Francesco Apreda è uno chef atipico: tanto talentuoso quanto umile e riservato, è riuscito in poco tempo a creare uno stile solido, capace di introiettare le culture gastronomiche del mondo e, nel frattempo, parlare di sé e di una cucina perfettamente solida e molto adesa esteticamente alla sede in cui dimora, l’Iconic Pantheon Hotel di Roma, forse solo più discreta, meno appariscente ma altrettanto internazionale, anzi, sovranazionale.
Assetato di continui stimoli, Apreda si proietta dalle origini partenopee verso nuove frontiere, prediligendo in particolare India e Giappone, ma senza mai lesinare sulla riconoscibilità e, soprattutto, sul comfort gusto-olfattivo. E proprio l'olfatto gioca, per Apreda, un ruolo essenziale; estasiato dalle lusinghe del tartufo nero sulle capesante, pizzicato dall'aglio e dal peperoncino nei capellini, ispirato dai pepi del risotto col cacio e i sesami e da tutto il caravanserraglio delle spezie da Oriente dell'anatra, Apreda ordisce una storia da Le Mille e una Notte che, in sala, si sostanzia anche di una bella carta dei vini, soprattutto nella sezione degli Champagne, e un servizio disinvolto e sorridente, che ben rappresenta una cucina cosmopolita e coraggiosa, tanto da assumersi il rischio di calcare la mano su sapidità davvero ambiziose né di lesinare sul livello di concentrazione dei sapori, davvero audacissimo.
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folli amanti dell’alta cucina, in totale sono una ventina, sempre alla ricerca di emozioni. La causa? Un’irresistibile Passione Gourmet