Prendi una famiglia del sud Italia; calala in un contesto dalla vocazione agreste, prodigo di elementi dell'orto; mettici un bambino curioso, ammaliato dai pomeriggi passati con la madre dietro ai fornelli e regala lui un palato altamente alfabetizzato. Poi, dopo esperienze da Gennaro Esposito, Pino Lavarra, Georges Blanc, Andrea Aprea, Luca Mazzola e Pierfranco Ferrara, calalo nell'antica torre bizantina della Pagliazza, all’interno dell’affascinante Brunelleschi Hotel, a Firenze, et voilà il Santa Elisabetta: ristorante che Rocco de Santis guida, con dedizione certosina, dal 2017.
Una predilezione affatto celata per il mondo ittico - tra tutti i figli del mare adora in particolare la ricciola, suo feticcio, cui riserva studi sempre nuovi - nonché una certa deferenza nei confronti della cucina classica - pensiamo al dilettevole Manzo alla Rossini con cremoso di foie-gras, pommes soufflées, gelato di Porto rosso e salsa di tartufo - dove si cimenta con entusiasmo, fanno di questo indirizzo uno dei fuochi più rappresentativi della scuola classica contemporanea fiorentina.
Ma senza cedere alle lusinghe del manierismo, perché Rocco de Santis è ormai celebre, in città, per la sua indefessa ricerca dell’essenzialità e finanche della verità del piatto: un'intima analisi della sostanza delle materie prime coinvolte, esaltate mediante sapiente contrasto tra i rispettivi poli della morbidezza e della durezza.
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Ristorante con camere
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articolo a cura degli autori Identità Golose