Tre osservazioni al termine del nostro ultimo assaggio della cucina di Juan Camilo Quintero.
1) L'elemento fruttato può avere una potenza aromatica difficile da domare in una preparazione salata, ma possiede anche uno spettro di nuances possibili molto vasto. Quintero maneggia questo vocabolario del gusto con agilità, ne fa una propria nota caratteristica che gli serve non solo per comporre grandi piatti, ma più precisamente grandi piatti legati a filo stretto con la sua idea di fusione tra Italia e Sudamerica.
2) Nei primi piatti lo chef dimostra come un approccio diverso alla pasta “italiana” possa scaturire più facilmente da chi non è cresciuto mangiandola a casa propria e ha quindi meno vincoli di pensiero. La conferma ci è arrivata questa volta dagli Anelli e anelletti con totani di Santo Stefano al nero, memorabile golosità.
3) La forza di Quintero sta pure nel suo essere pienamente aderente al concetto stilistico che si propone di perseguire, quello della contaminazione tra le culture gastronomiche sudamericana e italiana; proposito per nulla facile da inquadrare ma che lui invece pare centrare con naturalezza. Altissimo livello.
classe 1974, giornalista professionista, si è a lungo occupato soprattutto di politica e nel tempo libero di cibo. Ora fa esattamente l'opposto ed è assai contento così. Appena può, si butta sui viaggi e sulla buona tavola. Caporedattore di identitagolose.it
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Ristorante con camere
Tavoli all’aperto
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