In una moderna sala che, pur riecheggiando gli antichi affumicatoi dello speck, più lontana dallo jodler dolomitico che pervade tutto l’albergo, non si potrebbe, va in scena, la cucina “etno-metropolitana” di Mario Porcelli. Pugliese, con il cuore tra le montagne, ma radici ben salde nella sua terra. Anzi nel mare, di cui è un eccellente narratore.
Tra prodotti alpini ed essenze iodate, la sua cucina viaggia tra i poli dei suoi affetti, con tecniche e sensibilità della ristorazione internazionale. I suoi tre menu ne sono un poliedrico resoconto. A partire dalla Tradizione in Evoluzione. Menu dal nome non originalissimo che ci porta, però, in Un viaggio di sapori dal Sud al Nord con prodotti italiani e internazionali. Il Branzino selvaggio dell’Adriatico, ad esempio, con mela, caviale Kaluga Amur, lemongrass, ibisco e frutti rossi. In cui la molteplicità degli elementi si fonde armoniosamente nel piatto. Poi un goloso Maialino dei Nebrodi, con finocchio, arancia e topinambur, piatto anch’esso ben riuscito, anche nella presentaziine nel piatto. Alle dolomiti e alla Terra (la sua) sono dedicati altrettanti percorsi. Esemplare per il primo il Wagyu del Renon, con vino Moscato rosa, castagne di Corzes, senape al miele di rododendro. De secondo il Riso ai mugnoli, aglio nero, taralli e datterini pugliesi.
Della grande cantina vale solo segnalare le molte bottiglie selezionate con altrettanta attenzione filologica dei piatti. I piatti si possono scegliere anche à la carte. Oggi un valore aggiunto.
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articolo a cura degli autori Identità Golose