Terzo episodio della saga di Aimo e Nadia, i due pionieri della haute cuisine milanese oggi rappresentati dalla personalità sottile della figlia Stefania Moroni e in cucina dal talento enciclopedico di Fabio Pisani e Alessandro Negrini, questo bistrò con la R maiuscola è ormai un file salvato nell'hard disk del gourmet milanese. In fondo il locale è una summa di meneghinitudine, frutto com'è della collaborazione tra i gruppo A&N e la gallerista e avanguardista Rossana Orlandi. Ne nasce un luogo elegante (i rivestimenti sono di Etro), multiforme, vagamente salottiero, in cui il bello se la gioca alla pari con il buono.
La carta è coerente con lo stile A&N, un manuale pratico di italianità zeppo di buone maniere e buone pratiche, con credits per piccoli produttori e una venerazione per la materia prima, messa al centro del villaggio. Sarebbe sbagliato immaginare però la proposta come una versione semplificata per i solutori meno abili delle spericolate incursioni di Pisani e Negrini.
La cucina è in piena luce, nitida e ben contrastata, accuratamente stagionale, sostenuta da una mano ferma. Prova ne siano la alpestre Tartare di vitella di montagna, crema di latte e noci, santoreggia e la rimarchevole Lepre farcita con tarte tatin di sedano rapa, pere e capperi. Si chiude con un Soufflé all'amaretto con gelato di mandorle tostate.
Si beve pescando da una piccola carta con alcune etichette non scontate. Servizio ovattato.
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romano di stanza a Milano, sommelier e giornalista del quotidiano Il Giornale, racconta da anni i sapori delle città in cui vive