Angel Leon ha la forza delle impetuose onde atlantiche che squassano le basse scogliere della sua El Puerto de Santa María, città portata da lui all'onor del mondo gourmet come sede dell'Aponiente. Che è certo un gran ristorante, ovvio: ma, di più, è uno straordinario laboratorio di ricerca e pensiero gastronomici applicati al mare. E di più ancora: è il luogo in cui lo chef andaluso progetta il suo allargamento dei confini edibili, cioè nell'acqua salata - che occupa tre quarti del pianeta - ciò che con sempre più difficoltà ricaviamo dalle terre emerse.
È una frontiera che León esplora ricavandone continui stimoli intellettuali che diventano piccole rivoluzioni culinarie. Lo è stato col plancton. E poi il branzino per fare la mortadella; cozze per il sanguinaccio; pelle di murena per imitare la cotenna di maiale; nasello bollito come noodles; e varie parti della testa di un tonno per creare un ossobuco. Ma l'attività è inesausta, «abbiamo studiato solo l'1% di quello che il mare può dare».
Nella serie dei formaggi marini che da tempo arricchiscono il carrello dell'Aponiente, ecco arrivare anche un clamoroso camambert, aspetto e sapore del tutto simili all'originale francese, ma è di tonno rosso. Poi olive di mare per l'aperitivo (vengono da una pianta delle aree salmastre, si chiama Sesuvium, simile alla portulaca). E un progetto che decolla: risaie marine, in realtà chicchi di Zostera marina, una posidonia. «Coltiveremo gli oceani».
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classe 1974, giornalista professionista, si è a lungo occupato soprattutto di politica e nel tempo libero di cibo. Ora fa esattamente l'opposto ed è assai contento così. Appena può, si butta sui viaggi e sulla buona tavola. Caporedattore di identitagolose.it