Al comando del Piccolo Principe da 16 anni c’è Giuseppe Mancino da Sarno, forse il più taciturno di tutti e 35 i cuochi e le cuoche italiane che in Italia si fregiano delle 2 stelle Michelin. È uno che ama cucinare e stare lontano dalle polemiche. «E non faccio trattamenti di favore», ci spiega, «quello che mangia lei stasera è quello che hanno mangiato tutti gli altri».
Il suo stile si è affrancato dalla generica voce “toscano-campana” con cui spesso lo si bolla: siamo in Toscana - e si vede già dal pane sciapo - ma questa non è una prigione. Va bene il pesce, dunque, ma mare e terra pari sono nelle sue gerarchie mentali attuali. E la retorica campano-salernitana non è che debba per forza emergere qui e là solo perché fa gioco e storytelling.
C’è piuttosto una tensione continua al sapore pieno, uno sguardo che scruta gli schemi haute con rispetto ma pure con diffidenza, quand'è il caso. Cotture sottovuoto e vasocotture si alternano a seriali nappate col burro e a trattamenti à la minute così precisi che paiono telecontrollati. Sono piatti sempre colorati e gustosi, non minimalisti ma giocosi come il Carnevale. Soluzioni che, dietro all’apparente classicità, tradiscono metodica autodidatta e inclinazioni personali.
Una cavalcata sincera e gioiosa, da condurre al quinto piano dello storico hotel a suon di Agnolotti ripieni di cipolla fondente, coda di bue sotto, salsa al pecorino, tartufo e sedano croccante e magnifici piccioni: il nostro era rifinito al Green Egg, crudo il giusto, e servito con salsa cibreo, pesche, salsa alle spezie e cipolle caramellate. Masterpiece.
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Tavoli all'aperto
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articolo a cura degli autori Identità Golose