Qualcuno ritiene che dovrebbe azzardare di più, molti invece si divertono a seguire Ciro Scamardella nei suoi piatti che giocano con la memoria, l'inganno apparente, la contaminazione tra Nord e Sud (ma qualche volta pure Est), spesso con l'invito a interagire e a mangiare con le mani. A noi piace un bel po' il "nuovo corso" (ormai iniziato da un po') del ristorante di Alessandro Pipero, che ancora una volta ha visto giusto nel chiamare il giovane chef campano affidandogli la guida della cucina e di una brigata giovane e affiatata.
Se la notizia del ritorno in menu della stranota carbonara - acclamatissima, opulenta e irresistibile - ha tenuto banco a lungo, sono parecchi i piatti di Ciro che meritano l'assaggio. A cominciare dagli antipasti come la Mozzarella con sorpresa (di cui non vogliamo dare spoiler, sappiate solo che è un piatto in due step), la minimale ma intensa Zolla di manzo, mandorle e acetosa o il divertissement vintage del Gambero, melone e Vov. La Genovese di polpo in raviolo - quintessenza di sapori partenopei e salmastri - è ormai già un classico, il Piccione, ratafià e foie gras mostra grande scuola e rispetto delle materie prime.
La sala marcia una bellezza, impeccabile ma disinvolta, ben orchestrata da Achille Sardiello - che dirige pure la cantina - e con le incursioni teatrali ma dai perfetti tempi scenici di Pipero. E per chi va di fretta, o è colto da sete e fame improvvise, dalle 18.30 alle 20.30 c'è pure lo Champagne Bar con un calice (o un cocktail).
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giornalista, napoletana di nascita e romana d'adozione, cerca di unire le sue tre passioni: mangiare, viaggiare e scrivere