Hanno sbattuto su una pandemia al loro primo giro di boa Luigi Lepore e la sorella Stefania, con il loro piccolo ristorante d’autore aperto nel cuore di una piazza già difficile di suo come può essere quella di Lamezia Terme. Alle difficoltà previste e prevedibili dell’essere una start-up si sono aggiunti i mesi di fermo dovuti al covid, ma loro hanno resistito, e non appena è stato possibile riappropriarsi della libertà di movimento e della socialità, hanno rimesso in campo una proposta di grandissima qualità e personalità.
La cucina qui è tutta accelerata e verticale, di spigoli vivi sul palato, di profumi acuti che acquisiscono consistenza materica, di materie prime che pennellano una Calabria intensa, di orto e di selva, di antica tradizione e di nuova tradizione, quella che questa speciale generazione di cuochi calabresi sta mirabilmente scrivendo da qualche anno a questa parte. Una tavola che vi accoglie anche un po’ algida, 6 tavoli candidi con luci centrate, circondati da boiserie scura alle pareti, seguendo una fascinazione nordica singolarmente diffusa a queste latitudini, poi arrivano le pietanze con la loro tonitruante mediterraneità, una sequenza di sapori intensi e carichi e di inattesi equilibri, come quello funambolico della liquirizia su una gravina scura di amaro che rende indimenticabile il Risotto con burro al ginepro alloro liquirizia e gin.
E via così fino alla fine, fra acidi e amari che tengono il ritmo costantemente teso, che si arriva alla fine quasi con affanno; che il gelato di peperone sembra quasi un medicamento.
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meridionale. Ha tre figli perplessi ed una moglie paziente. Il resto va e viene sotto il suo sguardo basito