12-02-2019

Loretta Fanella vs Isabella Potì, scontro-confronto sulla pasticceria

Abbiamo dato la parola alle due, dopo le polemiche social: ne emergono punti di vista in parte diversi, nella stima reciproca

Il post della discordia, che ha scatenato il dibat

Il post della discordia, che ha scatenato il dibattito su diverse concezioni della pasticceria

"Non ho più parole, se questa la ritenete pasticceria, allora io in tutti questi anni ho buttato via il tempo...". L'ha toccata piano, Loretta Fanella, nel commentare giorni fa su Facebook la ricetta di un dolce firmato Isabella Potì, Panna cotta di pecora e ananas laccato, pubblicata da Reporter Gourmet (leggi qui). Ne è conseguito l'inevitabile codazzo di commenti più o meno illuminati, polemiche varie e anche scempiaggini confinanti col becerume doc, com'è uso deteriore nell'universo social. Tant'è, una prece.

Premessa. Il punto di vista di Identità Golose - quello di base, intendiamo - lo si conosce già. Stimiamo moltissimo Loretta Fanella, "bulliniana storica: tenera fuori, dolce nell’aspetto come nella dimensione golosa che le è propria da sempre, poi lieve e aggraziata; ma strong dentro, determinata e ambiziosa", abbiamo avuto modo di scrivere in passato; e stimiamo moltissimo anche Isabella Potì, "sorridente e dolcissima, anche più dei suoi dessert, che sono invece assai contemporanei, mai troppo zucchero, please. Da non perdere i soufflé, per la Potì sono ormai piatto iconico", tanto per citarci ancora (Woody Allen direbbe: citarsi addosso).

Nello specifico, pensiamo che, bagattelle a parte, lo scontro-confronto assai pepato tra le due professioniste nasconda semplicemente una diversa visione della pasticceria (anzi, meglio: di quel settore specifico che è la pasticceria da ristorazione), una distanza di fondo che le urla dei rispettivi partiti rischiano di oscurare, ma che vale invece la pena evidenziare, perché questo sì è un tema interessante e merita di essere dibattuto. Così abbiamo dato la parola a entrambe, perché (si) spiegassero. Buona lettura.
 

Loretta Fanella

Loretta Fanella


IL PUNTO DI VISTA DI LORETTA FANELLA
(La Fanella da giusto un mese ha aperto il suo Loretta Fanella Pastry Lab a Livorno Stagno, a pochi chilometri dalla città. Lì produce dessert, tiene corsi di pasticceria, crea linee di cioccolata e torte. Il pubblico potrà approfittare delle creazioni della grande pastry chef, grazie alla possibilità di avere prodotti freschi su prenotazione).

«Voglio dire innanzitutto una cosa: sono accusata per il fatto che io, pasticcera, ho giudicato un piatto di un mio collega, e non si dovrebbe fare... Ma chi l’ha detto? A ottobre ero a Parigi ed ho fatto parte, in rappresentanza dell’Italia, di una giuria internazionale chiamata a dare un voto a piatti e ricette di venti pasticceri che venivano da tutto il mondo. Quindi perché un cuoco o un pasticcere non può giudicare un collega? Una critica dev’essere per forza vista come cattiveria, o gelosia? Perché, nel mio caso, non ci sono né l'una né l'altra. Ora, nel merito: concepire un piatto è una cosa seria, a qualsiasi punto del menu sia. Così anche per un dolce, che arriva dopo tante portate salate, e in cui dunque bisogna cercare la leggerezza (pur utilizzando magari burro, panna o cioccolato, che sono ingredienti grassi; o lo zucchero, che è parte integrante del concetto stesso di "dolce"), l'acidità (per equilibrare il gusto), la masticazione (per tornare la stimolare le papille a termine pasto), la parte aromatica e, molto importante, anche quella estetica, io le do grande importanza, in pratica alla pari col sapore, perché si mangia sempre prima con gli occhi. Tutti questi elementi, insieme, richiamano uno studio a monte, una certa esperienza: in definitiva, delle regole. A me sembra che troppo spesso - e in questo caso - si sia andati oltre tali regole. Capita di frequente, in questi ultimi anni».

«Io ho criticato il piatto d'Isabella dopo averne letto la ricetta; è vero, non l'ho assaggiato, ma la pubblicazione della ricetta mi ha consentito di formulare un parare squisitamente tecnico: nessuna critica alla persona, o al ristorante, ci mancherebbe! Ho analizzato dunque la ricetta (non pubblichiamole, se dicono cavolate) e trovo che quella definita "panna cotta di pecora" non sia una panna cotta di pecora, ha solo il 20% di latte di pecora, e "l'ananas laccato" non sia un ananas laccato, semmai bruciato alla brace. Non c'è un biscotto, non c'è un gelato, non c'è una salsa... Va benissimo: potrebbe essere un predessert, nulla da dire. Ma a livello tecnico, vi sono punti sui quali mi sono sentita di esprimere un parere negativo».

