Ci sono proiettili e monete e ciambelle e rose e aragoste metallizzate e pietre blu e sottomarini gialli e maschere: tutto questo troverete nei piatti di Matias Perdomo che non smette mai di giocare, di stupire, di sorprendere. Non ce ne sono tanti di ristoranti così, in giro, che ancora hanno voglia di tracciare strade nuove senza ripiegarsi sul conforto, di sfidare il cliente in un gioco in cui – miracolo – vincono tutti: il cuoco che osa, il commensale che gode.
Lo chef uruguagio (ma nato a Buenos Aires) , il pastry chef Simon Press e il maitre e sommelier Thomas Piras hanno allestito uno spettacolo di grande precisione (per trovar rivali nel genere bisogna andare fino a Girona): sala d’eleganza borghese con innesti contemporanei; servizio garbato ma con del sottotesto ironico; cucina che, come si diceva, gioca con forme e colori ma mai – MAI! – a discapito del senso (intendendo, naturalmente, il gusto).
Gli scampi diventano una rosa, la cipolla di Tropea con la capra di trasforma in un palloncino, la carbonara muta in una sfera nera come il carbòn, il polpo (con il chorizo) prende la guisa d’una fetta di torta, cocco e cioccolato si fanno polvere e proiettili su uno specchio, omaggio a Mia Wallace in Pulp Fiction. Soste così, in Italia, si contano sulle dita della mano di Cattelan di fronte a Piazza Affari.
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viaggia e mangia per Lonely Planet, Osterie d'Italia, Repubblica e la collana I Cento (EDT). Ha scritto "Dire Fare Mangiare" (ADD), "Cibo di strada" (Mondadori), "Il Gusto delle piccole cose" (Mondadori Electa) e “Qualcuno sta uccidendo i più grandi cuochi di Torino”, ama andar per trattorie e ristoranti di blasone portandosi dietro una moglie riottosa e due figli onnivori
Matias PerdomoPotrebbe essere un risotto…