Come tutti noi, ma forse molto più di ciascuno di noi, prima ancora che una persona singola Francesco Brutto è un modus vivendi e, come tale, è l'esito delle sue interazioni, prima fra tutte quella col suo sommelier, maître e amico Regis Ramon Freitas. Posto, infatti, che entrambi possiedano una conoscenza privilegiata, e peculiarissima, delle cose del mondo - erbe e relative manipolazioni in cucina il primo; vini, vermut, distillati e piaceri più dionisiaci, a dispetto del suo aspetto ascetico, il secondo - quel che colpisce qui è proprio il rapporto di reciproca traduzione e, allo stesso tempo, di mutua custodia come, al tempo degli egizi, doveva essere il rapporto tra lo scriba e l'imperatore; e viceversa.
Ma non si creda che i piatti e, in generale, l'esperienza del pasto sia qui qualcosa di ieratico, incomprensibile o settario. Benché lontano da una collocazione confortevole e fatta la tara della copiosa presenza di erbe ed essenze che inebriano e quasi narcotizzano, l'esperienza risulta una delle più complete da un punto di vista non solo sensoriale ma anche conoscitivo: astratta, estatica, a tratti perfino mistica com'è l'esperienza artistica pura.
E se alcuni piatti, come le castraure, parlano del rapporto di Brutto con Venissa, altri sono la sua sublimazione, come la grimildiana Rorta di cipolle con manzo crudo, rosa canina e sanguinaccio o gli iconici ancorché eretici Tortellini di tamarindo fermentato, doppia panna e angostura che Regis Ramon Freitas, col suo abbinamento, renderà più potenti e, viva Dio, anche comprensibili ai più.
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folli amanti dell’alta cucina, in totale sono una ventina, sempre alla ricerca di emozioni. La causa? Un’irresistibile Passione Gourmet