C'è qualcosa di nuovo a Trastevere. Anzi d'antico, ma più nuovo che antico. Il nome Zia fa pensare a tinelli gozzaniani e invece è solo il riassunto del cognome dello chef, Antonio Ziantoni, l'unica abbreviazione in una cucina che invece si dilunga in esposizioni lunghissime di ingredienti lasciati quasi nudi davanti al cuore e al palato del commensale.
Zia è un'esperienza da provare assolutamente se si vuole avere la visione di una cucina italiana del futuro, senza fronzoli (non ci sono tovaglie, ma tavoli in legno scabri) ma con una cultura e una curiosità infinite. Ma del menu parleremo tra poco. Prima è il caso di raccontare la meraviglia di uno staff tutto under 30 che, coordinato dalla bravissima Ida Proietti, compagna dello chef, conquista per professionalità, informalità, competenza, riempiendoci il cuore di allegrezza.
Poi certo, c'è anche quello che finisce nel piatto. Ricordiamo ad esempio un Capitone (in gratella con cipolla e dragoncello) che ci ha presentato una nuova identità di un ingrediente che mai avevamo assaggiato così assoluteggiante. Ricordiamo ancora un'Animella di vitella, tre latti e pomodoro di grande delicatezza. Poi un Risotto bufala limone e genziana perfetto anche nella terra derisottizzata. Tra i secondi Manzo e nocciola. Capitolo a parte per i dolci dello ieratico Christian Marasca, bravo come pochi nello smash finale: Babà e chantilly, Millefoglie e visciole. La carta ricca di vini convenzionali e non è sciorinata dalla bravissima Valentina Bivona, una delle grandi sorprese di una serata inoubliable.
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romano di stanza a Milano, sommelier e giornalista del quotidiano Il Giornale, racconta da anni i sapori delle città in cui vive