Ci sono insegne che sanno fare tesoro della musica che gira intorno. Razzo è una di queste, e infatti è decollata con i propulsori a mille e la sala sempre piena. Hanno fatto tutto giusto, questi ragazzi. Primo: hanno preso un locale piccolo in una zona centralissima ma placida. Secondo: l’hanno arredato come va di moda oggi, tavoli spogli, arredamento minimal con le affiche di Gianluca Cannizzo che fanno molto natural compreso un manifesto di Bud Spencer che si produce in un doppio dito medio. Molto contemporary (Cannizzo è da sempre sui muri del Consorzio).
Terzo: ecco un menu corto di piatti belli di quelli che piacciono oggi (anche a chi scrive), cioè un mix riuscito di quinto quarto, evocazioni orientali, grassezza, freschezza, acidità. Dunque uova-finferli-coratella d’agnello; canocchie di Santa Margherita-zucca all’arancia; tagliatella di seppia-rucola-porcini; tagliolino-granchio-zenzero-lemongrass; raviolo di filone-midollo-crema di risotto alla milanese (golosità!); animella alla brace-prezzemolo-porcini-scalogni confit. Quarto: carta dei vini contenuta ma ammiccante.
Quinto: servizio rilassato, ma, grazie al cielo, senza storytelling e altre smancerie. Sesto, prezzi che se alla carta sono normali con i menu diventano compressissimi: 32 euro per 3 corse a scelta, 45 per 5. Sei mosse e il Razzo è nell’orbita rarefatta della ristorazione casual torinese, quella che non punta alle stelle ma al comfort dei passeggeri.
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viaggia e mangia per Lonely Planet, Osterie d'Italia, Repubblica e la collana I Cento (EDT). Ha scritto "Dire Fare Mangiare" (ADD), "Cibo di strada" (Mondadori), "Il Gusto delle piccole cose" (Mondadori Electa) e "Qualcuno sta uccidendo i più grandi cuochi di Torino", ama andar per trattorie e ristoranti di blasone portandosi dietro una moglie riottosa e due figli onnivori