Diego Papa non ha avuto maestri, né ha ereditato il mestiere dal padre, e neppure ha fatto studi gastronomici di livello, solo «l'alberghiero Mantegna a Brescia e poi ho frequentato un corso in Scienze e tecnologie alimentari a Piacenza». Dato che - anticipiamo qui la nostra conclusione - cucina straordinariamente bene, ne consegue che è un talento naturale. ("Straordinariamente bene" significa: non solo in modo corretto dal punto di vista tecnico, che sarebbe il meno - a far quello son capaci in tanti - ma anche con una creatività scoppiettante, sorprendente... Diremmo "selvaggia", in senso buono, ossia: spontanea, personalissima, mai mediata, persino audace perché priva di lacci e lacciuoli condizionanti. Libera: non si riconosce l'influenza diretta di nessuno, perché appunto di nessuno lui è allievo).
Stava ancora chino sui libri a Piacenza quando il fratello Giambattista, amante del bon vivre, gli ha detto più o meno: «Perché non ci buttiamo nella ristorazione?». Boh, perché no... Giambattista è un classe 1969, Diego più giovane: 1982. Il fratello maggiore ha aiutato il minore a trovare la sua vera vocazione; perché, caspita se il Papa più piccolo è bravo! Rognoncini di coniglio, tarassaco, anisone, scalogno, scalitì (la crosticina della polenta avanzata): ci siamo assolutamente innamorati di questo piatto, equilibrato, suadente. Sul taccuino abbiamo scritto: "Un tripudio composto di sapori in un insieme armonico". Contemporaneo e territoriale insieme: la cucina che vorremmo sempre.
Non un episodio - ossia un piatto - isolato. Al Gaudio abbiamo gustato una gran cena.
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articolo a cura degli autori Identità Golose