È la contemporaneità, bellezza, e la contemporaneità è la chiave con cui si può sperare di decifrare la cucina di David Muñoz il quale, comunque, non lesina gli indizi per coloro che, per gustare, hanno anche bisogno di capire. A cominciare dai suoi sardonici maiali volanti; poche astrazioni salvo alcuni riferimenti: la copertina di Animals dei Pink Floyd da un lato e Children of Men di Alfonso Cuarón dall'altro: quei maiali siete voi, sono loro, siamo noi: sipario!
E il sipario si alza davvero sul tavolo, prenotato a fatica, dopo mesi di attesa, da DiverXo, che si disvela solo con la prima portata. Ma, diciamolo subito, sarebbe in errore chi pensasse che questa scenografia, questi artifici, siano compensativi: perché ciascuna delle portate, una dopo l'altra, una dentro l'altra, è una visione tanto deflagrante da catapultare ovunque: Messico, Giappone, Cina, e con una profondità e una enfatizzazione, quasi un'esasperazione del gusto da lasciare insieme storditi e lucidi, altrove ma anche qui e anche ora.
In un presente tutto da partecipare: perché il ritmo delle portate - ne abbiamo contate una trentina, ma potrebbe essere un'approssimazione per difetto dato che il menu più lungo, El Xef, consta di 15 canvas (tele) - è partecipativo al punto da rasentare l'impegnativo tanto richiede di esserci: col cervello, certo, ma anche con le mani dal momento che alcuni piatti, come Il viaggio al mercato di Tsukiji, vengono serviti proprio sulla mano, e da questa, leccati via. Una trovata tanto banale quanto geniale, com'è Muñoz tutto, del resto.
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folli amanti dell’alta cucina, in totale sono una ventina, sempre alla ricerca di emozioni. La causa? Un’irresistibile Passione Gourmet