03-11-2018
Michel Troisgros, classe 1958, fotografato pochi giorni fa a Parma, dove è stato ospite d'onore dell'apertura del XV anno accademico di ALMA Scuola Internazionale di Cucina
Quando ci sediamo di fronte a Michel Troisgros - chef dal 1982 della Maison Troisgros, ovvero di uno dei templi assoluti della gastronomia francese - il cuoco ha terminato da pochi minuti di parlare di fronte al pubblico invitato alla cerimonia di apertura del XV anno accademico di ALMA Scuola Internazionale di Cucina (ne abbiamo parlato qui). Troisgros ne era l’ospite d’onore.
E per il suo discorso ha scelto di parlare innanzitutto dell’amicizia, prima di suo padre e poi sua, con il Maestro della cucina italiana Gualtiero Marchesi. E’ noto infatti che Marchesi abbia cercato, passando sei mesi a Roanne da Jean e Pierre Troisgros (lo zio e il padre di Michel), quel perfezionamento del suo stile che poi diede vita alla rivoluzione partita da via Bonvesin della Riva.
Durante il suo intervento
Come probabilmente molti sanno, e come Troisgros ha raccontato anche nel suo libro “Michel Troisgros et l’Italie”, pubblicato nel 2009, la nonna Anna era friulana, ed era una cuoca straordinaria. Da lei lo chef di Roanne ha raccolto idee e insegnamenti, portandolo a sentirsi «per metà italiano». La nostra conversazione si è aperta proprio da queste ispirazioni, dalla curiosità di conoscere dove ritrovare l’Italia nella sua cucina di oggi.
«Nei miei piatti a volte è possibile individuare questa italianità che sento dentro di me, altre volte no, ma credo ci sia in ogni caso. Perché fa parte di un tutto, di uno spirito. Qualche volta capita che nasca un piatto - e un esempio potrebbe essere la mia Mezzaluna di patate ai carciofi - che parte da una tecnica che ho visto da mia nonna, come nel caso specifico, o che più recentemente ho conosciuto in Italia. Spesso invece la si ritrova in un’elegante semplicità, che mi ha sempre ispirato e che mi ha portato a riappropriarmi sino in fondo della mia identità italiana. Forse con un esempio posso spiegarmi meglio…»
Volevo tornare su un concetto accennato poco fa: la semplicità è una chiave fondamentale per interpretare la sua cucina? Sì: così come faceva Gualtiero Marchesi, ma così come faceva anche mio padre, come faceva mia nonna, io cerco di fare una cucina che sia al tempo stesso grande e sobria, senza eccessi. Deve mostrare sobrietà, ma deve saper risplendere.
Michel Troisgros con la moglie Marie-Pierre e i due figli Lèo e César. La Maison Troisgros ha festeggiato nel 2018 i 50 anni dal conferimento della terza stella Michelin, arrivata nel 1968
Insieme a un gruppo di studenti ALMA
Ma certo… Prima ero seduto sul palco, durante la cerimonia. E stavo guardando attraverso quella grande vetrata che c’è in fondo alla sala: a un certo punto uno stormo di uccelli si è alzato, superando gli alberi e andando verso il cielo. E’ stato un momento molto simbolico, visto che la sala era piena di questi giovani, a cui avrei voluto dire “guardate quello che sta succedendo!”. E la luce che passa attraverso i vetri di questo edificio ha fatto sì che le ombre di quello stormo si disegnassero sulle pareti dell’Auditorium. Mi ha emozionato e penso che sia importante conservare la capacità di emozionarsi.
Un'immagine della platea e della sala dell'Auditorium Paganini di Parma, scattata dal palco durante la cerimonia
L’ostacolo più grande per questo obiettivo, per chef come voi, blasonati, prestigiosi, con le stelle sulle giacche, non è forse l’aspettativa che hanno proprio i vostri clienti di mangiare solo il meglio nei vostri ristoranti? Sì. E’ così. Il pubblico, i nostri clienti, devono accettarlo. Non è semplice ottenere la comprensione del cliente, fare in modo che di fronte a questo nostro sforzo ci sappiano dire: “Chapeaux”. Applicare i concetti di cui ho parlato è un impegno sociale, intellettuale, economico, politico. Ma serve che i clienti comprendano, perché è normale che chi spende 250€ per un pasto si aspetti solo il cuore di un cavolo nel suo piatto. Per questo è importante che noi chef diventiamo modelli, esempi. Credo che dovremmo tutti tenere a mente una vecchia frase di Gandhi: “La felicità è quando ciò che pensi, ciò che dici, ciò che fai, sono in armonia”.
Recensioni, segnalazioni e tendenze dai quattro angoli del pianeta, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose
a cura di
Giornalista milanese. A 8 anni gli hanno regalato un disco di Springsteen e non si è più ripreso. Musica e gastronomia sono le sue passioni. Fa parte della redazione di Identità Golose dal 2014, dal 1997 è voce di Radio Popolare Instagram: @NiccoloVecchia