La cucina va ben oltre la trasformazione della materia e riesci ad accorgertene dinanzi all’elevatezza del prodotto culturale di Alfio Ghezzi. Distintamente territoriale, di filiera e di laboratorio, da intendersi meno come anfratto sterile, più come fulcro creativo e comunitario, identitario rispetto al terroir, prima, e solo dopo rispetto all’uomo, infinitamente piccolo dinanzi alla natura. Che è finita, e non bacino inesauribile.
Per cui, Alfio, antepone l’alternativa: attingere entro un raggio circoscritto. Un raccolto diurno - e non solo stagionale - da trasformare, per una cucina che pulsa dentro: «Non puoi solo sfiorarla: devi toccare ripetutamente il cibo, tastare le consistenze che mutano, il sapore che evolve, sentire che parte di te è nel piatto». Poi, nessuna catalogazione di ricette, ma un archivio di materia dal quale attingere, ricombinando i tasselli secondo natura, fino a ricreare l’ecosistema nel piatto.
In termini di sapori, la purezza concettuale, il riduzionismo dell’uomo e dell’eccesso, si traducono in percorsi, sentieri in cui affiora il vigore di mani operose, la densa dimensione del cucinato; altre volte, invece, di preparazioni inestimabilmente inviolate. Una cucina aromatica, sempre intensa, e non di certo per eccedenza bensì per concentrazione, in due formule, a pranzo (e prima, e oltre) al Bistrot (con i lievitati, le verdure dall’orto, i taglieri, i sapori locali e i grandi classici italiani), un’anteprima di quell’amplificazione sensoriale, di quella vista dalle vette del gusto: l’escursione immersiva di Omaggio al Trentino.
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giornalista professionista e professore di Antropologia del Cibo all’Università Iulm di Milano. Ha collabora con Fine Dining Lovers e altre testate del settore food. È stata nominata Chevalier de Champagne ed è stata per tre anni Responsabile della parte giornalistica food di Expo Milano 2015