«Mi sto concentrando molto sulla mia nuova azienda, il Pastry Lab. Ambiente di 850 mq, grande abbastanza per essere polifunzionale. C'è la parte di formazione, con corsi per professionisti, ma anche a livello amatoriale o per principianti, e poi anche per i bambini, in modo da fare educazione al gusto fin da piccoli. Poi c'è la partnership con alcune aziende, e il privato. Fino a due mesi fa a chi mi chiedeva "dove posso mangiare un tuo dolce" non sapevo cosa rispondere. Ora invece qui c'è la risposta: prepariamo dolci per singoli, o anche per ristoranti e alberghi»

«Mi sto concentrando molto sulla mia nuova azienda, il Pastry Lab. Ambiente di 850 mq, grande abbastanza per essere polifunzionale. C'è la parte di formazione, con corsi per professionisti, ma anche a livello amatoriale o per principianti, e poi anche per i bambini, in modo da fare educazione al gusto fin da piccoli. Poi c'è la partnership con alcune aziende, e il privato. Fino a due mesi fa a chi mi chiedeva "dove posso mangiare un tuo dolce" non sapevo cosa rispondere. Ora invece qui c'è la risposta: prepariamo dolci per singoli, o anche per ristoranti e alberghi»

Sull'estetica in pasticceria ci sarebbe molto da discutere. Prendiamo due pesi massimi, Gianluca Fusto e Corrado Assenza... Nulla è più diverso dalle loro scelte estetiche. «Certo, sono due stili completamente diversi. Il primo è più geometrico, Corrado più libero nell'impiattamento, il che non è di per sé un difetto, trovo tanti suoi piatti sono eccezionali, altri meno. Ma questi sono gusti soggettivi. Io ne faccio una questione tecnica... E poi un'altra, di principio: vedo sempre più una pasticceria da ristorazione che osa persino troppo, senza rimanere fedele a dei principi di base, primo tra i quali è: il dessert deve essere dolce. Poi va bene l'inserimento d'ingredienti che vengono da altri mondi, sono la prima che 15 anni fa ho lavorato sull'avanguardia. Ma non si possono dismettere delle norme di base, è questo il mio richiamo. Dico: tutto ha un limite. Con ciò, auguro a Isabella un futuro di successo - lo stesso che le sta arridendo ora - e poi tanta fortuna. E la esorto a non farsi sfuggire questo momento d'oro, di approfittarne. Io andai a lavorare da Cracco a 21 anni, fu un'opportunità importante. Bisogna essere bravi a non sprecarla».


Isabella Potì

Isabella Potì

IL PUNTO DI VISTA DI ISABELLA POTÌ
(La Potì da poco meno di un mese è diventata head chef del Bros. «Non cambia molto rispetto al mio precedente ruolo di sous chef: ho forse un po' di responsabilità in più e di libertà in più, ma la differenza è minima». Volevano anche eliminare quell'immagine di "pasticcera" a tutto tondo che poteva starle un po' stretta. Floriano Pellegrino è diventato l'executive e sta seguendo un nuovo progetto che uscirà a breve «e che rappresenterà la nostra zona di ricerca massima»).

«In primis, noi facciamo il nostro. La mia pasticceria è la pasticceria di Bros, legata al nostro concetto di cucina, dunque un prolungamento di ciò che proponiamo durante tutto il pasto. Il menu è strutturato alla nostra maniera, è coerente, ha le sue acidità ed è fondato su uno specifico background gustativo, che rimanda al Salento, che è ciò che più ci distingue, è la nostra stessa identità. Noi ci basiamo sulla territorialità, sulle usanze, sulle stagioni; poi rendiamo tutto questo contemporaneo. Ciò riguarda l'intero menu, quindi anche i dolci, da intendersi come "parte dolce del percorso", come cucina dolce nella cucina più generale dei Bros, non come un settore "pasticceria" separato dal resto. Non sono dessert o tecniche fini a loro stessi. Abbiamo uno scopo preciso, che è concludere la degustazione nel modo migliore, con gli adeguati nessi culinari con ciò che si è mangiato due minuti prima».

