22-11-2022

La cucina di Hélène Darroze al The Connaught Hotel, Londra: un inno alla concretezza

L’essenza tecnica e creativa della chef di origini francesi si combina al talento e orgoglio italiano, Marco Zampese, alla guida della cucina del tristellato londinese

Lo chef Marco Zampese, origini venete, è chef ex

Lo chef Marco Zampese, origini venete, è chef executive del ristorante Hélène Darroze at the Connaught, tre stelle Michelin a Londra. Pur restando focale la filosofia della chef francese, Marco apporta il suo talento e la sua impronta personale nel menu del ristorante. Foto a cura di Gaia Menchicchi

Il concetto di eleganza e lusso a cinque stelle non è lo stesso in tutto il mondo. In una città come Londra, ad esempio, può succedere che all’interno di un hotel dei primi dell’Ottocento, negli spazi di un ristorante tre stelle Michelin, le aree di lavoro e operative del personale siano concepite al pari – se non di più – di quelle riservate al pubblico. Può accadere che al tavolo si pranzi senza tovaglia, con del jazz ritmato di sottofondo e con un servizio particolarmente dinamico, informale e allo stesso tempo distinto. Alcuni lo definiscono professional but friendly e direi che rappresenta una sintesi perfetta di un approccio capace di far sentire ogni tipologia di cliente a proprio agio, in qualsivoglia occasione.

Se questa abilità è così diffusa tra i numerosi italiani trasferitesi all’estero e professionisti dell’hospitality e del food and beverage, questa stessa attitudine, ahimé, non è propria degli italiani in patria, che tendono invece a essere sempre oltremodo formali e a prendersi troppo sul serio. Hélène Darroze at The Connaught è l’esempio perfetto di quello che potremmo definire come un nuovo modello di savoir faire e ospitalità dal respiro internazionale e con una chiara matrice italo-europea. Una buona parte dello staff di sala, a partire dal Maître Mirko Benzo, ha origini italiane e importanti esperienze alle spalle mentre, in cucina, la posizione di Executive Chef è da otto anni nelle mani di Marco Zampese. Con soli trentaquattro anni e due piedi fermamente piantanti nella sua cucina, Marco è uno di quei connazionali di cui andare orgogliosi per la capacità di rappresentare al meglio e il meglio del nostro paese. Un uomo solido, un professionista consapevole con l’attitudine di chi non si sente mai arrivato e accetta di mettersi costantemente in gioco. Braccio destro di Hélène Darroze, leader della sua cucina, mente pensante di tante ricette oggi in carta, Zampese può contare su una squadra affiatata ed efficiente. Ci sono ragazzi provenienti da tutto il mondo; le preparazioni sono tante e laboriose; i servizi sono due ogni giorno, a pranzo e a cena senza contare lo chef’s table che affaccia direttamente sulla cucina.

Lo chef's table può ospitare fino a 10 commensali

Lo chef's table può ospitare fino a 10 commensali

«Non c’è weekend o giornata scarichi: siamo fully booked ogni giorno di apertura per un totale a servizio di quasi cinquanta coperti, senza doppi turni ovviamente. Il tavolo in cucina può ospitare fino a dieci persone e, molto spesso, viene riservato per occasioni speciali, anniversari, compleanni, importanti celebrazioni aziendali» ci racconta il maître Benzo. Circa mezz’ora prima dell’arrivo degli ospiti, tutto lo staff del floor, la sala, compreso il sommelier, si ritrovano per un piccolo brief.

Ogni giorno possono capitare ospiti, giornalisti, vip, chef di fama internazionale, qualche star del cinema: è bene essere preparati nel saperli riconoscere, nell’essere a conoscenza di eventuali allergie o intolleranze e nell’avere pronto qualche argomento di conversazione da tenersi come asso nella manica. La sala di Hélène Darroze at The Connaught affaccia con grandi finestre sullo slargo di Carlos Place, ospitando i clienti in divanetti di velluto rosa antico e ceruleo, seduti a tavoli di legno chiaro.

Per chi gradisce più privacy, c’è una piccola sala dove è possibile pranzare in coppia, circondati dalle collezioni vintage di Armagnac della famiglia, dagli anni Sessanta a oggi. Vista la posizione molto centrale, tanti ospiti non alloggiano in hotel, ma si tratta di appuntamenti business o di piacere: vi è un 20% almeno di americani, tanti asiatici che si scatenano in selfie e fotografie per il mondo social e la restante parte è occupata da europei e francesi.

