A lati dell'acquario nuotano le oloturie ed enormi granchi artici
Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"









Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni









Squid in seaweed butter. Calamaro danese ("che qui quasi non considerano", spiega l'italiano) appena scottato in olio fermentato di koji, arrotolato, condito con burro d'alga e servito su bastoncini di ribes nero che allargano il suo bagaglio aromatico. Un boccone formidabile e scenografico









Il piatto successivo è contenuto in un simpatico contenitore in cera d’api. Sono palloncini gonfiati e intinti più volte nella cera d’api in fogli. «Abbiamo passato settimane a costruirle. Ne abbiamo fatte a migliaia». Sono usa e getta...
 









Sea snail and roses. Una terrina calda di cera con lumache di mare, petali di rosa messi sottaceto e resi croccanti con un sale di alga. La raccomandazione: "Per mangiarlo, tenete tra le mani la cera d'api"









Sea snail. Un altro piccolo boccone ricavato dalla parte superiore della lumaca di mare, scaldata leggeremente nell'acqua e servita su una riduzione di timo limone









Lo stuzzicadenti marino di lumaca di mare, intarsiato la prima volta dallo stesso Redzepi









Head of the cod, la testa del merluzzo (a destra), il vero main course del Noma









È un’altra preparazione piuttosto laboriosa. «Occorre mezzora solo per smontare la testa del merluzzo. Leviamo la pelle e il collagene e sezioniamo mandibole, lingua, guancia e la parte posteriore. Poi sciacquiamo in sale, spezie, koji e cuociamo allo yakitori con glassa di funghi e brodo di finocchi speziati»









Il merluzzo si può guarnire a piacere con pasta di formiche (in alto a destra), emulsione leggeremente piccante di olio di koji, acqua e succo di rafano (a sinistra) e curry danese (in basso)









A margine del merluzzo, anche dell'aglio selvatico condito con burro affumicato e lievito arrostito. Sapore intenso









Ossa di merluzzo alla fine dell'assaggio









Snack interlocutorio di guancia di merluzzo su un velo sottile di alga con fiori di wasabi islandese, condito con una pasta di finferli preservati ed erbe









Pickled vegetables and arctic herbs. Unico piatto di verdure del menu, guida il passaggio dalle pietanze salate a quelle dolci. Timo artico, germogli di pino mugo, fiori di finocchietto selvatico, fiore di campanella blu, cotti in un brodo di alga. Da giugno ad agosto 2018 il menu del Noma sarà 100% vegetariano









Tempo di preparazione: mezzora! Una pietanza che mette a dura prova chi l'esegue









Riappare in tavola la cozza, il simbolo di sempre









Ma questa volta è un dessert in forma di piccolo sandwich. Pear and roasted kelp ice cream: pera, bilberry (mirtillo nero) e alga kelp arrostita









Cloudberries and pine cones. Un dessert che prolunga la saga dei deliziosi dolci/non dolci di Redzepi: cloudberry (letteralmente "bacche nuvola", traducibili con more di rovo camemoro), pigne preservate nello zucchero dalla primavera precedente e poi cotte nello sciroppo, neve yogurt (firmato dall'italiana Jessica Natali) e lumachina di mare realizzata col sorbetto delle cloudberry









Caffè filtrato, ottenuto da semi kenyoti rubati e coltivati in Honduras da un ragazzo norvegese. Ce lo racconta Francesca Niro, sommelier italiana. «In Danimarca», spiega, «il caffè non è un atto conclusivo»









Sugar kelp tart. Tartelletta di alga kelp con pralinato di pino (sul modello di quello di mandorle, autore Canella), panna e crisp di ostrica









Jessica Natali, marchigiana, 23 anni, punto fermo del Noma da 4 stagioni









Natali introduce l'ultimo piatto, Plankton cake, tortino a base di plankton









E' un omaggio di Redzepi al cuoco andaluso Angel Leon, lo chef che ha trasportato gli abissi marini sulle tavole dell'alta cucina. Una nota curiosa di fine pasto: non è mai apparso il pane, storico punto forte del Noma. "Questo menu non ne ha bisogno", ha spiegato Redzepi









Con Canella andiamo alla scoperta del lunghissimo corridoio che parte dalla sezione opposa della sala, appena dopo l'ingresso









E' l'equivalente razionalizzato e allargato del primo piano del Noma delle origini. Decine di ragazzi intenti a fare le pre-preparazioni









Canella con Ali Sonko, il celebre lavapiatti gambiano del Noma, diventato socio









A lati dell'acquario nuotano le oloturie ed enormi granchi artici

Ants on a shrimp, il simbolo del pop-up a Tokyo del Noma

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"









Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni









Squid in seaweed butter. Calamaro danese ("che qui quasi non considerano", spiega l'italiano) appena scottato in olio fermentato di koji, arrotolato, condito con burro d'alga e servito su bastoncini di ribes nero che allargano il suo bagaglio aromatico. Un boccone formidabile e scenografico









Il piatto successivo è contenuto in un simpatico contenitore in cera d’api. Sono palloncini gonfiati e intinti più volte nella cera d’api in fogli. «Abbiamo passato settimane a costruirle. Ne abbiamo fatte a migliaia». Sono usa e getta...
 









Sea snail and roses. Una terrina calda di cera con lumache di mare, petali di rosa messi sottaceto e resi croccanti con un sale di alga. La raccomandazione: "Per mangiarlo, tenete tra le mani la cera d'api"









Sea snail. Un altro piccolo boccone ricavato dalla parte superiore della lumaca di mare, scaldata leggeremente nell'acqua e servita su una riduzione di timo limone









Lo stuzzicadenti marino di lumaca di mare, intarsiato la prima volta dallo stesso Redzepi









Head of the cod, la testa del merluzzo (a destra), il vero main course del Noma









È un’altra preparazione piuttosto laboriosa. «Occorre mezzora solo per smontare la testa del merluzzo. Leviamo la pelle e il collagene e sezioniamo mandibole, lingua, guancia e la parte posteriore. Poi sciacquiamo in sale, spezie, koji e cuociamo allo yakitori con glassa di funghi e brodo di finocchi speziati»









Il merluzzo si può guarnire a piacere con pasta di formiche (in alto a destra), emulsione leggeremente piccante di olio di koji, acqua e succo di rafano (a sinistra) e curry danese (in basso)









A margine del merluzzo, anche dell'aglio selvatico condito con burro affumicato e lievito arrostito. Sapore intenso









Ossa di merluzzo alla fine dell'assaggio









Snack interlocutorio di guancia di merluzzo su un velo sottile di alga con fiori di wasabi islandese, condito con una pasta di finferli preservati ed erbe









Pickled vegetables and arctic herbs. Unico piatto di verdure del menu, guida il passaggio dalle pietanze salate a quelle dolci. Timo artico, germogli di pino mugo, fiori di finocchietto selvatico, fiore di campanella blu, cotti in un brodo di alga. Da giugno ad agosto 2018 il menu del Noma sarà 100% vegetariano









Tempo di preparazione: mezzora! Una pietanza che mette a dura prova chi l'esegue









Riappare in tavola la cozza, il simbolo di sempre









Ma questa volta è un dessert in forma di piccolo sandwich. Pear and roasted kelp ice cream: pera, bilberry (mirtillo nero) e alga kelp arrostita









Cloudberries and pine cones. Un dessert che prolunga la saga dei deliziosi dolci/non dolci di Redzepi: cloudberry (letteralmente "bacche nuvola", traducibili con more di rovo camemoro), pigne preservate nello zucchero dalla primavera precedente e poi cotte nello sciroppo, neve yogurt (firmato dall'italiana Jessica Natali) e lumachina di mare realizzata col sorbetto delle cloudberry









Caffè filtrato, ottenuto da semi kenyoti rubati e coltivati in Honduras da un ragazzo norvegese. Ce lo racconta Francesca Niro, sommelier italiana. «In Danimarca», spiega, «il caffè non è un atto conclusivo»









