Lorenzo Cogo da Thiene, Vicenza, lo chef venuto dal nulla, che dieci anni fa, da enfant prodige della cucina veneta, all’improvviso conquistò la stella Michelin e con essa le pagine di riviste di settore e quotidiani, l’attenzione della rete e delle televisioni, diventando un caso mediatico, oggi, a quasi 38 anni, è un uomo, però sempre con la faccia da bambino. E, dopo l’inizio di Marano Vicentino (El Coq), il passaggio a Vicenza e il ritorno a casa, nella trattoria di famiglia, è approdato la primavera scorsa a Venezia, nelle cucine di uno storico albergo veneziano, affacciato sul Rio de Cannaregio, cuore della Venezia popolare.
In cucina c’è sempre innovazione ed energia, e belle idee, ma gli eccessi della gioventù si sono attenuati, è venuta meno la necessità di stupire, c’è più concretezza: dal Sashimi di seppia ai tre pepi, peverada e olio al prezzemolo, allo Spaghetto aglio, olio e peperoncino, latte di nocciola e vongole. Tecnica, contaminazione, istinto in una cucina sempre alta sì ma anche confortevole. Piatti di bella presenza e di buona sostanza, in perfetto stile Cogo anche se più “facili” che in passato.
Meno provocazione e più armonia, meno istinto e più confort, anche se la creatività resta il tratto distintivo: “Il tempo della sperimentazione per me è finito”, fa sapere. Per quanto il Risotto di dashi, gambero rosso, “rabioso” e melograno” e il “Rotolo di filetto di rana pescatrice al cardamomo e salsa XO al peperone” non nascondano l’antica voglia di provocare, semmai la fondono con il territorio e la contaminazione.
veneziano, giornalista, una vita professionale dedicata allo sport da inviato (e adesso da appassionato e tifoso della squadra della sua città), cura dal 2008 "Gusto", la pagina di enogastronomia del Gazzettino di Venezia, e coordina "Cibi, Vini & Piaceri", l'inserto mensile dello storico quotidiano veneto che racconta il territorio attraverso prodotti, ristorazione, chef, enologia.
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Ristorante con camere
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