Terry Giacomello parla veloce come una mitraglietta, con una cadenza e un accento spagnoleggianti che sconfinano volentieri in eco friulane. È naturale per lui. Chi lo ascolta e di certo ne apprezza il tono propositivo, umile, appassionato e ragionato insieme, comunque un po’ di fatica la fa per star dietro all’articolato quanto rapido discorso, che è peraltro sensatissimo e istintivo al contempo.
Anche la cucina di Terry, e ci riferiamo al percorso degustazione, che meglio della carta esprime appieno il pensiero e l’anima dello chef, in qualche maniera, parla allo stesso modo, erodendo, piatto dopo piatto come le gocce d’acqua nella roccia, la dura scorza del comune senso del mangiare e aprendo la via a scenari diversi. In 19 Vibrazioni, Giacomello provoca a tutto spiano, costringendo a fare i conti con il pregiudizio, estetico e non, puntando i riflettori su parti meno nobili degli animali come la zampa e l’esofago di gallina (Eh lo SO FA Gola) o le orecchie e il cervello del coniglio (Canapé di coniglio).
Oppure, usando texture volutamente bavose o filanti (Lumaca di mare e Mochi-Madre), portando in tavola le muffe (Patata millenaria e Limone dimenticato) e sfidando l’ospite ad andare oltre l’apparenza perchè lo chef arriva persino a darsi letteralmente in pasto col dessert finale (in superficie c’è la riproduzione del volto di Terry, più dolce che mai).
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Ristorante con camere
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autrice del libro Gli anni d'oro della cucina parmigiana, per l'Accademia Italiana della Cucina, collabora a “Gusto”, pagina golosa della Gazzetta di Parma