Sugar kelp tart. Tartelletta di alga kelp con pralinato di pino (sul modello di quello di mandorle, autore Canella), panna e crisp di ostrica









Jessica Natali, marchigiana, 23 anni, punto fermo del Noma da 4 stagioni









Natali introduce l'ultimo piatto, Plankton cake, tortino a base di plankton









E' un omaggio di Redzepi al cuoco andaluso Angel Leon, lo chef che ha trasportato gli abissi marini sulle tavole dell'alta cucina. Una nota curiosa di fine pasto: non è mai apparso il pane, storico punto forte del Noma. "Questo menu non ne ha bisogno", ha spiegato Redzepi









Con Canella andiamo alla scoperta del lunghissimo corridoio che parte dalla sezione opposa della sala, appena dopo l'ingresso









E' l'equivalente razionalizzato e allargato del primo piano del Noma delle origini. Decine di ragazzi intenti a fare le pre-preparazioni









Canella con Ali Sonko, il celebre lavapiatti gambiano del Noma, diventato socio









A lati dell'acquario nuotano le oloturie ed enormi granchi artici














Ants on a shrimp, il simbolo del pop-up a Tokyo del Noma
Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"









Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni









Squid in seaweed butter. Calamaro danese ("che qui quasi non considerano", spiega l'italiano) appena scottato in olio fermentato di koji, arrotolato, condito con burro d'alga e servito su bastoncini di ribes nero che allargano il suo bagaglio aromatico. Un boccone formidabile e scenografico









Il piatto successivo è contenuto in un simpatico contenitore in cera d’api. Sono palloncini gonfiati e intinti più volte nella cera d’api in fogli. «Abbiamo passato settimane a costruirle. Ne abbiamo fatte a migliaia». Sono usa e getta...
 









Sea snail and roses. Una terrina calda di cera con lumache di mare, petali di rosa messi sottaceto e resi croccanti con un sale di alga. La raccomandazione: "Per mangiarlo, tenete tra le mani la cera d'api"









Sea snail. Un altro piccolo boccone ricavato dalla parte superiore della lumaca di mare, scaldata leggeremente nell'acqua e servita su una riduzione di timo limone









Lo stuzzicadenti marino di lumaca di mare, intarsiato la prima volta dallo stesso Redzepi









Head of the cod, la testa del merluzzo (a destra), il vero main course del Noma









È un’altra preparazione piuttosto laboriosa. «Occorre mezzora solo per smontare la testa del merluzzo. Leviamo la pelle e il collagene e sezioniamo mandibole, lingua, guancia e la parte posteriore. Poi sciacquiamo in sale, spezie, koji e cuociamo allo yakitori con glassa di funghi e brodo di finocchi speziati»









Il merluzzo si può guarnire a piacere con pasta di formiche (in alto a destra), emulsione leggeremente piccante di olio di koji, acqua e succo di rafano (a sinistra) e curry danese (in basso)









A margine del merluzzo, anche dell'aglio selvatico condito con burro affumicato e lievito arrostito. Sapore intenso









Ossa di merluzzo alla fine dell'assaggio









Snack interlocutorio di guancia di merluzzo su un velo sottile di alga con fiori di wasabi islandese, condito con una pasta di finferli preservati ed erbe









Pickled vegetables and arctic herbs. Unico piatto di verdure del menu, guida il passaggio dalle pietanze salate a quelle dolci. Timo artico, germogli di pino mugo, fiori di finocchietto selvatico, fiore di campanella blu, cotti in un brodo di alga. Da giugno ad agosto 2018 il menu del Noma sarà 100% vegetariano









Tempo di preparazione: mezzora! Una pietanza che mette a dura prova chi l'esegue









Riappare in tavola la cozza, il simbolo di sempre









Ma questa volta è un dessert in forma di piccolo sandwich. Pear and roasted kelp ice cream: pera, bilberry (mirtillo nero) e alga kelp arrostita









Cloudberries and pine cones. Un dessert che prolunga la saga dei deliziosi dolci/non dolci di Redzepi: cloudberry (letteralmente "bacche nuvola", traducibili con more di rovo camemoro), pigne preservate nello zucchero dalla primavera precedente e poi cotte nello sciroppo, neve yogurt (firmato dall'italiana Jessica Natali) e lumachina di mare realizzata col sorbetto delle cloudberry









Caffè filtrato, ottenuto da semi kenyoti rubati e coltivati in Honduras da un ragazzo norvegese. Ce lo racconta Francesca Niro, sommelier italiana. «In Danimarca», spiega, «il caffè non è un atto conclusivo»









Sugar kelp tart. Tartelletta di alga kelp con pralinato di pino (sul modello di quello di mandorle, autore Canella), panna e crisp di ostrica









Jessica Natali, marchigiana, 23 anni, punto fermo del Noma da 4 stagioni









Natali introduce l'ultimo piatto, Plankton cake, tortino a base di plankton









E' un omaggio di Redzepi al cuoco andaluso Angel Leon, lo chef che ha trasportato gli abissi marini sulle tavole dell'alta cucina. Una nota curiosa di fine pasto: non è mai apparso il pane, storico punto forte del Noma. "Questo menu non ne ha bisogno", ha spiegato Redzepi









Con Canella andiamo alla scoperta del lunghissimo corridoio che parte dalla sezione opposa della sala, appena dopo l'ingresso









E' l'equivalente razionalizzato e allargato del primo piano del Noma delle origini. Decine di ragazzi intenti a fare le pre-preparazioni









Canella con Ali Sonko, il celebre lavapiatti gambiano del Noma, diventato socio









A lati dell'acquario nuotano le oloturie ed enormi granchi artici














Ants on a shrimp, il simbolo del pop-up a Tokyo del Noma

Tra i nuovi strumenti, anche sonificatore per fare emulsioni, Rotovapor, estrattori di oli essenziali. L'estrazione naturale, tipo profumi, è un'idea che Canella vorrebbe sviluppare in lungo e in largo, sul modello di quello che fa il concittadino Alajmo

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"









Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni









Squid in seaweed butter. Calamaro danese ("che qui quasi non considerano", spiega l'italiano) appena scottato in olio fermentato di koji, arrotolato, condito con burro d'alga e servito su bastoncini di ribes nero che allargano il suo bagaglio aromatico. Un boccone formidabile e scenografico









Il piatto successivo è contenuto in un simpatico contenitore in cera d’api. Sono palloncini gonfiati e intinti più volte nella cera d’api in fogli. «Abbiamo passato settimane a costruirle. Ne abbiamo fatte a migliaia». Sono usa e getta...
 









Sea snail and roses. Una terrina calda di cera con lumache di mare, petali di rosa messi sottaceto e resi croccanti con un sale di alga. La raccomandazione: "Per mangiarlo, tenete tra le mani la cera d'api"









Sea snail. Un altro piccolo boccone ricavato dalla parte superiore della lumaca di mare, scaldata leggeremente nell'acqua e servita su una riduzione di timo limone









Lo stuzzicadenti marino di lumaca di mare, intarsiato la prima volta dallo stesso Redzepi









Head of the cod, la testa del merluzzo (a destra), il vero main course del Noma









È un’altra preparazione piuttosto laboriosa. «Occorre mezzora solo per smontare la testa del merluzzo. Leviamo la pelle e il collagene e sezioniamo mandibole, lingua, guancia e la parte posteriore. Poi sciacquiamo in sale, spezie, koji e cuociamo allo yakitori con glassa di funghi e brodo di finocchi speziati»









Il merluzzo si può guarnire a piacere con pasta di formiche (in alto a destra), emulsione leggeremente piccante di olio di koji, acqua e succo di rafano (a sinistra) e curry danese (in basso)









A margine del merluzzo, anche dell'aglio selvatico condito con burro affumicato e lievito arrostito. Sapore intenso









