C'è un'alchimia speciale nella formula da cui è nato l'attuale Aalto: alla base, la bravura imprenditoriale di Claudio Liu, già artefice del successo di Iyo in via Piero della Francesca, e parte di una famiglia di imprenditori della ristorazione che da anni sforna format da sold out. Poi, da metà 2020, è arrivato il talento di Takeshi Iwai: giapponese ormai da anni in Italia, alle spalle esperienze con Cuttaia, Alajmo, Genovese, Cannavacciuolo, che per un paio di stagioni aveva conquistato un pubblico di gourmet alla Cascina Guzzafame di Gaggiano.
L'approdo in piazza Alvar Aalto ha portato una stella in pochi mesi e un primo menu degustazione di grande effetto, a dimostrazione di quanto fosse pronto Iwai per mettersi alla prova su un palcoscenico prestigioso. Ha ancora molto da dire lo chef nipponico, non fosse altro perché, causa le chiusure forzate, non ha ancora avuto il tempo di portare a termine una stagione completa. La sua, come recita anche il claim del ristorante, è una cucina libera e senza confini. In cui si fa fatica a tracciare una linea netta di demarcazione tra ciò che Italia, o Giappone, o chissà cos'altro: ed è entusiasmante che sia così.
Nel nuovo menu parte subito forte, con un piatto come Seppie, midollo e caviale, che avvolge e inebria il palato. Poi si gioca nella composizione libera, affidata al commensale, del Risotto a mano e gelato ai ricci di mare: un riso dalla ricca mantecatura, una foglia di shiso in cui avvolgerlo, il gelato a fornire sapidità e shock termico: una grande idea, realizzata ancor meglio. Servizio, infine, impeccabile.
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giornalista milanese nato nel 1976, a 8 anni gli hanno regalato un disco di Springsteen e non si è più ripreso. Musica e gastronomia sono le sue passioni. Autore e conduttore di Radio Popolare dal 1997, dal 2014 nella redazione di Identità Golose.
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