Francesco Apreda è uno degli chef più cosmopoliti del panorama gastronomico italiano, in lui l'orientalismo è un brodo di coltura primigenio che ne irriga il pensiero e lo tiene lontano da ogni luogo comune, lui che da napoletano potrebbe trovare una facile scorciatoia nel suo vernacolo culinario. A Roma, città dove vive e lavora da oltre quindici anni, dapprima all'Imàgo dell'hotel Hassler e poi nel ristorante di questo piccolo centralissimo boutique hotel, ha trovato il suo palco ideale, che lo vaccina da certi eccessi di memoria.
La sua è una cucina colta, perennemente inquieta, che perlustra i recessi dei nostri gusti attraverso ingredienti spesso consueti, come accade in alcuni piatti del menu degustazione dedicato alle Sapidità essenziali: Scarola e cavolfiori, limone e tè verde e Pasta in bianco alle cinque radici e caviale. L'altro percorso, dedicato ai suoi "signature", consente di scegliere sei piatti da una copiosa playlist. E anche episodi che sembrerebbero placidi (vedi il Risotto cacio pepi e sesami e i Maccheroni arruscati al ragù napoletano) nascondono sottotesti interessanti. Sterminata carta dei vini, servizio soave.
romano di stanza a Milano, sommelier e giornalista del quotidiano Il Giornale, racconta da anni i sapori delle città in cui vive
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Ristorante con camere
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