L’ha chiamata Signore te ne ringrazi, la sua casa. Ovvero l’osteria francescana, nel senso di santo Francesco, dove si fa esercizio quotidiano di memoria e si rende grazie alle minuzie che crescono spontanee sulla terra.
Michele Biagiola ha occhi buoni per vederle, e ci parla a modo suo. Un dialogo serrato con l’infinitamente piccolo del regno vegetale, potente e delicato insieme. “Calpestiamo la terra e le erbe senza renderci conto di quel che abbiamo sotto i piedi”, dice il cuoco maceratese, con una smorfia di stizza, e di tenerezza per quel tesoro strapazzato. “Intanto tu strazi le erbe co' tuoi passi; le stritoli, le ammacchi, ne spremi il sangue, le rompi, le uccidi”, così Leopardi marchigiano di Recanati, vicino di casa di Biagiola, nel suo giardino della souffrance e dell’indifferenza.
Stesse premesse, altri risvolti, il cuoco se la cava con “sette note di arrabbiatura crescente” consacrate nei memorabilia di Gianni Mura, ovvero un leggendario Spaghetto all’arrabbiata. Base olio, aglio, peperoncino e conserva fatta in casa di pomodoro giallo “perché aderisce meglio”, il trucco anti-risottature dello chef. Da questa base tenue e gialla parte letteralmente un viaggio dalla traiettoria predefinita: lo spaghetto avvoltolato per lungo nel piatto si mangia da sinistra verso destra, a tappe scandite da sette erbe. Ed è sempre vegetale la materia principe dell'Acqua cotta al Levistico, una zuppa in cui si intersecano memorie pastorali e contadine, capace di squassarti i ricordi meglio nascosti da qualche parte, in fondo in fondo.
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Tavoli all'aperto
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articolo a cura degli autori Identità Golose
Michele BiagiolaSpaghetti all’arrabbiata di erbe