Domodossola è città di confine, i treni vanno e vengono, intorno è tutta Svizzera. Un bel centro storico e nella torre dell’antico castello, Cristian Elena e la moglie Roberta, accolgono gli ospiti in un ristorante unico ed emozionante. Solo 3 tavoli, 9 posti, massima concentrazione sul cliente. Tre menu, niente carta. Si sceglie solo il numero di portate. Poi ci pensa lo chef, dalla smisurata passione e dal talento cristallino ereditato da papà Giuseppe, a pescare dalla lista di 40 piatti, rinnovata ogni anno.
Cristian in sala sembra un colibrì, sempre in movimento anche quando deve solo stare fermo. Chiede, racconta, presenta piatti pensati e creati grazie a spunti e contaminazioni appresi anche alle tavole di illustri colleghi. La sua impronta però è precisa: poco sale, sapori netti, contrasti acido e amaro, sono nel suo dna. L’avvio è sorprendente. La tavola è letteralmente invasa da piccole bontà, decine di assaggi: minuscole tartare, due fusilli con bottarga greca, cavolo e gorgonzola, ostrica con sorbetto di asparagi, gazpacho di pomodoro ossolano e zafferano.
Negli Spaghetti per il Comandante la pasta, cremosissima, è cotta in un latte aromatizzato con capasanta, scampo e gambero poi frullati e nascosti sotto il ricciolo di spaghetti. Lascia senza parole l’Albero della vita, omaggio a Klimt, con salsa alla liquirizia e microravioli di vari gusti. Bettelmatt e plancton entrano in molte preparazioni. Alla fine del percorso tutti in cantina, dove si degustano i dessert a lume di candela e sulla musica di Prince seguendo il motto della casa: "Concediti il tempo".
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articolo a cura degli autori Identità Golose