Negli anni il discorso iniziale di Trainspotting, quello in cui Ewan McGregor recita di scegliere di non scegliere la vita, è diventato per la generazione cresciuta nel Novanta come un'icona sovversiva a cui legarsi. Un manifesto per mostrare il proprio carattere ribelle. Ecco in maniera molto più pacata, Giovanni Passerini è diventato uno dei cuochi migliori di Parigi nel momento in cui ha scelto di non scegliere la cucina.
Ci spieghiamo meglio. Prima di aprire Passerini, Giovanni è stato uno dei protagonisti, prima a La Gazzetta e poi da Rino, della rivoluzione francese conosciuta ai più con il nome di Bistronomie. Aperto Passerini è cominciato anche un nuovo capitolo nella sua vita da cuoco, non più segnato da menu degustazione, ma côtes de boeuf, germani reali, piccioni e astici da portare al tavolo in 2 servizi: il primo si lega all'Italia, che sia un Risotto con gli abats di piccione o uno Spaghettone all'astice; il secondo più francese: Astice con una salsa al vin jaune o del Piccione cotto alla plancha con fave, piselli e ciliegie, sempre accompaganto da un contorno goloso come i Finocchi gratinati o l'Insalata condita con un jus de viande.
Il resto del menu assume un carattere unico, in cui la cucina di Gio, un po' romana, parigina con qualche punto basco è rudimentale nella preparazione e diventa compiuta nella finitura del piatto, con l'utilizzo di salse e garniture pulitissime. Si guardi l'Animella con daikon, cedro e panna cruda. Una cucina che ricorda tanto l'imitazione di Battiato di Neri Marcoré, che canta "La società dei magnaccioni" sulle note de "La Cura".
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milanese, a volte londinese, fondamentalmente parigino. Esperto mondiale di BLT sandwich, bevitore di Americano e aspirante Larry David. Solitamente magna e se rilassa. Ogni tanto scrive