«Quando vedo che un piatto piace tanto, lo tolgo dal menu perché ho raggiunto il risultato». Benvenuti al desco di Massimo Viglietti, ligure di Alassio con cresta hardcore, orecchini e tatuaggio ordo ab chao ("l’ordine dal caos"), da anni impegnato a scuotere la scena capitolina - «fin troppo concentrata su carbonare e amatriciane» - con lampi di geniale anarchia.
Archiviata l’esperienza di Achilli al Parlamento, da qualche tempo è al timone di Taki Off, dopo la parentesi temporary del boutique hotel La Place, a ottobre 2021 tornato nella sede di via Dionigi. Qui il cuoco mette mano a diversi ingredienti giapponesi «perché me l’ha chiesto Yukari, moglie del patron Onorio Vitti, e per me è stato come entrare in un negozio di giocattoli».
Che l’esperienza sia one of its kind lo certificano tanti aspetti. La musica, innanzitutto: la playlist di Viglietti infila ad alto volume Suicide, Current 93, Bauhaus… personalità. È il cuoco stesso a cerimoniare di nero vestito, servendo vini magnifici (grande passione) in decanter dalle forme lunari. E piatti che non hai mai visto perché fuori da ogni omologazione: Capasanta e foie gras d’anatra delle Landes trovano spalmata accanto una felice e provocatoria riduzione di Coca-Cola, i favolosi Fagioli cannellini di Conio sono più importanti del caviale (e dello zenzero) cui si accompagnano, il dessert è un filotto ordinato in uno scrigno di Ravolini di lepre con purè di rape e fondo ci cottura. Perché consuetudine e pigrizia sono luoghi da cui questo signore si tiene da sempre a profonda distanza.
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articolo a cura degli autori Identità Golose