Ossa di merluzzo alla fine dell'assaggio









Snack interlocutorio di guancia di merluzzo su un velo sottile di alga con fiori di wasabi islandese, condito con una pasta di finferli preservati ed erbe









Pickled vegetables and arctic herbs. Unico piatto di verdure del menu, guida il passaggio dalle pietanze salate a quelle dolci. Timo artico, germogli di pino mugo, fiori di finocchietto selvatico, fiore di campanella blu, cotti in un brodo di alga. Da giugno ad agosto 2018 il menu del Noma sarà 100% vegetariano









Tempo di preparazione: mezzora! Una pietanza che mette a dura prova chi l'esegue









Riappare in tavola la cozza, il simbolo di sempre









Ma questa volta è un dessert in forma di piccolo sandwich. Pear and roasted kelp ice cream: pera, bilberry (mirtillo nero) e alga kelp arrostita









Cloudberries and pine cones. Un dessert che prolunga la saga dei deliziosi dolci/non dolci di Redzepi: cloudberry (letteralmente "bacche nuvola", traducibili con more di rovo camemoro), pigne preservate nello zucchero dalla primavera precedente e poi cotte nello sciroppo, neve yogurt (firmato dall'italiana Jessica Natali) e lumachina di mare realizzata col sorbetto delle cloudberry









Caffè filtrato, ottenuto da semi kenyoti rubati e coltivati in Honduras da un ragazzo norvegese. Ce lo racconta Francesca Niro, sommelier italiana. «In Danimarca», spiega, «il caffè non è un atto conclusivo»









Sugar kelp tart. Tartelletta di alga kelp con pralinato di pino (sul modello di quello di mandorle, autore Canella), panna e crisp di ostrica









Jessica Natali, marchigiana, 23 anni, punto fermo del Noma da 4 stagioni









Natali introduce l'ultimo piatto, Plankton cake, tortino a base di plankton









E' un omaggio di Redzepi al cuoco andaluso Angel Leon, lo chef che ha trasportato gli abissi marini sulle tavole dell'alta cucina. Una nota curiosa di fine pasto: non è mai apparso il pane, storico punto forte del Noma. "Questo menu non ne ha bisogno", ha spiegato Redzepi









Con Canella andiamo alla scoperta del lunghissimo corridoio che parte dalla sezione opposa della sala, appena dopo l'ingresso









E' l'equivalente razionalizzato e allargato del primo piano del Noma delle origini. Decine di ragazzi intenti a fare le pre-preparazioni









Canella con Ali Sonko, il celebre lavapiatti gambiano del Noma, diventato socio









A lati dell'acquario nuotano le oloturie ed enormi granchi artici














Ants on a shrimp, il simbolo del pop-up a Tokyo del Noma














Tra i nuovi strumenti, anche sonificatore per fare emulsioni, Rotovapor, estrattori di oli essenziali. L'estrazione naturale, tipo profumi, è un'idea che Canella vorrebbe sviluppare in lungo e in largo, sul modello di quello che fa il concittadino Alajmo

Collocazioni provvisorie per le erbe spontanee

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"









Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni









Squid in seaweed butter. Calamaro danese ("che qui quasi non considerano", spiega l'italiano) appena scottato in olio fermentato di koji, arrotolato, condito con burro d'alga e servito su bastoncini di ribes nero che allargano il suo bagaglio aromatico. Un boccone formidabile e scenografico









Il piatto successivo è contenuto in un simpatico contenitore in cera d’api. Sono palloncini gonfiati e intinti più volte nella cera d’api in fogli. «Abbiamo passato settimane a costruirle. Ne abbiamo fatte a migliaia». Sono usa e getta...
 









Sea snail and roses. Una terrina calda di cera con lumache di mare, petali di rosa messi sottaceto e resi croccanti con un sale di alga. La raccomandazione: "Per mangiarlo, tenete tra le mani la cera d'api"









Sea snail. Un altro piccolo boccone ricavato dalla parte superiore della lumaca di mare, scaldata leggeremente nell'acqua e servita su una riduzione di timo limone









Lo stuzzicadenti marino di lumaca di mare, intarsiato la prima volta dallo stesso Redzepi









Head of the cod, la testa del merluzzo (a destra), il vero main course del Noma









È un’altra preparazione piuttosto laboriosa. «Occorre mezzora solo per smontare la testa del merluzzo. Leviamo la pelle e il collagene e sezioniamo mandibole, lingua, guancia e la parte posteriore. Poi sciacquiamo in sale, spezie, koji e cuociamo allo yakitori con glassa di funghi e brodo di finocchi speziati»









Il merluzzo si può guarnire a piacere con pasta di formiche (in alto a destra), emulsione leggeremente piccante di olio di koji, acqua e succo di rafano (a sinistra) e curry danese (in basso)









A margine del merluzzo, anche dell'aglio selvatico condito con burro affumicato e lievito arrostito. Sapore intenso









Ossa di merluzzo alla fine dell'assaggio









Snack interlocutorio di guancia di merluzzo su un velo sottile di alga con fiori di wasabi islandese, condito con una pasta di finferli preservati ed erbe









Pickled vegetables and arctic herbs. Unico piatto di verdure del menu, guida il passaggio dalle pietanze salate a quelle dolci. Timo artico, germogli di pino mugo, fiori di finocchietto selvatico, fiore di campanella blu, cotti in un brodo di alga. Da giugno ad agosto 2018 il menu del Noma sarà 100% vegetariano









Tempo di preparazione: mezzora! Una pietanza che mette a dura prova chi l'esegue









Riappare in tavola la cozza, il simbolo di sempre









Ma questa volta è un dessert in forma di piccolo sandwich. Pear and roasted kelp ice cream: pera, bilberry (mirtillo nero) e alga kelp arrostita









Cloudberries and pine cones. Un dessert che prolunga la saga dei deliziosi dolci/non dolci di Redzepi: cloudberry (letteralmente "bacche nuvola", traducibili con more di rovo camemoro), pigne preservate nello zucchero dalla primavera precedente e poi cotte nello sciroppo, neve yogurt (firmato dall'italiana Jessica Natali) e lumachina di mare realizzata col sorbetto delle cloudberry









Caffè filtrato, ottenuto da semi kenyoti rubati e coltivati in Honduras da un ragazzo norvegese. Ce lo racconta Francesca Niro, sommelier italiana. «In Danimarca», spiega, «il caffè non è un atto conclusivo»









Sugar kelp tart. Tartelletta di alga kelp con pralinato di pino (sul modello di quello di mandorle, autore Canella), panna e crisp di ostrica









Jessica Natali, marchigiana, 23 anni, punto fermo del Noma da 4 stagioni









Natali introduce l'ultimo piatto, Plankton cake, tortino a base di plankton









E' un omaggio di Redzepi al cuoco andaluso Angel Leon, lo chef che ha trasportato gli abissi marini sulle tavole dell'alta cucina. Una nota curiosa di fine pasto: non è mai apparso il pane, storico punto forte del Noma. "Questo menu non ne ha bisogno", ha spiegato Redzepi









Con Canella andiamo alla scoperta del lunghissimo corridoio che parte dalla sezione opposa della sala, appena dopo l'ingresso









E' l'equivalente razionalizzato e allargato del primo piano del Noma delle origini. Decine di ragazzi intenti a fare le pre-preparazioni









Canella con Ali Sonko, il celebre lavapiatti gambiano del Noma, diventato socio









A lati dell'acquario nuotano le oloturie ed enormi granchi artici














Ants on a shrimp, il simbolo del pop-up a Tokyo del Noma














Tra i nuovi strumenti, anche sonificatore per fare emulsioni, Rotovapor, estrattori di oli essenziali. L'estrazione naturale, tipo profumi, è un'idea che Canella vorrebbe sviluppare in lungo e in largo, sul modello di quello che fa il concittadino Alajmo









Collocazioni provvisorie per le erbe spontanee

La staff area

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"









Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni









Squid in seaweed butter. Calamaro danese ("che qui quasi non considerano", spiega l'italiano) appena scottato in olio fermentato di koji, arrotolato, condito con burro d'alga e servito su bastoncini di ribes nero che allargano il suo bagaglio aromatico. Un boccone formidabile e scenografico









Il piatto successivo è contenuto in un simpatico contenitore in cera d’api. Sono palloncini gonfiati e intinti più volte nella cera d’api in fogli. «Abbiamo passato settimane a costruirle. Ne abbiamo fatte a migliaia». Sono usa e getta...
 









