Giulio Gigli, a dispetto dei suoi anni, ha già un’esperienza impressionante: dalla sua Umbria arriva al Pagliaccio di Anthony Genovese, poi al 1947 à Cheval Blanc di Yannick Alléno, passa per la cucina di Benu a San Francisco, infine è responsabile creatività di Disfrutar a Barcellona. Poi torna in Umbria. Per fortuna nostra. Già, perché Giulio non è un cervello di ritorno, siamo certi che proprio nella sua regione oggi riesca ad esprimersi pienamente.
Une nasce dove doveva nascere, in un paesino defilato, quasi nascosto, in un vecchio mulino mirabilmente ristrutturato. E qui prende vita il “progetto” di Giulio, perché proprio di progettualità bisogna parlare. Esaltare i piccoli produttori locali che definire a Km0 è un eufemismo, ricerca continua, l’orto come architrave di tutto, la sostenibilità come vera meta di ogni atto, di ogni pensiero, di ogni piatto. Il risultato è un miracolo di equilibrio, di cultura, di sicurezza nell’ostentare armonia gustativa e perfezione stilistica.
Oggi Une rappresenta una roccaforte di sapienza contro la globalizzazione del gusto, una miniera di preziosi tesori gastronomici, distillati direttamente dall’anima di una terra unica. Pochi i piatti, come deve essere, divisi in due percorsi che palesano la mente affilata dello chef. Se la Trota Fario e le Animelle di agnello brillano di tecnica e armonia, Pasta e patate, anguilla, kefir e zafferano è di impressionante compiutezza. Ma è nel Piccione di Capodacqua, kale, bacche di sambuco che si raggiunge il vertice del Giuliopensiero, un piatto che vale il viaggio, un viaggio in Umbria.
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Tavoli all’aperto
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giornalista enogastronomico, direttore responsabile di James Magazine, ama la bellezza, gli Champagne e due colori: il nero e l'azzurro