Se qualcuno desiderasse frequentare - sedendosi per un’unica cena alla tavola di unico ristorante - una lectio magistralis sullo stile e sulle regole d’oro dell’alta cucina, allora dovrebbe subito raggiungere Ragusa Ibla e scovare, incastonate ai piedi di questo gioiello barocco patrimonio dell’Unesco, le grotte dell’antica Chiesa dei Miracoli che oggi ospitano Locanda Don Serafino.
L’accoglienza impeccabile che i fratelli Pinuccio e Antonio La Rosa ormai da vent’anni accrescono con cura quasi maniacale in ogni dettagli dell’arredo, della sala e del servizio, una cantina monumentale che accoglie con pari dignità le grandi annate di Borgogna e più interessanti novità del panorama biologico siciliano, e soprattutto l'eleganza classica della cucina di Vincenzo Candiano, restano una rassicurante stella polare a cui fare riferimento per orientarsi nel panorama contemporaneo.
La sua cucina rifugge ogni istrionismo e - nella cifra della sobrietà - riesce a centrare una vena di romanticismo, di malinconia persino, che lo mette subito in connessione con gli ospiti: «Non esiste mestiere più malinconico di un cuoco - gli piace dire -, perché uno che è andato a lavorare quand’era ancora un ragazzino è destinato a passare il resto della propria vita a rincorrere i profumi di casa». È per questo che accanto alle sempre nuove Crudità del mare in cui racchiude il suo viscerale amore per la costa, riesce a riportare all’essenzialità di una cucina limpida e leggera anche grandi evocazioni della memoria come le Linguine al ragout rosso di pollo ruspante o l’Arrosto di bovino alla pizzaiola.
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modicana, giornalista, sommelier. Attraversa ogni giorno le strade del “continente Sicilia” alla ricerca di storie legate alla cultura del cibo e del vino. Perché ogni contadino merita un romanzo