Sea snail and roses. Una terrina calda di cera con lumache di mare, petali di rosa messi sottaceto e resi croccanti con un sale di alga. La raccomandazione: "Per mangiarlo, tenete tra le mani la cera d'api"









Sea snail. Un altro piccolo boccone ricavato dalla parte superiore della lumaca di mare, scaldata leggeremente nell'acqua e servita su una riduzione di timo limone









Lo stuzzicadenti marino di lumaca di mare, intarsiato la prima volta dallo stesso Redzepi









Head of the cod, la testa del merluzzo (a destra), il vero main course del Noma









È un’altra preparazione piuttosto laboriosa. «Occorre mezzora solo per smontare la testa del merluzzo. Leviamo la pelle e il collagene e sezioniamo mandibole, lingua, guancia e la parte posteriore. Poi sciacquiamo in sale, spezie, koji e cuociamo allo yakitori con glassa di funghi e brodo di finocchi speziati»









Il merluzzo si può guarnire a piacere con pasta di formiche (in alto a destra), emulsione leggeremente piccante di olio di koji, acqua e succo di rafano (a sinistra) e curry danese (in basso)









A margine del merluzzo, anche dell'aglio selvatico condito con burro affumicato e lievito arrostito. Sapore intenso









Ossa di merluzzo alla fine dell'assaggio









Snack interlocutorio di guancia di merluzzo su un velo sottile di alga con fiori di wasabi islandese, condito con una pasta di finferli preservati ed erbe









Pickled vegetables and arctic herbs. Unico piatto di verdure del menu, guida il passaggio dalle pietanze salate a quelle dolci. Timo artico, germogli di pino mugo, fiori di finocchietto selvatico, fiore di campanella blu, cotti in un brodo di alga. Da giugno ad agosto 2018 il menu del Noma sarà 100% vegetariano









Tempo di preparazione: mezzora! Una pietanza che mette a dura prova chi l'esegue









Riappare in tavola la cozza, il simbolo di sempre









Ma questa volta è un dessert in forma di piccolo sandwich. Pear and roasted kelp ice cream: pera, bilberry (mirtillo nero) e alga kelp arrostita









Cloudberries and pine cones. Un dessert che prolunga la saga dei deliziosi dolci/non dolci di Redzepi: cloudberry (letteralmente "bacche nuvola", traducibili con more di rovo camemoro), pigne preservate nello zucchero dalla primavera precedente e poi cotte nello sciroppo, neve yogurt (firmato dall'italiana Jessica Natali) e lumachina di mare realizzata col sorbetto delle cloudberry









Caffè filtrato, ottenuto da semi kenyoti rubati e coltivati in Honduras da un ragazzo norvegese. Ce lo racconta Francesca Niro, sommelier italiana. «In Danimarca», spiega, «il caffè non è un atto conclusivo»









Sugar kelp tart. Tartelletta di alga kelp con pralinato di pino (sul modello di quello di mandorle, autore Canella), panna e crisp di ostrica









Jessica Natali, marchigiana, 23 anni, punto fermo del Noma da 4 stagioni









Natali introduce l'ultimo piatto, Plankton cake, tortino a base di plankton









E' un omaggio di Redzepi al cuoco andaluso Angel Leon, lo chef che ha trasportato gli abissi marini sulle tavole dell'alta cucina. Una nota curiosa di fine pasto: non è mai apparso il pane, storico punto forte del Noma. "Questo menu non ne ha bisogno", ha spiegato Redzepi









Con Canella andiamo alla scoperta del lunghissimo corridoio che parte dalla sezione opposa della sala, appena dopo l'ingresso









E' l'equivalente razionalizzato e allargato del primo piano del Noma delle origini. Decine di ragazzi intenti a fare le pre-preparazioni









Canella con Ali Sonko, il celebre lavapiatti gambiano del Noma, diventato socio









A lati dell'acquario nuotano le oloturie ed enormi granchi artici














Ants on a shrimp, il simbolo del pop-up a Tokyo del Noma














Tra i nuovi strumenti, anche sonificatore per fare emulsioni, Rotovapor, estrattori di oli essenziali. L'estrazione naturale, tipo profumi, è un'idea che Canella vorrebbe sviluppare in lungo e in largo, sul modello di quello che fa il concittadino Alajmo









Collocazioni provvisorie per le erbe spontanee









La staff area

Relax finale nella lounge accanto alla sala del ristorante, molto più ampia e luminosa di prima

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"









Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni









Squid in seaweed butter. Calamaro danese ("che qui quasi non considerano", spiega l'italiano) appena scottato in olio fermentato di koji, arrotolato, condito con burro d'alga e servito su bastoncini di ribes nero che allargano il suo bagaglio aromatico. Un boccone formidabile e scenografico









Il piatto successivo è contenuto in un simpatico contenitore in cera d’api. Sono palloncini gonfiati e intinti più volte nella cera d’api in fogli. «Abbiamo passato settimane a costruirle. Ne abbiamo fatte a migliaia». Sono usa e getta...
 









Sea snail and roses. Una terrina calda di cera con lumache di mare, petali di rosa messi sottaceto e resi croccanti con un sale di alga. La raccomandazione: "Per mangiarlo, tenete tra le mani la cera d'api"









Sea snail. Un altro piccolo boccone ricavato dalla parte superiore della lumaca di mare, scaldata leggeremente nell'acqua e servita su una riduzione di timo limone









Lo stuzzicadenti marino di lumaca di mare, intarsiato la prima volta dallo stesso Redzepi









Head of the cod, la testa del merluzzo (a destra), il vero main course del Noma









È un’altra preparazione piuttosto laboriosa. «Occorre mezzora solo per smontare la testa del merluzzo. Leviamo la pelle e il collagene e sezioniamo mandibole, lingua, guancia e la parte posteriore. Poi sciacquiamo in sale, spezie, koji e cuociamo allo yakitori con glassa di funghi e brodo di finocchi speziati»









Il merluzzo si può guarnire a piacere con pasta di formiche (in alto a destra), emulsione leggeremente piccante di olio di koji, acqua e succo di rafano (a sinistra) e curry danese (in basso)









A margine del merluzzo, anche dell'aglio selvatico condito con burro affumicato e lievito arrostito. Sapore intenso









Ossa di merluzzo alla fine dell'assaggio









Snack interlocutorio di guancia di merluzzo su un velo sottile di alga con fiori di wasabi islandese, condito con una pasta di finferli preservati ed erbe









Pickled vegetables and arctic herbs. Unico piatto di verdure del menu, guida il passaggio dalle pietanze salate a quelle dolci. Timo artico, germogli di pino mugo, fiori di finocchietto selvatico, fiore di campanella blu, cotti in un brodo di alga. Da giugno ad agosto 2018 il menu del Noma sarà 100% vegetariano









Tempo di preparazione: mezzora! Una pietanza che mette a dura prova chi l'esegue









Riappare in tavola la cozza, il simbolo di sempre









Ma questa volta è un dessert in forma di piccolo sandwich. Pear and roasted kelp ice cream: pera, bilberry (mirtillo nero) e alga kelp arrostita









