Ci sono cuochi abituati a interrogarsi sul senso del loro lavoro a cui le recenti incertezze hanno paradossalmente regalato più sicurezza e determinazione. Giacomo Caravello, che ha aperto il suo Balìce poco prima del lockdown, si rivela uno di questi: lo dichiara il trasparente percorso di maturazione che oggi lo porta a comporre percorsi di degustazione dalla rigida, intrinseca coerenza.
Tra vertigini di acidità provocatorie e tuffi in autentici peccati di gola, la cucina di Caravello diventa per gli ospiti uno scivolo acquatico in cui lasciarsi andare, curiosi di indagare le reazioni del proprio palato insieme alle intenzioni dello chef. Così ci si trova di fronte a un piatto tanto godibile quanto concettuale come Fusilli in succo di fico d’india fermentato e la sua pala: una pasta trompe-l’œil in cui frutto e pala del fico d’india ricostruiscono le parti acide, erbacee e grasse di pomodoro e formaggio e insieme demoliscono uno steretotipo del paesaggio siciliano per assegnargli dignità gastronomica e culturale.
Con lo stesso schema composto di pochi ingredienti in equilibrio, si prosegue alla ricerca di dettagli nascosti come l’aceteosella, la nepitella, il nasturzio, che danno lunghezza a piatti che tra l’altro non trascurano mai le responsabilità che sempre si richiedono a un ristorante di mare: Caravello se la assume dichiarando una predilezione per il lato selvatico dei pesci azzurri e operando in collaborazione con i pescatori locali e gli operatori dell’Area Marina protetta di Capo Milazzo e del WWF per portare a tavola un forte messaggio di sostenibilità.
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modicana, giornalista, sommelier, founder di Condire Digitale. Attraversa ogni giorno le strade del “continente Sicilia” alla ricerca di storie legate alla cultura del cibo e del vino. Perché ogni contadino merita un romanzo