Giuseppe Raciti è molto cresciuto da quando, giovanissimo, era in rampa di lancio, già si parlava parecchio di lui ma ci appariva ancora acerbo. Ha messo ora struttura e muscoli, affinato uno stile che mixa la sua sicilianità e l'impronta del Mediterraneo con concetti di fine dining diremmo "nazionale", ossia parametri di valutazione contemporanei e dalla resa efficace. Bene così.
Prendiamo i piatti che abbiamo assaggiato l'ultima volta allo Zash di Riposto, il bellissimo boutique hotel nel lembo di terra a Est dell'Etna, tra mare e 'A muntagna: i "classici", certo, ad esempio il signature Uovo poché, panura croccante, spuma di provola, riduzione di gelsi rossi; poi una sorta di viaggio in Italia che tocca Sicilia (Macco di fave, robiola di capra e ricci di mare), Campania (Tartara di vitello, olio alla cenere, scamorza, pomodoro e origano), Toscana (Scampo, fagiolo borlotto, lardo e cavolo nero), Emilia (Lasagnetta di pasta all'uovo, ragù al coltello di agnello, riduzione di Lambrusco speziato e Parmigiano Reggiano) e così via. Tutto senza didascalismi, senza ingenuità, senza sbavature.
Questo per dire che, con l'esperienza, Raciti ha acquisito fiducia nei propri mezzi, ora sa (ben) districarsi senza impacci e con vena creativa tra gli aromi dell'italianità. Mano ferma, resa sicura. E - vivaddio, per una volta - non c'è scimmiottamento delle influenze internazionali mainstream: che ci piacciono, intendiamoci, ma è ottimo se qualcuno dimostra che un altro stile è possibile, e regge il test della forchetta.
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Ristorante con camere
Tavoli all’aperto
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classe 1974, giornalista professionista, si è a lungo occupato soprattutto di politica e nel tempo libero di cibo. Ora fa esattamente l'opposto ed è assai contento così. Appena può, si butta sui viaggi e sulla buona tavola. Caporedattore di identitagolose.it