Cloudberries and pine cones. Un dessert che prolunga la saga dei deliziosi dolci/non dolci di Redzepi: cloudberry (letteralmente "bacche nuvola", traducibili con more di rovo camemoro), pigne preservate nello zucchero dalla primavera precedente e poi cotte nello sciroppo, neve yogurt (firmato dall'italiana Jessica Natali) e lumachina di mare realizzata col sorbetto delle cloudberry









Caffè filtrato, ottenuto da semi kenyoti rubati e coltivati in Honduras da un ragazzo norvegese. Ce lo racconta Francesca Niro, sommelier italiana. «In Danimarca», spiega, «il caffè non è un atto conclusivo»









Sugar kelp tart. Tartelletta di alga kelp con pralinato di pino (sul modello di quello di mandorle, autore Canella), panna e crisp di ostrica









Jessica Natali, marchigiana, 23 anni, punto fermo del Noma da 4 stagioni









Natali introduce l'ultimo piatto, Plankton cake, tortino a base di plankton









E' un omaggio di Redzepi al cuoco andaluso Angel Leon, lo chef che ha trasportato gli abissi marini sulle tavole dell'alta cucina. Una nota curiosa di fine pasto: non è mai apparso il pane, storico punto forte del Noma. "Questo menu non ne ha bisogno", ha spiegato Redzepi









Con Canella andiamo alla scoperta del lunghissimo corridoio che parte dalla sezione opposa della sala, appena dopo l'ingresso









E' l'equivalente razionalizzato e allargato del primo piano del Noma delle origini. Decine di ragazzi intenti a fare le pre-preparazioni









Canella con Ali Sonko, il celebre lavapiatti gambiano del Noma, diventato socio









A lati dell'acquario nuotano le oloturie ed enormi granchi artici














Ants on a shrimp, il simbolo del pop-up a Tokyo del Noma














Tra i nuovi strumenti, anche sonificatore per fare emulsioni, Rotovapor, estrattori di oli essenziali. L'estrazione naturale, tipo profumi, è un'idea che Canella vorrebbe sviluppare in lungo e in largo, sul modello di quello che fa il concittadino Alajmo









Collocazioni provvisorie per le erbe spontanee









La staff area









Relax finale nella lounge accanto alla sala del ristorante, molto più ampia e luminosa di prima

Arriva il conto: 3.250 corone (436 euro) in tutto, la somma del menu da 2.250 corone danesi (302 euro), già saldato al momento della prenotazione di 3 mesi fa, 50 corone d'acqua (6,50 euro), 700 di champagne (la metà di 1.400 corone, cioè 190 euro), 175 (23,50) di calice iniziale di champagne e 75 (10 euro) di caffè. Il 10% dei posti sono riservati a studenti in tavolo condiviso: per loro sono previste tariffe da 1.000 corone (134 euro) con menu e winejuice pairing inclusi. Prenotazioni a questo link

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"









Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni









Squid in seaweed butter. Calamaro danese ("che qui quasi non considerano", spiega l'italiano) appena scottato in olio fermentato di koji, arrotolato, condito con burro d'alga e servito su bastoncini di ribes nero che allargano il suo bagaglio aromatico. Un boccone formidabile e scenografico









Il piatto successivo è contenuto in un simpatico contenitore in cera d’api. Sono palloncini gonfiati e intinti più volte nella cera d’api in fogli. «Abbiamo passato settimane a costruirle. Ne abbiamo fatte a migliaia». Sono usa e getta...
 









Sea snail and roses. Una terrina calda di cera con lumache di mare, petali di rosa messi sottaceto e resi croccanti con un sale di alga. La raccomandazione: "Per mangiarlo, tenete tra le mani la cera d'api"









Sea snail. Un altro piccolo boccone ricavato dalla parte superiore della lumaca di mare, scaldata leggeremente nell'acqua e servita su una riduzione di timo limone









Lo stuzzicadenti marino di lumaca di mare, intarsiato la prima volta dallo stesso Redzepi









Head of the cod, la testa del merluzzo (a destra), il vero main course del Noma









È un’altra preparazione piuttosto laboriosa. «Occorre mezzora solo per smontare la testa del merluzzo. Leviamo la pelle e il collagene e sezioniamo mandibole, lingua, guancia e la parte posteriore. Poi sciacquiamo in sale, spezie, koji e cuociamo allo yakitori con glassa di funghi e brodo di finocchi speziati»









Il merluzzo si può guarnire a piacere con pasta di formiche (in alto a destra), emulsione leggeremente piccante di olio di koji, acqua e succo di rafano (a sinistra) e curry danese (in basso)









A margine del merluzzo, anche dell'aglio selvatico condito con burro affumicato e lievito arrostito. Sapore intenso









Ossa di merluzzo alla fine dell'assaggio









Snack interlocutorio di guancia di merluzzo su un velo sottile di alga con fiori di wasabi islandese, condito con una pasta di finferli preservati ed erbe









Pickled vegetables and arctic herbs. Unico piatto di verdure del menu, guida il passaggio dalle pietanze salate a quelle dolci. Timo artico, germogli di pino mugo, fiori di finocchietto selvatico, fiore di campanella blu, cotti in un brodo di alga. Da giugno ad agosto 2018 il menu del Noma sarà 100% vegetariano









Tempo di preparazione: mezzora! Una pietanza che mette a dura prova chi l'esegue









Riappare in tavola la cozza, il simbolo di sempre









Ma questa volta è un dessert in forma di piccolo sandwich. Pear and roasted kelp ice cream: pera, bilberry (mirtillo nero) e alga kelp arrostita









Cloudberries and pine cones. Un dessert che prolunga la saga dei deliziosi dolci/non dolci di Redzepi: cloudberry (letteralmente "bacche nuvola", traducibili con more di rovo camemoro), pigne preservate nello zucchero dalla primavera precedente e poi cotte nello sciroppo, neve yogurt (firmato dall'italiana Jessica Natali) e lumachina di mare realizzata col sorbetto delle cloudberry









Caffè filtrato, ottenuto da semi kenyoti rubati e coltivati in Honduras da un ragazzo norvegese. Ce lo racconta Francesca Niro, sommelier italiana. «In Danimarca», spiega, «il caffè non è un atto conclusivo»









Sugar kelp tart. Tartelletta di alga kelp con pralinato di pino (sul modello di quello di mandorle, autore Canella), panna e crisp di ostrica









Jessica Natali, marchigiana, 23 anni, punto fermo del Noma da 4 stagioni









Natali introduce l'ultimo piatto, Plankton cake, tortino a base di plankton









E' un omaggio di Redzepi al cuoco andaluso Angel Leon, lo chef che ha trasportato gli abissi marini sulle tavole dell'alta cucina. Una nota curiosa di fine pasto: non è mai apparso il pane, storico punto forte del Noma. "Questo menu non ne ha bisogno", ha spiegato Redzepi









Con Canella andiamo alla scoperta del lunghissimo corridoio che parte dalla sezione opposa della sala, appena dopo l'ingresso









E' l'equivalente razionalizzato e allargato del primo piano del Noma delle origini. Decine di ragazzi intenti a fare le pre-preparazioni









Canella con Ali Sonko, il celebre lavapiatti gambiano del Noma, diventato socio









A lati dell'acquario nuotano le oloturie ed enormi granchi artici














Ants on a shrimp, il simbolo del pop-up a Tokyo del Noma














Tra i nuovi strumenti, anche sonificatore per fare emulsioni, Rotovapor, estrattori di oli essenziali. L'estrazione naturale, tipo profumi, è un'idea che Canella vorrebbe sviluppare in lungo e in largo, sul modello di quello che fa il concittadino Alajmo









Collocazioni provvisorie per le erbe spontanee









La staff area









Relax finale nella lounge accanto alla sala del ristorante, molto più ampia e luminosa di prima









Arriva il conto: 3.250 corone (436 euro) in tutto, la somma del menu da 2.250 corone danesi (302 euro), già saldato al momento della prenotazione di 3 mesi fa, 50 corone d'acqua (6,50 euro), 700 di champagne (la metà di 1.400 corone, cioè 190 euro), 175 (23,50) di calice iniziale di champagne e 75 (10 euro) di caffè. Il 10% dei posti sono riservati a studenti in tavolo condiviso: per loro sono previste tariffe da 1.000 corone (134 euro) con menu e wine o juice pairing inclusi. Prenotazioni a questo link

E il vecchio Noma? Al suo posto ha aperto Barr, classici tradizionali di cucina danese da accoppiare a birre artigianali e acquaviti

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"









Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni









Squid in seaweed butter. Calamaro danese ("che qui quasi non considerano", spiega l'italiano) appena scottato in olio fermentato di koji, arrotolato, condito con burro d'alga e servito su bastoncini di ribes nero che allargano il suo bagaglio aromatico. Un boccone formidabile e scenografico









Il piatto successivo è contenuto in un simpatico contenitore in cera d’api. Sono palloncini gonfiati e intinti più volte nella cera d’api in fogli. «Abbiamo passato settimane a costruirle. Ne abbiamo fatte a migliaia». Sono usa e getta...
 









