José Avillez, classe 1980, Cascais, è il ragazzo che sta ridisegnando i connotati della cucina portoghese. Oggi è capo di un gruppo che comprende 20 ristoranti e 600 dipendenti. È accaduto tutto dal 2011, l’anno in cui l’allora enfant prodige di Cascais lasciò Tavares. Poi ha inanellato Belcanto, Cantinho do Avillez, Café Lisboa, Pizzaria Lisboa e Minibar, un format replicato a Oporto, per la gioia dei cugini.
Il 2016 è stato l’anno del più spettacolare dei suoi locali di Chiado: è il Bairro do Avillez, una porticina sulla rua Nova da Trindade che schiude un mondo tripartito di oltre mille metri quadri, percorsi da una centinaio di cuochi e camerieri. Appena dentro c’è la Taberna, cucina semplice di prodotto e prosciutti e formaggi di grande lignaggio da portarsi via. Nella stanza dopo il Patéo, un’agorà che serve meravigliosi pesci e frutti di mare (assaggi un gambero Carabineros e non vorrai mangiare altro crostaceo in vita tua) e, ancora oltre un’anonima porticina, Beco, il più originale di tutti. È un cabaret gourmet stile anni Venti ricavato sotto archi a volta, con un grande murales al bancone che ricorda Dita von Teese. Sul palco frontale si esibiscono cantanti e commedianti e a tavola plana un menu degustazione a sorpresa, sulla falsariga di quello del Belcanto.
Avillez è un teorico della diversificazione: «La gente ha sempre più voglia di vivere esperienze e di divertirsi, non solo mangiare. È sbagliato sostenere che il fine dining sia morto; semplicemente, sarà sempre più solo una delle tante strade percorribili». Vero è.
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classe 1973, laurea in Filosofia, giornalista freelance, coordina i contenuti della Guida ai Ristoranti di Identità Golose dalla prima edizione (2007), collabora con varie testate e tiene lezioni di gastronomia presso diverse scuole e università.
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