01-11-2018
Lo scenografico ingresso di Eleven Madison Park a Manhattan, New York (foto Zendrini)
Sì, ci sono andato. Sì, ci ho mangiato. Mi sono piaciuti? Dipende... Adesso vi spiego. Innanzitutto, di chi parliamo? Di alcuni dei grandi ristoranti della Grande Mela, quelli di cui tutti parlano, quelli in cui i gastro-fanatici vogliono assolutamente andare e al 99% non trovano posto, non riescono a entrare neanche in lista d'attesa. Quei posti di cui il tuo giornalista di fiducia ti dice «assolutamente sì», quello accanto «assolutamente no!» e il terzo di turno «mah... vedi tu!». Per prepararci ci siamo intanto fatti un pollo arrosto da Nomad e uno al Soho Grand (il secondo tutta la vita, fidatevi: e non è come entrare nelle catacombe di San Callisto da tanto è buio il Nomad!). Ancora un paio di (da urlo!) dog dei carrettini di Central Park. E un hamburger da JGMelon. Poi ci siamo sparati un tris d'assi in tre giorni: Momofuku Ko, Blue Hill New York e Eleven Madison Park. Cominciamo dal primo.
Sean Grey e David Chang, chef e patron di Momofuku Ko (foto Melissa Hom/Grub Street)
Dan Barber, patron di Blue Hill a Manhattan e a Pocantico Hills (foto bluehillfarm.com)
Noi, invece... Il ristorante del Village è carino, pulito, romantico. Le luci sono giuste (odio i ristoranti in cui non vedi nel piatto cosa stai mangiando). Il volume della musica fa sì che ci si possa parlare e il locale, pur piccolo, non è caotico o frastornante. Quello che stupisce da subito è la cucina e i piatti: belli, diversi, vegetali ma non banali. Come se qui lo chef avesse portato quelli più interessanti, e concentrato in 8 portate l'essenza della sua cucina. E, devo dire, a noi è molto piaciuta, questa cucina: Peperoncini crudi, semplici ma di un sapore indescrivibile. Foie gras con cioccolato amaro. Un uovo della stessa mattina con una pancetta straordinaria.
Il Tavolo di girasole con gambo di girasole ripieno di crema di midollo di bue, capperi e semi del girasole stesso, con chips di girasole... solo questo piatto valeva la cena. E poi Fagiolini e asparagi alla brace, pomodori e salsa rosa, e molti altri vegetali freschissimi, presentati, cucinati e abbinati in modo inconsueto. E infine delle Costine di maiale alla brace che sembrava di essere in paradiso. Tutto semplice? Forse, ma sempre tutto buono e inaspettato.
Daniel Humm e Will Guidara, la cucina e la sala di Eleven Madison Park
Il servizio, poi, è rigoroso senza essere bacchettone, sorridente senza essere eccessivo, pronto alla risposta senza essere incalzante. Abbiamo trovato il pranzo leggermente lento, ma tale era la gioia di trovarsi in quel posto che i minuti ce li siamo goduti ugualmente. E i piatti erano buonissimi, tra una prima portata meravigliosa tutta a base di pomodoro (in insalata, in bottoni e verdi con formaggio di capra), poi Caviale con uova benedict con mais e storione affumicato, un'Insalata di granchio con zucchini e limone (forse il piatto più bello, ma meno interessante), una straordinaria coda di aragosta intinta nel burro e arrostita, con vegetali e fagiolini, e soprattutto un fantastico Petto d'anatra, glassato in miele e lavanda, con mirtilli e cipolla.
E poi il dolce. Una gioia degli occhi e del palato, questo pranzo. E, incredibile, non ci hanno neanche spennato, pur avendo noi bevuto un rispettabilissimo Agrapart. Insomma... Tre ristoranti. Tre posti in cui la gente si strappa i capelli per dire "ci sono stato" e postare quattro foto. Tre posti da mettere in calendario.
Recensioni, segnalazioni e tendenze dai quattro angoli del pianeta, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose
a cura di
Triestino, partito dall'agenzia di pubblicità Armando Testa, ha ricoperto ruoli di vertice nei settori della comunicazione di aziende come Michelin, Honda, Telecom Italia. Oggi è consulente di comunicazione e marketing aziendale e politico, per clienti quali Autogrill, Thevision.com. Tiene lezioni all'Università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo e a quella di Genova. È docente presso Niko Romito Formazione, Intrecci Scuola di Sala e In-Cibum. Presidente dell'Associazione "Le cose cambiano", che lotta contro il bullismo omofobico