Sea snail and roses. Una terrina calda di cera con lumache di mare, petali di rosa messi sottaceto e resi croccanti con un sale di alga. La raccomandazione: "Per mangiarlo, tenete tra le mani la cera d'api"









Sea snail. Un altro piccolo boccone ricavato dalla parte superiore della lumaca di mare, scaldata leggeremente nell'acqua e servita su una riduzione di timo limone









Lo stuzzicadenti marino di lumaca di mare, intarsiato la prima volta dallo stesso Redzepi









Head of the cod, la testa del merluzzo (a destra), il vero main course del Noma









È un’altra preparazione piuttosto laboriosa. «Occorre mezzora solo per smontare la testa del merluzzo. Leviamo la pelle e il collagene e sezioniamo mandibole, lingua, guancia e la parte posteriore. Poi sciacquiamo in sale, spezie, koji e cuociamo allo yakitori con glassa di funghi e brodo di finocchi speziati»









Il merluzzo si può guarnire a piacere con pasta di formiche (in alto a destra), emulsione leggeremente piccante di olio di koji, acqua e succo di rafano (a sinistra) e curry danese (in basso)









A margine del merluzzo, anche dell'aglio selvatico condito con burro affumicato e lievito arrostito. Sapore intenso









Ossa di merluzzo alla fine dell'assaggio









Snack interlocutorio di guancia di merluzzo su un velo sottile di alga con fiori di wasabi islandese, condito con una pasta di finferli preservati ed erbe









Pickled vegetables and arctic herbs. Unico piatto di verdure del menu, guida il passaggio dalle pietanze salate a quelle dolci. Timo artico, germogli di pino mugo, fiori di finocchietto selvatico, fiore di campanella blu, cotti in un brodo di alga. Da giugno ad agosto 2018 il menu del Noma sarà 100% vegetariano









Tempo di preparazione: mezzora! Una pietanza che mette a dura prova chi l'esegue









Riappare in tavola la cozza, il simbolo di sempre









Ma questa volta è un dessert in forma di piccolo sandwich. Pear and roasted kelp ice cream: pera, bilberry (mirtillo nero) e alga kelp arrostita









Cloudberries and pine cones. Un dessert che prolunga la saga dei deliziosi dolci/non dolci di Redzepi: cloudberry (letteralmente "bacche nuvola", traducibili con more di rovo camemoro), pigne preservate nello zucchero dalla primavera precedente e poi cotte nello sciroppo, neve yogurt (firmato dall'italiana Jessica Natali) e lumachina di mare realizzata col sorbetto delle cloudberry









Caffè filtrato, ottenuto da semi kenyoti rubati e coltivati in Honduras da un ragazzo norvegese. Ce lo racconta Francesca Niro, sommelier italiana. «In Danimarca», spiega, «il caffè non è un atto conclusivo»









Sugar kelp tart. Tartelletta di alga kelp con pralinato di pino (sul modello di quello di mandorle, autore Canella), panna e crisp di ostrica









Jessica Natali, marchigiana, 23 anni, punto fermo del Noma da 4 stagioni









Natali introduce l'ultimo piatto, Plankton cake, tortino a base di plankton









E' un omaggio di Redzepi al cuoco andaluso Angel Leon, lo chef che ha trasportato gli abissi marini sulle tavole dell'alta cucina. Una nota curiosa di fine pasto: non è mai apparso il pane, storico punto forte del Noma. "Questo menu non ne ha bisogno", ha spiegato Redzepi









Con Canella andiamo alla scoperta del lunghissimo corridoio che parte dalla sezione opposa della sala, appena dopo l'ingresso









E' l'equivalente razionalizzato e allargato del primo piano del Noma delle origini. Decine di ragazzi intenti a fare le pre-preparazioni









Canella con Ali Sonko, il celebre lavapiatti gambiano del Noma, diventato socio









A lati dell'acquario nuotano le oloturie ed enormi granchi artici














Ants on a shrimp, il simbolo del pop-up a Tokyo del Noma














Tra i nuovi strumenti, anche sonificatore per fare emulsioni, Rotovapor, estrattori di oli essenziali. L'estrazione naturale, tipo profumi, è un'idea che Canella vorrebbe sviluppare in lungo e in largo, sul modello di quello che fa il concittadino Alajmo









Collocazioni provvisorie per le erbe spontanee









La staff area









Relax finale nella lounge accanto alla sala del ristorante, molto più ampia e luminosa di prima









Arriva il conto: 3.250 corone (436 euro) in tutto, la somma del menu da 2.250 corone danesi (302 euro), già saldato al momento della prenotazione di 3 mesi fa, 50 corone d'acqua (6,50 euro), 700 di champagne (la metà di 1.400 corone, cioè 190 euro), 175 (23,50) di calice iniziale di champagne e 75 (10 euro) di caffè. Il 10% dei posti sono riservati a studenti in tavolo condiviso: per loro sono previste tariffe da 1.000 corone (134 euro) con menu e wine o juice pairing inclusi. Prenotazioni a questo link









E il vecchio Noma? Al suo posto ha aperto Barr, classici tradizionali di cucina danese da accoppiare a birre artigianali e acquaviti

Il vecchio ingresso del Noma, con l'insegna di Barr

Galleria fotografica






Il Noma 2.0 è a Christianshavn, lo stesso quartiere del primo Noma. Vecchio e nuovo sono divisi da 1,5 km, un quarto d'ora a piedi. Questo scatto fotografa la distanza: a destra c'è il magazzino della vecchia sede (indirizzo Strandgade 93), a sinistra le ciminiere dell'avveniristico inceneritore Amager Bakke, sotto cui sorge il nuovo Noma (indirizzo Refshalevej 96)









Se il tempo lo consente, la passeggiata tra Noma before e Noma today si fa in uno scenario molto tranquillo









Il nuovo Noma sorge su un istmo circondato dai canali. In previsione c'è anche l'idea di bonificare delle piccole parti per sviluppare coltivazioni idroponiche









Contesto bucolico con inceneritore









La bici accatastate fuori dal Noma. E' il mezzo preferito di quasi tutti i dipendenti e stagisti









Il lungo sentiero di avvicinamento al ristorante. La palizzata a sinistra attesta lo stato di lavori in corso









Ai due lati del sentiero, ci sono le nuove sezioni del "villaggio Noma", ognuna con le sue specialità: griglia, sezione calda, snack, fermentazioni... Dietro alle palizzate di sinistra tra un mese spunteranno i locali delle serre, il test kitchen e la panificazione









A sinistra, prima di accedere al ristorante, il locale che ospiterà il Test Kitchen. Alla guida troveremo la danese Mette Søberg con Riccardo Canella. "La mia prima sfida?", rivela il padovano, da tempo sous chef dell'insegna "Lavorare sull'estrazione degli oli essenziali" 









