Un piccola (piccolissima) cucina che sforna piatti vegetali (Stella Verde Michelin), assaggi da condividere e dove si bevono vini naturali. Niente tortellini, niente mortadella, questa trattoria farm-to-table della nuova Bologna a misura di GenZ è un po’ meno grassa di prima. Aperta nel 2020, pareti scrostate, mobili di design minimale, è una porta spazio temporale verso Milano o Copenhagen, o forse semplicemente verso la gastronomia contemporanea e basta. Piatti a base di verdure di stagione, pane e burro, antipasti che possono essere secondi o “piattini” da condividere, ma anche primi mai canonici e molto appaganti.
Se lo schema del menu può apparire nulla di nuovo, lo è però per Bologna, da un lato, e nei sapori, che non sono mai scontatati. Lo chef Lorenzo Vecchia ha mollato come gli altri ragazzi in sala il mondo del fine dining per approdare qui, e la competenza quindi si sente tutta nonostante l’informalità (per scelta) della proposta. “A simple place for daily use” recita il claim e questo si traduce in una sala sempre piena e in un menu brevissimo che cambia ogni giorno, e che ogni giorno ti viene voglia di riprovare. Bella l’opzione del micro-menu degustazione.
giornalista, milanese, pessima cuoca. Scrive di usi&costumi, di cibo per parlare d’altro, di cose futili in modo serissimo - e viceversa. Firma de La Cucina Italiana, Vanityfair e Marie Claire Maison, lavora come curatore e consulente freelance per editori, agenzie di comunicazione e aziende
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giornalista, milanese, pessima cuoca. Scrive di usi&costumi, di cibo per parlare d’altro, di cose futili in modo serissimo - e viceversa. Firma de La Cucina Italiana, Vanityfair e Marie Claire Maison, lavora come curatore e consulente freelance per editori, agenzie di comunicazione e aziende