«Il passaggio dalla seconda alla terza stella nel 2021 è da notarsi soprattutto nella clientela: assolutamente più felice, predisposta e genuinamente emozionata nel venire a trovarci. All’inizio ero un po’ preoccupato per le pressioni che avremmo potuto ricevere, una leggera ansia da prestazione, anche perché abbiamo allargato il team, avendo un’occupazione sempre più alta e costante del ristorante. Un passaggio che non è passato inosservato, possiamo dire. Questo però ha fatto sì che ci concentrassimo ancora di più sul nostro lavoro, mantenendo inalterata la filosofia di Hélène e il servizio abituale dove, in ogni caso, impiattamenti, cotture, timing sono sempre prioritari» ci racconta Zampese. Anche in questo caso, sentendo parlare lo chef, si è sentito – e continua ad essere tangibile – un cambiamento di mentalità post Covid e – oggi - anche post Brexit.

«Se prima ricevevamo cinquanta curriculum al mese, oggi ne riceviamo dieci e la prima domanda di ogni candidato riguarda sempre gli orari di lavoro. Prima, nel fine dining, non era concepibile lavorare 17-18 ore al giorno. Ora chiaramente abbiamo dovuto ridimensionarci e adattarci. Anche per questo infatti il ristorante è aperto solo cinque giorni alla settimana – solo a dicembre seguirà un sei su sette – e con uno staff sempre in rotazione.

Nella media i ragazzi si fermano qui uno o due anni, il tempo di imparare i meccanismi di realtà così strutturate, farsi un bagaglio di esperienze e poi andare a proporsi altrove». Nell’ultimo anno lo staff si è rinnovato per circa il 40%, tralasciando le figure chiave come l’executive o il sous chef che hanno una storia di carriera e di affezione con Hélène Darroze duratura negli anni. Il team del tristellato londinese ad oggi conta, solo per la cucina, ventisette persone in totale, di cui quindici fisse e quattro in pasticceria.

L’esperienza gastronomica racconta in parte la tradizione francese, ricca e preziosa di una chef donna di carattere quale Hélène Darroze lasciando al contempo spazio al veneto Marco Zampese, che negli anni è riuscito a ritagliarsi un suo spazio e una sua identità all’interno del menu.

Anguilla affumicata bretone, daikon, consommé di vongole al pepe di timut e txangurro basco con polpa di granchio, caviale cinese dal fiume Amu e mousse al cetriolo

Anguilla affumicata bretone, daikon, consommé di vongole al pepe di timut e txangurro basco con polpa di granchio, caviale cinese dal fiume Amu e mousse al cetriolo

Il nostro pranzo inizia con una inaspettata combinazione: Anguilla affumicata bretone, daikon, consommé di vongole al pepe di timut. Accanto, un contraltare basco piuttosto intenso: una rilettura del tradizionale txangurro basco a base di polpa di granchio, è presentata in un guscio di granseola, con caviale cinese dal fiume Amu e una morbida mousse al cetriolo. Un viaggio che parte dalla Francia con una mano decisa, preparando la bocca a volare su sapori intensi, ma mitigati da freschezza di radici e vegetali. Per sperimentare e rompere i soliti dictat ci siamo affidati a Lucas Reynaud-Paligot per un pairing che spaziasse da alcool free drinks, vino, estratti fino alla miscelazione tradizionale.

Le entrées di un pranzo meraviglioso presso l'Hélène Darroze at the Connaught

Le entrées di un pranzo meraviglioso presso l'Hélène Darroze at the Connaught

Ad aprire le danze insieme alle prime entrée è stato un fuori lista come il Negroni, nella sua versione più tradizionale e in quella realizzata con Armagnac - omaggio alla chef - tris di bitter, vermouth rosso e una vaporata di essenza legnosa e agrumata. Il match con il cetriolo è particolarmente riuscito.

Ravioli farciti con ragù di faraona, spuma di funghi, nocciole e tartufo bianco d’Alba

Ravioli farciti con ragù di faraona, spuma di funghi, nocciole e tartufo bianco d’Alba

A seguire, i Ravioli farciti con ragù di faraona, serviti con leggera spuma di funghi, nocciole e tartufo bianco d’Alba. La faraona è lavorata benissimo, senza perdersi nel raviolo – di giusta consistenza e spessore – e l’intensità della carne viene sottolineata dalla terrosità del fungo e accentuata dal tartufo bianco. Per il coté analcolico, un drink realizzato con uno sciroppo homemade di pino e mela verde, finito con un leggero top di soda. Lato vino ci divertiamo con uno Chardonnay calinforniano Shafer annata 2018, fresco e minerale. A questo punto lo chef ci regala un piccolo intervallo tra una portata e l’altra, che in realtà potrebbe vivere come piatto a sé vista la sua prestanza: Foie gras fritto, panatura leggera di grano saraceno e melone bianco.