Il prossimo Test Kitchen, visione frontale









La passarella provvisoria che conduce al ristorante vero e proprio









Spalle alla porta del ristorante, c'è un laghetto e le ciminiere che sbuffano vapore dall'inceneritore Amager Bakke. E' un progetto a dir poco avveniristico, da un punto di vista sostenibile e architettonico. Anche noto come Amager Slope o Copenhill, è opera dell'archistar Bjarke Ingels, lo stesso progettista del nuovo Noma. Aperto per gradi nel corso del 2017, è un termovalorizzatore che trasforma la spazzatura in energia elettrica. L'obiettivo è donare corrente a 62.500 abitazioni e acqua calda a 160mila nuclei. Rientra nel piano ambizioso di fare di Copenaghen la prima città al mondo a emissioni zero di anidride carbonica entro il 2025. Entro l'autunno di quest'anno l'Amager Slope dovrebbe inaugurare anche la pista da sci, il muro d'arrampicata e il tracciato d'escursionismo. Si farà slalom sull'inceneritore









Le vetrate della sala









Lavori ancora in corso (scatto di giovedì 22 febbraio 2018)









Tracce del vecchio insediamento, con filo spinato. Negli anni della Seconda guerra mondiale, qui sopra si fabbricavano bombe









Visione notturna della sala del ristorante (foto Instagram/James Spreadbury)









L'ingresso del ristorante









Il rituale di sempre: l'accoglienza dello staff al completo, Rene Redzepi in testa









Dietro all'ingresso, contenitori di creature degli abissi in formaldeide, sul modello delle opere di Damien Hirst. La prima immagine una volta entrati vorrebbe riprodurre il presepe del villaggio scandinavo









Rispetto a prima, la cucina di servizio è più grande, spaziosa e completamente aperta sulla sala: "E' il centro del nostro villaggio scandinavo", spiega Canella. Oggi ci lavorano 30 cuochi, 10 in più rispetto alla cucina del primo Noma









Grandi lucernari sopra alle teste dei cuochi









Al momento lavorano al Noma più di 100 persone, di cui 63 cuochi, 26 assunti e 37 stagisti









In cucina compare per la prima volta il fuoco









La sala ospiterebbe una media di 40 coperti. "Ma", lamenta Redzepi, "c'è sempre qualcuno che si presenta con qualche persona in più rispetto alla prenotazione"









Se la sala ha un assetto definito, gli spazi esterni devono ancora trovare un assetto









Le decorazioni in sala sono state fatte tutte dai ragazzi dello staff, niente oggetti di design firmati e iper-costosi









Pesci essiccati









Alghe pendenti dal soffitto









Teste di polpo seccate sotto sale (con palloncino dentro)














Nel piano architettonico di Bjarke Ingels e Redzepi c'era il desiderio di riprodurre una fattoria danese









La luminosa private dining room, il salone per aziende o tavolate numerose









Il bancone d'appoggio della sala. Le travi sono state pescate nei canali attorno al ristorante














La mise en place, scarna e rigorosamente senza tovaglie









Brocca d'acqua, candela, vaso di fiori









Panno caldo per cominciare









James Spreadbury, australiano, restaurant manager e socio del Noma









Calice di benvenuto: champagne extra brut Blanc d'Argile di Domaine Vouette et Sorbée









Sea Snail broth. Il piatto di benvenuto del Noma è da sempre una "zuppa" calda. Tradizione rispettata con questo delizioso brodo di lumache di mare, orlato in cima da piccoli pickles (sottaceto e sottosale) della stagione scorsa: timo, “capperi” di aglio orsino, fiori di sambuco, fiori di prezzemolo









Stefano Ferrano, torinese, ci introduce al piatto successivo. E' sempre folta la colonia di italiani del Noma









Venus clams. Molluschi di Limfjord (Danimarca) da mangiare confusi tra conchiglie decorative, un registro tipico del Noma. Accanto compaiono anche conchiglie con olio di legno di ribes nero (blackcurrant, la nota più ricorrente di tutto il menu) e “danish curry”, ottenuto da semi di coriandolo tostati, finocchio e semi di finocchietto









E’ il coperchio del piatto successivo, cozze non commestibili









Best of the mussel. Cozze aperte in padella con acqua di orzo fermentato. «Ricreiamo la cozza», spiega Canella, «utilizzando solo i lembi del mollusco, la parte migliore». La pasta è fatta dagli avanzi della cozza, cotti nel burro affumicato









Il piatto successivo è concepito e servito proprio da Riccardo Canella, il sous chef padovano che ha conquistato Redzepi, qui nella foto con Feline Hansen, apprendista di sala









Dried fruits and shrimps. Questa volta le teste sul coperchio non sono decorative ma da succhiare (meglio non mangiare anche le teste, un poco spinose): sono ripiene di una deliziosa crema di gamberi. I piccoli crostacei arrivano vivi in nave direttamente dai fiordi norvegesi









All'interno, sotto la pelle di brodo di gambero, frutta e verdura preservata dall'estate precedente (mirabelle, prugne, pomodori, fragole verdi...) con gamberi crudi e salsa di uvaspina con olio di ribes nero









E il beverage? Le possibilità sono 3, come sempre: wine pairing (6 calici più una birra più un sake, 150 euro), juice pairing (succhi ed estratti, 110 euro) o scelta alla carta. Ci suggeriscono lo champagne Chut... Libre di Val'Frison pour Dominique Derain, un 50% pinot nero, 50% chardonnay concepito da una coppia che si conobbe ai tavoli del vecchio Noma. Di struttura importante, supporterà bene tutta la durata il pasto









La carta dei vini si apre con gli champagne: 1.400 corone il più economico (190 euro)









I bianchi si aprono con referenze figlie di climi freddi: in primis Austria, regione in ascesa rampante sul fronte dei vini naturali, poi Germania, poi tutte le altre









E l'Italia? Poche referenze tra i bianchi, divisi tra nord e sud









E una decina di etichette sul fronte rossi/orange









Sea star, stella marina, ovvero Cured trout roe and eggs, il primo piatto simbolo del nuovo corso. Uova di trota marinate nel katsuobushi su un gel di uovo marinato. La raccomandazione è quella di passare il cucchiaino dal cuore alle periferie dei tentacoli. Un piatto più scenografico che delizioso









Jellyfish. Il gel di medusa al centro è in realtà brodo di calamaro chiarificato, che ricorda la consistenza di medusa. "Abbiamo provato a cucinare la medusa in 300 modi ma non ci ha convinto ancora nessuno". Tutt'attorno, alghe pickled. Il gel è quasi insapore, serve a pulire il palato dopo i pickled









E’ Rene Redzepi a illustrare il contenuto del primo Seafood platter.









