12-12-2018

Alla scoperta di Francisco Pancho Cardenas

Protagonista dell'ultimo Postrivoro lo chef che è partito dalla Patagonia, ha girato il mondo ed è tornato a casa, per una sera

Francisco “Pancho” Cardenas al Postrivoro, u

Francisco “Pancho” Cardenas al Postrivoro, ultima edizione. Le foto sono di Roberto Taddeo e Rimini Lazzaroni

Immaginate il Sud del mondo, dall’altra parte del mondo. Chiudete per un attimo gli occhi e percorrete il lungo viaggio fino alla Patagonia, versante cileno: un territorio che per posizione geografica e conformazione ha storicamente assunto il ruolo di luogo di passaggio – la corsa all’oro, l’insediamento coloniale europeo (spagnolo, ma anche scandinavo), i traffici che le nuove rotte commerciali hanno introdotto. Poi, senza tornare così indietro nel tempo arriviamo al 1984, quando a Punta Arenas, uno degli agglomerati urbani più estesi a ridosso di una terra del fuoco vicina vicina, nasce Francisco “Pancho” Cardenas. Un posto che «fa soltanto venir voglia di andar via, a scoprire cosa c’è di interessante nel resto del mondo».

L'arrivo di Cardenas

L'arrivo di Cardenas

La cucina, prima di diventare vocazione, diventa un mezzo per poter dare il via al viaggio: finiti gli studi Pancho parte per un’esperienza biennale in Australia, poi l’Inghilterra (a Cambridge) dove lunghe e dure ore di lavoro nelle cucine del Midsummer House lo addestrano e fanno scattare la scintilla per la professione. L’animo è però inquieto, la voglia di partire costantemente dietro l’angolo: a quel tempo era in Danimarca che si stavano scrivendo le pagine più innovative della ristorazione internazionale, quindi «è stato davvero facile decidere per quale destinazione comprare il biglietto». Si sposta al Kadeau dello chef Nicolai Nørregaar e soci (Magnus e Rasmus Kofoed) nel 2014, in «un sistema di ristorazione molto utile per imparare a cambiare prospettive e guardare tutto in modo diverso, dove il cibo è soltanto una parte del lavoro: li ti fanno davvero sentire una persona importante una volta che entri a far parte della squadra, il livello di stress è insensatamente basso per l’alta qualità di cibo che facciamo» (ndr: ha detto davvero “insensatamente”, perché è davvero quella la parola che rende meglio il significato).

Sia sulla rude isola di Bornholm (un quadrangolo nel mezzo del mar Baltico paradossalmente più vicino alla Svezia che a Copenhagen) che nella seconda insegna (bistellata) della capitale inizia a valorizzare le produzioni locali: purezza, stagionalità, semplicità e freschezza sono le linee guida del pensiero dei ristoranti. Sui menu dei Kadeau (che in finlandese vuol dire «testimoniare rispetto») si possono trovare cibi selvatici, di allevamento e coltura, pesci, licheni, erbe e fiori, molluschi, radici... «Il mio piatto preferito? Salmone stagionato e affumicato per 7 ore su legni di quercia»: pura cucina danese basata sugli ingredienti dell'isola di Bornholm, da valorizzare ogni anno meglio.

«Dopo tutto questo tempo a viaggiare, però, ho imparato che non c’è luogo come casa: io vengo dalla Patagonia, quella è la mia identità: non devo cercarne una, questo è ciò che ero e ciò che sono, ed è ciò che vorrò sempre essere. La mia cucina personale proverà a riflettere tutto questo». (Lui intanto continua a lavorare al Kadeau di Copenhagen come sous chef, comunque, ndr)

Il menu dello chef cileno, un bel viaggio tra Sudamerica e Nord Europa che rispecchia molto le tappe della formazione di Cardenas.
 

Broth
Si apre con questo brodo di vitello con crema d’aglio confit e mazzetto aromatico. Servito caldo, da bere “one shot”.


Duck/Carrot
La carota è bollita, disidratata e rianimata in un misto di burro e acqua, il petto d’anatra di Germano ha subito una classica stagionatura in sale e zucchero.
 

Æbleskiver
Takoiaki con una pasta simile al pancake. All’interno della sfera Æbleskiver una crema di funghi, il tartufo bianco grattuggiato dà al piatto un carattere e un profumo straordinario.


Mackerel
Lo sgombro è sfilettato e finito con il cannello, adagiato su una maionese di ostriche. La chip è di cavolo saltato in padella. Sapori netti, ben distinguibili e bilanciati.
 

Celeriac
Fungo ostrica, sedano rapa, fave tostate su una crema di patate bruciate.
 

Bread
Il pane di segale integrale, simile a una “tigella”, cotto alla piastra e spalmato con grasso liquido. Basta così? Niente affatto: sul pane si spalma un burro nocciola e panna. Una bomba calorica, ma una vera goduria all’assaggio.
 

Pork
Pancia di maiale spalmata con una glassa di aglio nero, zucca fermentata e prugne. Ad accompagnarla una misticanza e dei bocconcini di rapa rossa bruciata tra le braci e saltati con il proprio succo.
 

Apple
Crema di mela, mela a cubetti, spuma al rosmarino, nocciola caramellata in sale e zucchero. Un pre dessert fresco, gustoso e goloso.
 

Jerusalem
Topinambur, meringa e crema di mirtilli, riduzione di panna. L’utilizzo dell’ortaggio nel dessert
 

Marzapane de la Patagonia
«Un piatto di famiglia, con il quale concludiamo sempre le nostre libagioni attorno alla tavola». Rispetto alla pasta di mandorle della ricetta originale, in questo impasto sono state utilizzate delle nocciole. Zucchero a velo e latte condensato per chiudere l’elenco degli ingredienti, e questo 38esimo, ed ultimo, Postrivoro, come vi abbiamo raccontato ieri, leggi Il Postrivoro è morto, viva il Postrivoro!.


Dal Mondo

Recensioni, segnalazioni e tendenze dai quattro angoli del pianeta, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

a cura di

Andrea D'Aloia

abruzzese, classe 1979, nel mondo della comunicazione dal 2001. Negli ultimi anni ha maturato una specie di ossessione per la ricerca continua di cuochi emergenti. Mangia, beve, scrive: di territori e ingredienti, di produttori e cuochi. E scatta tante foto, per non dimenticare nessun particolare

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