Ridendo e scherzando, il ristorante di Alessandro Pipero ha compiuto sei anni nella sede attuale. Primavere in cui splende una maturità piena alla luce di piazza della Chiesa Nuova là fuori, dopo l’adolescenza spensierata e oscura all’hotel Rex, a Termini. Ora c’è un locale bellissimo, il teatro adatto a una delle sale simbolo della ristorazione italiana, trainata da quel Porco di Pipero (il nome della cialdina croccante di maialino e funghi in apertura) e da Achille Sardiello, un altro cameriere coi galloni.
Parliamo prima di accoglienza che di cucina perché: 1. Si dovrebbe fare molto più spesso di quanto noi non lo facciamo 2. Chi più di Pipero si è battuto in questi anni per rivendicare l'importanza cruciale di chi è pronto ad accogliere, prima che a rifocillare? "Aiuto, non c'è cultura della ristorazione", denunciò per noi qualche tempo fa, sottolineando un allarme tutt'altro che cessato.
Ma se, in questo caso, si parla di sala è perché in cucina c’è Ciro Scamardella da Bacoli, un ragazzo che ha acquisito mille e una dote, facendo dormire tra due guanciali il suo capo. Un cuoco, di tecnica e gusto speciali: il Raviolo che imprigiona il ciauscolo su un brodo di manzo è una piccola folgorazione, come il Gazpacho/ceviche di melone bianco, un'incursione verso altri mondi come la Fregula con vongole e cocco. Poi c'è il lavoro sul Pollo e patate perché qui ci si spreme le meningi su materie prime popolari per evitare di far lievitare i prezzi in carta. Una sfida importante della cucina di oggi.
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laurea in Filosofia, coordina i contenuti della Guida ai Ristoranti di Identità Golose, collabora con varie testate e tiene lezioni di gastronomia presso scuole e università. Instagram @gabrielezanatt