Scannabue ha condiviso con il Consorzio i primi anni ruggenti della nuova gastronomia cittadina, quel nonsoché di informalità e (tanti) vini buoni che poi è stata battezzata bistronomie alla torinese, e che ha avuto un crescente numero di epigoni nel resto d'Italia. Lungo la strada e gli anni, non si è smarrito lo spirito fanciullino del locale ma sono aumentate la consapevolezza, le risorse e certamente la cantina che è oggi un regno d'abbondanza, profondità e piacere (e di ricarichi modesti).
Non è sbagliato dire che oggi Scannabue, con i suoi numerosi coperti sempre gremiti, è il più turistico dei buoni ristoranti torinesi ed è il più buono dei ristoranti turistici. E' insomma una porta della percezione tonnata del mangiare piemontese, con piatti inappuntabili, come il vitello tonnato, appunto, o come i tajarin al ragù di salsiccia e porri, o come la guancia brasata al barbera con il puré, ma anche un luogo di divagazione gastronomica, con selezione di ostriche, salumi da mezza Italia, formaggi da mezza Francia e piccoli esotismi, come i cappellacci con burrata, mortadella e pepe di Timut o lo spaghett con le vongole e la bottarga o il salmerino impanato alla Giapponese.
Nel centro del ristorante, anche un banco di gastronomia per acquistare gli agnolotti ai tre arrosti i tajarin, formaggi, salumi e sott'oli. Menu degustazione piemontese a 30 euro. Alla carta sui 45.
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Tavoli all’aperto
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avvocati di professione e gastronomi per passione. Da 25 anni recensiscono a quattro mani ristoranti sulle pagine torinesi di Repubblica. Collaborano con varie guide gastronomiche nazionali e sono gli autori delle Guide i 100