St. John è ormai antologia (tanto da avere una sua pagina Wikipedia) di un modo di cucinare tutto inglese, ma anche di quella corrente che ha riportato in auge il quinto quarto in tutte le sue forme e preparazioni. Entrare però in una delle sue insegne con il timore reverenziale di chi si approccia a un ristorante investito di tale sacralità, è sbagliato: St. John continua a essere un luogo la cui forma è la sua sostanza, dove ogni boccone conferma l'esecuzione perfetta del suo piatto.
Il menù non può che subire variazioni quotidiane (in convivenza pacifica con gli speciali del giorno alla lavagna) e il pasto servito anche su bancone di acciaio, nel ristorante a Marleybone, con vista su quella parte di cucina che completa i piatti e sforna le iconiche madeleine espresse. St. John è la celebrazione di terrine, pies, animali e volatili brasati, arrostiti e stufati, ma anche granchi e crostacei affogati nel burro; è il luogo in cui la creatività si concentra su una sempre più diretta e intensa percezione del gusto, dove gli impreziosimenti estetici da pinzette non sono di casa, dove andare per capire il prima e il dopo di un preciso stile di cucina.
Convinta che si possano cavare storie dalle rape, è editor di Topic Edizioni e responsabile editoriale della guida Osterie d'Italia di Slow Food Editore.
Convinta che si possano cavare storie dalle rape, è editor di Topic Edizioni e responsabile editoriale della guida Osterie d'Italia di Slow Food Editore.