Sono passati quasi 22 anni dall’apertura e ancora oggi è tra i ristoranti che ci emozionano di più al mondo. Il segreto di Andoni Luis Aduriz è tutto sommato semplice: procede su binari suoi e solo suoi, evitando di replicare, anche solo alla lontana, piatti o registri già visti altrove. Per questo Mugaritz è l’insegna più divisiva e controversa che esista: ha sempre lavorato per spiazzare il cliente, per instillargli il dubbio, per demolire ogni certezza, l'unica premessa possibile per aprire nuove strade.
Il menu dell’anno solare 2019 è un percorso di 25 piatti e ben 25 calici, frutto di 4 mesi di lavoro nel test kitchen. Si sta seduti seduti per 4 ore, senza patire alcunché. Gli spunti di cronaca sono innumerevoli: nei piatti della carta non si citano mai sous-vid, confit o quenelle ma si parla di “scelta”, “vanità”, “sottomissione”, “liberazione”, “piacere”. Alterna assaggi molto tradizionali (i Calamari grigliati o l’Astice all’americana) a tanti piatti di sola tecnica, astratti diremmo (il finto rognone Alubias Dulzura, o Azar, geometria vellutata). Piatti in cui spesso è la consistenza a vincere sul gusto.
Come spesso accade, il cliente di Mugaritz non è una vittima da gonfiare di cibo e concetti. È egli stesso un profilo vivo, «una massa madre», spiegava la bravissima maitre italiana Francesca all'inizio del percorso, «che va alimentata per essere lasciata libera di esprimersi». Sono altezze che generano brividi, vertigini come premessa del sublime.
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classe 1973, laurea in Filosofia, giornalista freelance, coordina i contenuti della Guida ai Ristoranti di Identità Golose dalla prima edizione (2007), collabora con varie testate e tiene lezioni di gastronomia presso diverse scuole e università.
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