La cucina di Jeremy Chan sembra venire da un luogo selvaggio, verso cui lui non smette di coltivare un'intimità autentica e che allo stesso tempo rappresenta con lo stupore di un quadro di Gauguin: stupore che per gli ospiti diventa una rivelazione.
Come un misterioso alieno atterrato nella cucina europea con un carico di ingredienti del sud del mondo che mai avevano trovato spazio tra le cucine di questo anziano continente, il cuoco a cui la Michelin ha rapidamente tributato due stelle e che i The World's 50 Best Restaurants hanno già nel 2021 indicato come “one to watch”, ha reso davvero questa tappa londinese una di quelle per cui vale il viaggio, ancor più adesso che il trasferimento dal St. James's Market al più comodo 180 The Strand dà più spazio sia al suo laboratorio che all’accoglienza.
Il menu resta una collezione di piccoli assaggi, scrigni di conoscenza che attraversano con disinvoltura i continenti - Jeremy Chan è di origini cinesi e canadesi e ha lavorato in molti paesi del mondo - ma vanno sempre a cercare la patria africana del suo socio, Iré Hassan-Odukale, nato e cresciuto in Nigeria, a Lagos, vicino a Ikoyi.
Piatti multidimensionali, energici - sempre attenti anche alla sostenibilità di carni, pesci e verdure locali e poi sempre sostenuti dall’uso sapiente di una vasta collezione di spezie dall'Africa occidentale sub-sahariana - si rinnovano continuamente, pur con qualche punto fermo come il curioso Platano a mezzaluna, spolverizzato con sale aromatizzato alle more e paprika, e il godurioso riso Jollof speziato servito con granchio e verdure.
+442035834660
+447910000108
modicana, giornalista, sommelier, founder di Condire Digitale. Attraversa ogni giorno le strade del “continente Sicilia” alla ricerca di storie legate alla cultura del cibo e del vino. Perché ogni contadino merita un romanzo