Da quando Alessandro Rossi calca il pass del Gabbiano 3.0 spingersi fino a Marina di Grosseto per una esperienza fine dining non sembra più tanto improbabile. Siamo, infatti, in un locale elegante, arioso, impeccabilmente arredato e sapientemente abitato dal legno, a inoculare la reminiscenza delle palafitte dei pescatori. Affacciato sul porto turistico di una cittadina che, a onor del vero, avrebbe molto bisogno di più locali di questo tipo, del Gabbiano 3.0 e della cucina di Alessandro Rossi lodiamo, vivaddio, l'ambizione che anima ogni dettaglio.
Rossi, del resto, è arrivato qui dopo un pellegrinaggio che lo ha portato dapprima a La Leggenda dei Frati di Firenze, dove ha preso, peraltro, la prima stella Michelin e, più tardi, alla Villa Selvatico di Treviso. Ecco dunque donde arrivano le sacrosante velleità perfino della sala, perfettamente consapevole del suo potenziale, e va da sé della cucina la quale, benché in alcuni passaggi appaia ancora eccessivamente ossequiosa nei confronti dei suoi prodromi, sempre più spesso non disdegna di smarcarvisi compiendo audaci scelte tecniche - come nell'accostare alla Faraona le lumache e la carote.
O stilistiche, come accade negl intrecci tra orto e mare: Spaghetti, burro affumicato, scampi, basilico; Rombo alla mugnaia, limone sotto sale, capperi, levistico; Rana pescatrice in porchetta, patate, scalogno, salsa perigourdine...
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Tavoli all’aperto
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articolo a cura degli autori Identità Golose