Foie gras fritto, panatura leggera di grano saraceno e melone bianco

Foie gras fritto, panatura leggera di grano saraceno e melone bianco

Qui Lucas sfodera un colpo da maestro: sidro di mela, Cidre du Saint Bernard Maley, e Jus di uva Sauvignon bianca prodotto da Alain Millat. Un viaggio apparentemente ardito, ma che in realtà ci ha stupito per perfetta risposta alla grassezza del piatto. Il sidro con la sua leggera carbonatura e minima acidità offre un contrasto eccellente per accompagnare il foie gras e pulire la bocca. Allo stesso tempo, per chi ama le morbidezze, arriva il succo di uva/vino totalmente analcolico che con la sua dolcezza lascia una nota zuccherina che tutto avvolge. Sono due le portate principali: una coppia di mare e una di terra in un climax ascendente (e come potrebbe essere diversamente!).

Cappasanta XXL, lemongrass, coriandolo, carota, tandoori, cipollotto

Cappasanta XXL, lemongrass, coriandolo, carota, tandoori, cipollotto

Si parte con una Cappasanta XXL, con un richiamo ai sapori d’oriente di lemongrass, coriandolo, carota, tandoori, cipollotto, per finire con un branzino della Cornovaglia trattato esattamente come un taglio di carne. Il filetto di pesce è servito con un trito di castagne - a richiamare le farciture delle carni bianche da banchetti - indivia, radice di scorzobianca e salsa Matelote al vino rosso. I vini in questo caso sono un Trebbiano del 2019 casa Marchionni e una Garnacha della regione della Castilla, annata 2020, firmata Gomez Landi.

Se a questo punto, in genere, il pasto volge al termine qui siamo al culmine della rappresentazione, quando entrano in scena i pezzi forti. Il testimone passa alle carni con una Faraona francese allevata da Arnaud Tauzin, farcita sotto la pelle con foie gras, erbe aromatiche, pan brioche e servita con scalogni brasati alla birra e capperi.

Faraona farcita con foie gras, erbe aromatiche, pan brioche e scalogni brasati alla birra e capperi

Faraona farcita con foie gras, erbe aromatiche, pan brioche e scalogni brasati alla birra e capperi

Quella usata in questo caso è una Ola Dubh, scozzese e maturata in botti di whisky. La seconda referenza di carne è un Filetto di manzo Wagyu della prefettura di Gunma cotto al bbq, presentato con un mix and match di patate in diverse cotture, forme e consistenze e accompagnato da una salsa di limoni di Amalfi. L’estro di un giovane sommelier trova qui il suo massimo slancio con un Rosso di Montalcino –Sangiovese in purezza – del 2015 di Poggio di Sotto e un estratto di barbabietola, pomodoro, pepe della Tasmania, salsa Worcestershire e chiodi di garofano come pairing analcolico (azzardato, ma gradito).

Dulcis in fundo: l’imprescindibile babà di Hélène Darroze, bagnato con una selezione a scelta del cliente di Armagnac dal 1995 al 2005 e farcito di lamponi.

La selezione di Armagnac per bagnare l'iconico babà

La selezione di Armagnac per bagnare l'iconico babà

Un must all'Hélène Darroze at the Connaught: il babà bagnato con una selezione a scelta del cliente di Armagnac dal 1995 al 2005, farcito di lamponi

Un must all'Hélène Darroze at the Connaught: il babà bagnato con una selezione a scelta del cliente di Armagnac dal 1995 al 2005, farcito di lamponi

A prescindere dal vostro rapporto con questo dolce iconico per la tradizione italiana, non è un piatto che può mancare a completamento di un percorso così significativo e rappresentativo della cucina di uno chef pluristellato. Sia come servizio, che chiaramente come qualità di fattura. Se siete meno amanti delle note alcoliche, una mousse di cioccolato del Vietnam, grano saraceno e aglio nero fermentato saprà regalarvi emozioni pure. Un dolce in evoluzione continua di sapori e consistenze e con quel leggero retrogusto da fermentazione che gli conferisce aroma e allo stesso tempo acidità.

Mousse di cioccolato del Vietnam, grano saraceno e aglio nero fermentato 

Mousse di cioccolato del Vietnam, grano saraceno e aglio nero fermentato 

Un pranzo, una cena dove ogni piatto risulta perfettamente comprensibile al cliente, dove la combinazione di una importante materia prima made in UK e una altrettanto selezionatissima materia prima francese si incontrano nel rispetto della tradizione di queste due regioni vicine e atlantiche.

Forse uno dei grandi pregi di ristoranti quasi senza tempo, durevoli negli anni per la qualità a tutto tondo del servizio offerto è proprio questa: proporre piatti dannatamente buoni e magistralmente eseguiti.


Dal Mondo

Recensioni, segnalazioni e tendenze dai quattro angoli del pianeta, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

a cura di

Chiara Buzzi

piemontese di ferro, classe 1986, laurea in Economia per i beni culturali, dopo anni di militanza nei locali milanesi, è co-titolare insieme a Edoardo Nono del Rita & Cocktails - storico American bar di MIlano e del Rita’s Tiki Room, spin-off caraibico polinesiano aperto nel 2019. Viaggia per passione, lavora per passione, mangia con passione

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