Pandemia o non pandemia, negli ultimi anni la cucina tailandese è definitivamente uscita dalla sua dimensione street-food per esprimere insegne più che degne di fine dining. Le Du, “stagione” nella lingua madre, è il progetto che il rampante Tonn (crasi di Thitid Tassanakajohn) ha messo in piedi nel 2013 con l’amico Tao (restaurant manager) dopo una serie di esperienze importanti all’estero (solo per dirne 3: Eleven Madison Park, The Modern e Jean Georges a New York City), sviluppate dopo una laurea in Economia e commercio e il titolo di sommelier. Un know-how versatile e di spessore applicato ora a ingredienti stagionali e tecniche del paese nativo, «Un patrimonio», ripete spesso il cuoco, «cui occorre render giustizia per l’immenso valore che esprime».
Nella girandola di piatti, ce n’è sempre uno che non manca mai in carta: khao kluk kapi, riso integrale fritto servito con pasta di gamberi di fiume, una pietanza popolare nel paese da almeno due secoli. La tecnica è solida, di matrice neo-francese: si veda ad esempio la Capasanta con sedano, pelle di latte e curry. Li fa così bene che l’insegna che si è guadagnata posizioni di rilievo sulle mappe della miglior cucina continentale. Solo per offrire due statistiche, Le Du è al 4° posto della 50Best Asia e ha una stella Michelin. Il clima è cordiale e rilassato e i prezzi ridotti spingono a tornare ancora.
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articolo a cura degli autori Identità Golose