Servizio alla francese, con piattino sotto per appoggiare i gusci vuoti









Si compone di due (per due) pezzi: queen clam e mahogany clam









Queen Clam è una varietà molto piccola di capasanta norvegese, condita con una riduzione vegetale fatta con cetriolo e acqua di piso (miso di piselli). La punta rossa in cima è corallo. "Da mangiare con il guscio superiore", raccomanda Redzepi
 









Mahogany clam, vongola centenaria del mare del Nord, molto diffusa in Danimarca e in Islanda. «L’età si intuisce dal numero di anelli, alla maniera degli alberi», spiega Redzepi, «Nel 2007 trovarono un esemplare di 450 anni. La teniamo in carta da una decina di anni». Il cucchiaino per assaggiare è un guscio di cannolicchio









L'interno della Mahogany non è naturalmente una nuda Mahogany. «Aperta quando arriva il cliente», spiega Canella, «è pulita dalle interiora e poi semplicemente affettata, in modo da mantenere un morso tenace». E' condita poi con uvaspina salata, capperi di ribes nero e foglie di germogli di ribes nero sottaceto. La salsa è ricavata da un'acqua di cozze









Una nota sulle sedie: hanno un taglio più minimal, non sono più foderate di pelle di pecora o altri animali danesi, alla maniera del Noma 1.0. Ma l'aspetto più importante è legato al tovagliolo: se ti alzi per andare in bagno, al ritorno non ne trovi uno nuovo pulito e piegato; c'è sempre quello di prima, agganciato da un laccio alla spalla della sedia. "Si chiama sostenibilità", spiegano









Arriva un secondo seafood platter. E' composto da: Oloturia e panna acida in diverse consistenze, anche tipo «chicharrones» (ore 9), sea urchin , ricci di mare (ore 12 e 3) e gigas oyster, ostrica gigante (ore 6)









Ricci di mare pressati con panna fresca e semi di zucca









Giga Oyster, un'enorme ostrica del Pacifico, cotta rapidamente al vapore e guarnita con pickles. Il Noma ne ha prenotate solo mille. In carta fino a esaurimento scorte









La pietanza successiva, fuori carta, è ancora firmata da Canella: horse mussel ragout, "ragù" di cozze cavalline, esemplari rari che arrivano al Noma nell'ordine di 30 a settimana









La cozza è trattata alla maniera di un rognone, in una sorta di ragù alla bolognese. Ma qui ci sono prugne, finferli, funghi affumicati, coriandolo, riduzione di finocchio, zenzero, briciole di pane. Zenzero? "Sì, ci siamo permessi di introdurlo, come tante altre spezie, dopo la parentesi messicana"









Un altro italiano ci introduce al piatto, Edoardo Fiaschi da Prato, al Noma da 3 anni









Squid in seaweed butter. Calamaro danese ("che qui quasi non considerano", spiega l'italiano) appena scottato in olio fermentato di koji, arrotolato, condito con burro d'alga e servito su bastoncini di ribes nero che allargano il suo bagaglio aromatico. Un boccone formidabile e scenografico









Il piatto successivo è contenuto in un simpatico contenitore in cera d’api. Sono palloncini gonfiati e intinti più volte nella cera d’api in fogli. «Abbiamo passato settimane a costruirle. Ne abbiamo fatte a migliaia». Sono usa e getta...
 









Sea snail and roses. Una terrina calda di cera con lumache di mare, petali di rosa messi sottaceto e resi croccanti con un sale di alga. La raccomandazione: "Per mangiarlo, tenete tra le mani la cera d'api"









Sea snail. Un altro piccolo boccone ricavato dalla parte superiore della lumaca di mare, scaldata leggeremente nell'acqua e servita su una riduzione di timo limone









Lo stuzzicadenti marino di lumaca di mare, intarsiato la prima volta dallo stesso Redzepi









Head of the cod, la testa del merluzzo (a destra), il vero main course del Noma









È un’altra preparazione piuttosto laboriosa. «Occorre mezzora solo per smontare la testa del merluzzo. Leviamo la pelle e il collagene e sezioniamo mandibole, lingua, guancia e la parte posteriore. Poi sciacquiamo in sale, spezie, koji e cuociamo allo yakitori con glassa di funghi e brodo di finocchi speziati»









Il merluzzo si può guarnire a piacere con pasta di formiche (in alto a destra), emulsione leggeremente piccante di olio di koji, acqua e succo di rafano (a sinistra) e curry danese (in basso)









A margine del merluzzo, anche dell'aglio selvatico condito con burro affumicato e lievito arrostito. Sapore intenso









Ossa di merluzzo alla fine dell'assaggio









Snack interlocutorio di guancia di merluzzo su un velo sottile di alga con fiori di wasabi islandese, condito con una pasta di finferli preservati ed erbe









Pickled vegetables and arctic herbs. Unico piatto di verdure del menu, guida il passaggio dalle pietanze salate a quelle dolci. Timo artico, germogli di pino mugo, fiori di finocchietto selvatico, fiore di campanella blu, cotti in un brodo di alga. Da giugno ad agosto 2018 il menu del Noma sarà 100% vegetariano









Tempo di preparazione: mezzora! Una pietanza che mette a dura prova chi l'esegue









Riappare in tavola la cozza, il simbolo di sempre









Ma questa volta è un dessert in forma di piccolo sandwich. Pear and roasted kelp ice cream: pera, bilberry (mirtillo nero) e alga kelp arrostita









Cloudberries and pine cones. Un dessert che prolunga la saga dei deliziosi dolci/non dolci di Redzepi: cloudberry (letteralmente "bacche nuvola", traducibili con more di rovo camemoro), pigne preservate nello zucchero dalla primavera precedente e poi cotte nello sciroppo, neve yogurt (firmato dall'italiana Jessica Natali) e lumachina di mare realizzata col sorbetto delle cloudberry









Caffè filtrato, ottenuto da semi kenyoti rubati e coltivati in Honduras da un ragazzo norvegese. Ce lo racconta Francesca Niro, sommelier italiana. «In Danimarca», spiega, «il caffè non è un atto conclusivo»









Sugar kelp tart. Tartelletta di alga kelp con pralinato di pino (sul modello di quello di mandorle, autore Canella), panna e crisp di ostrica









Jessica Natali, marchigiana, 23 anni, punto fermo del Noma da 4 stagioni









Natali introduce l'ultimo piatto, Plankton cake, tortino a base di plankton









E' un omaggio di Redzepi al cuoco andaluso Angel Leon, lo chef che ha trasportato gli abissi marini sulle tavole dell'alta cucina. Una nota curiosa di fine pasto: non è mai apparso il pane, storico punto forte del Noma. "Questo menu non ne ha bisogno", ha spiegato Redzepi









Con Canella andiamo alla scoperta del lunghissimo corridoio che parte dalla sezione opposa della sala, appena dopo l'ingresso









E' l'equivalente razionalizzato e allargato del primo piano del Noma delle origini. Decine di ragazzi intenti a fare le pre-preparazioni









Canella con Ali Sonko, il celebre lavapiatti gambiano del Noma, diventato socio









A lati dell'acquario nuotano le oloturie ed enormi granchi artici














Ants on a shrimp, il simbolo del pop-up a Tokyo del Noma














Tra i nuovi strumenti, anche sonificatore per fare emulsioni, Rotovapor, estrattori di oli essenziali. L'estrazione naturale, tipo profumi, è un'idea che Canella vorrebbe sviluppare in lungo e in largo, sul modello di quello che fa il concittadino Alajmo









Collocazioni provvisorie per le erbe spontanee









La staff area









Relax finale nella lounge accanto alla sala del ristorante, molto più ampia e luminosa di prima









Arriva il conto: 3.250 corone (436 euro) in tutto, la somma del menu da 2.250 corone danesi (302 euro), già saldato al momento della prenotazione di 3 mesi fa, 50 corone d'acqua (6,50 euro), 700 di champagne (la metà di 1.400 corone, cioè 190 euro), 175 (23,50) di calice iniziale di champagne e 75 (10 euro) di caffè. Il 10% dei posti sono riservati a studenti in tavolo condiviso: per loro sono previste tariffe da 1.000 corone (134 euro) con menu e wine o juice pairing inclusi. Prenotazioni a questo link









E il vecchio Noma? Al suo posto ha aperto Barr, classici tradizionali di cucina danese da accoppiare a birre artigianali e acquaviti









Il vecchio ingresso del Noma, con l'insegna di Barr

Per un piatto che entra in carta al Noma, ce ne sono 10 che non ce la fanno. Scopri quali sull'account Instagram di Rene Redzepi


Zanattamente buono

Il punto di Gabriele Zanatta: insegne, cuochi e ghiotti orientamenti in Italia e nel mondo

a cura di

Gabriele Zanatta

classe 1973, laurea in Filosofia, coordina la Guida ai Ristoranti di Identità Golose e tiene lezioni di storia della gastronomia presso istituti e università. 
instagram @gabrielezanatt

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