Impasti buoni, leggeri e digeribili, da farine biologiche e macinate a pietra e un’attenzione millimetrica a ogni passaggio della produzione, fino alla temperatura del forno a quella del servizio. Materie prime nell’85% dei casi siglate da un certificato biologico (una caratteristica che non amano strombazzare, perché non vogliono essere confusi con tutti quelli che lo dichiarano senza esserlo). E il servizio, easy, condito di sorrisi e modi informali per non far pesare al cliente l’evidente qualità e lo sforzo impiegato per raggiungerla.
Insomma, «Fare pizze buonissime, servite con gentilezza, in posti bellissimi» è il claim tradotto ogni giorno nella pratica in 14 pizzerie di 9 città (Bologna, Castelmaggiore, Londra, Milano, Verona, Firenze, Verona, Torino ma avremo altre aperture) dai fratelli calabresi Matteo e Salvatore Aloe, con il primo che segue la parte operativa - dalla formazione alla risoluzione di qualsiasi problema quotidiano - e il secondo che si occupa di trovare i luoghi giusti in cui aprire. Sono le alchimie di uno di uno dei casi di successo seriale che stimiamo di più.
In meno di 3 anni, Berberè ha sbancato a Milano, con 3 locali che funzionano uno meglio dell’altro. Questo di Isola, aperto a ottobre del 2016, è stato il primo: appartato, ampio, bello. Un anno dopo hanno varato la seconda insegna sui Navigli, con pubblico più internazionale, e nell’aprile di quest’anno la terza, tra Centrale e Buenos Aires, già un blockbuster, anche a pranzo per via degli uffici. Una pizza sola? La vendutissima Bufala, con mozzarella di Caserta, pomodoro, basilico.
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classe 1973, laurea in Filosofia, giornalista freelance, coordina i contenuti della Guida ai Ristoranti di Identità Golose dalla prima edizione (2007), collabora con varie testate e tiene lezioni di gastronomia presso diverse scuole e università.
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