Mirko Gatti è uno dei pochi chef che hanno molto da dire e da dare nella (ri)definizione di una cucina contemporanea del Nord Italia, e per Nord intendiamo di quella fascia tra Prealpi e Alpi caratterizzata anche da boschi, acqua dolce, pascoli. Ci riesce splendidamente per esperienza professionale (ha lavorato a lungo tra Londra e Copenaghen: Jason Atherton, Nuno Mendes, Relae, Noma) e per imprinting personale, lui è un comasco classe 1981 che "sente" la sua terra (a maggior ragione da quando vi è tornato, sul finire del 2018, per aprire appunto il Radici) e ne vuole esaltare le peculiarità.
Procede per ondate, concentrandosi su vari aspetti che poi innervano i menu degustazione Habitat: a rotazione c'è quello dedicato alla foresta, quello al lago, persino quello al mare, là dove lo chef affronta una materia prima "aliena" rispetto al proprio focus principale, ma la declina con ingredienti suoi: bacche, erbe aromatiche, fieno, frutti di bosco, funghi, radici.
Appassionato ricercatore, ha allestito un laboratorio adibito a ricerca e sviluppo in una ex nevaia, una vera e propria stanza delle fermentazioni in cui mette a “riposare”, sotto controllo, molti ingredienti che per alcuni sarebbero “scarti”, ma che per Gatti sono risorse preziose, nell’ottica di una cucina circolare. Nascono così koji, miso, garum, shoyu, lattofermentati, aceti, paste amminoacide. Tra i piatti da non perdere la Pancia di cinghiale con riduzione di porcini, noci nere e kosho di olivello spinoso, oppure la Trota Fario cotta nell'erica e ginepro, salsa di lische affumicate affumicate, garum e siero di latte.
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Tavoli all’aperto
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articolo a cura degli autori di Identità Golose
(nella foto: "Ravioli alle erbe e rapa bianca" di Antonia Klugmann, piatto simbolo del congresso di Identità Milano 2024)