«Non sono contro la cucina e la pasticceria classica, che mi porto dietro sempre e da sempre. Abbiamo però anche tanti spunti d'innovazione, o dolci classici che si vedono poco nell'alta ristorazione, però magari non il solito soufflé alla vaniglia o al cioccolato, puntiamo a qualcosa di diverso... Le tecniche con le quali li proponiamo sono funzionali al risultato che vogliamo raggiungere. Usiamo l'acidità, l'amaro, il salato, non solo il dolce, e non basiamo tutto sull'estetica o sul tecnicismo. Mettiamola così: se propongo una millefoglie, deve essere fatta come dio comanda. Ma non siamo tenuti a presentare necessariamente una millefoglie. O a ripetere la formula mousse+crumble+sorbetto».

Un dolce nuovo della Potì? Pera, caramello e bergamotto. «È una pie fatta solo di pera, in lamine sovrapposte come fosse una millefoglie a crudo, che viene poi coperta con succo di pera. Usiamo pere diverse a diversi gradi di maturazione: meno morbide per le lamine, che devono conservare la loro masticabilità quasi croccante, mentre il succo ha una leggera acidità ma gusto intenso, quindi con pere un po' più dolci. Compattiamo tutto sotto pressione, tagliamo a fette come fosse una torta, poi glassiamo con una salsa di bergamotto, per la sua acidità e aromaticità particolare, molto sottile, e con salsa di caramello salato. Accanto, una quenelle di gelato di caramello salato, molto cremoso. Quindi la fetta di pera super fresca e acida, insieme al gelato, che riempie il palato»

Un dolce nuovo della Potì? Pera, caramello e bergamotto. «È una pie fatta solo di pera, in lamine sovrapposte come fosse una millefoglie a crudo, che viene poi coperta con succo di pera. Usiamo pere diverse a diversi gradi di maturazione: meno morbide per le lamine, che devono conservare la loro masticabilità quasi croccante, mentre il succo ha una leggera acidità ma gusto intenso, quindi con pere un po' più dolci. Compattiamo tutto sotto pressione, tagliamo a fette come fosse una torta, poi glassiamo con una salsa di bergamotto, per la sua acidità e aromaticità particolare, molto sottile, e con salsa di caramello salato. Accanto, una quenelle di gelato di caramello salato, molto cremoso. Quindi la fetta di pera super fresca e acida, insieme al gelato, che riempie il palato»

E la Panna cotta di pecora e ananas laccato della discordia? «Intanto, è palese come sia un piatto ironico: dato che usiamo latte di pecora, lasciamo sulla panna cotta l'impronta di un muso di pecora. Usiamo il latte di pecora perché è tipico delle nostre zone; è un latte dal gusto molto, molto deciso, dobbiamo stemperarlo altrimenti l'esito sarebbe immangiabile, quindi lo utilizziamo in proporzione, circa al 20%, così otteniamo l'equilibrio che abbiamo studiato. Su utilizzassi 100% di latte di pecora, rovinerei il piatto; anche così, il sentore è netto, la panna cotta si caratterizza per questo, ma al palato risulta armonica. Quindi abbiamo una parte cremosa, dolce, basica, che è questa panna cotta che non passiamo al forno, come vorrebbe la tradizione, scegliamo una via diversa perché non vogliamo un aroma troppo avvolgente, cerchiamo un po' di leggerezza in più, già la pecora è intensa di suo. Non volevamo spingere oltre, ma mantenere una consistenza tenue, quasi impalpabile. Oltrettutto accanto si trova l'ananas in uguale quantità; è acido e dolce al tempo stesso, ma con questa nota affumicata e caramellizzata ottenuta attraverso la lenta cottura ai carboni, che concentra gli aromi, più la laccatura data dall'utilizzo di melassa di melograno - che conferisce questo colore nero all'esterno, non è bruciato! - tipica di molte parti del Mediterraneo a noi vicine e che influenzano la nostra storia. L'ananas rimane più sodo al centro, più morbido all'esterno, dove è come "appassito", ma la laccatura impedisce di perdere i liquidi che in questo modo si concentrano».


Dolcezze

Anticipazioni, personaggi e insegne del lato sweet del pianeta gola

a cura di

Carlo Passera

classe 1974, milanese orgoglioso di esserlo, giornalista professionista dal 1999, ossia un millennio fa, si è a lungo occupato di politica e nel tempo libero di cibo. Ora fa l'opposto ed è assai contento così. Appena può, si butta su viaggi e buona tavola. Coordinatore della redazione di identitagolose.it e curatore della Guida di Identità Golose alle Pizzerie e Cocktail Bar d'autore. Instagram: carlopassera

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