Chi scrive, per gusto e mestiere ama il minimalismo. Per questo ero un poco prevenuto prima di entrare alla Gucci Osteria di Los Angeles. La location di grido, il ristorante dentro una boutique… tutti i pregiudizi che avevo si sono dissolti in un amen perché il ristorante di Massimo Bottura nel cuore di Beverly Hills riesce a essere quello che le altre insegne italiane di fine dining a Los Angeles difficilmente riescono a essere.
Una ragazza elegante, tatuata e molto sorridente ci pilota in ascensore al piano di sopra. Usciti, ci colpisce una veranda discreta, con tavoli distanziati il giusto e le piante che ti schermano da Rodeo Drive: ci si sente subito in un’atmosfera per nulla ingessata ma familiare, come essere a casa. Il cuoco è Mattia Agazzi, un 32enne con esperienze già importanti, leggo: i Cerea a Bergamo, Joël Robuchon e da Gucci Osteria a Firenze, dove apprende la filosofia dell’insegna dalla messicana Karime Lopez. Uscirà 2 o 3 volte a spiegarci con gentilezza e competenza quello che stiamo mangiando.
Abbiamo assaggiato almeno 4 piatti di una bontà impressionante: su tutti, ricordiamo con piacere il Risotto camouflaged as pizza, stupendo. Splendida anche l’idea dell’Emilia Burger a fine pasto: sdrammatizza tutto. E ci ricorda che la tavola, così come la vita, è tutta una questione di deliziosi compromessi.
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Tavoli all’aperto
cresciuto nelle Marche, è attratto da sempre dal buon gusto legato a un look, al cibo o a un profumo. Fondatore di SSAM, Small Artisanal Manufacturers e co-fondatore di Common Projects, brand orientati a bontà e autenticità del prodotto, insegue la qualità della vita e le cose semplici, traducendo la filosofia in progetti ibridi in cui buon cibo, vino e moda s’intrecciano fino a diventare una cosa sola. Ha una missione: condividere la conoscenza e ispirare gli altri.