In queste contrade passa la retta via che conduce al midollo di Puglia, quella fresca di strascinate passate al ferretto, che condensa in un solo pasto l’amarezza terragna dei lampascioni e la dolcezza agreste di un caco appena raccolto, il profumo di brace di un arrosto misto e il sottobosco fragrante di un cardoncello carnoso. Sarà l’aria buona di Montegrosso, dove dimorano gli antichi sapori di Pietro Zito, che per contagio fanno l’areale virtuoso.
I Bàrbera – accento sdrucciolo – qui sono di casa da più generazioni. Il luogo prende nome e cognome da Riccardo Bàrbera, avo omonimo dell’ultimogenito, il primo ad aprire le porte della masseria di famiglia. Riccardo Bàrbera jr ha fama di oste matto. Chioma leonina, sguardo radente, la sua peculiare follia consiste innanzitutto nell’aver rinunciato alla carriera forense per dedicarsi ai 50 ettari del feudo paterno.
Il frutteto, gli ulivi, l’aia, la stalla e il cortile, e una passione botanica tirata a lucido in un giardino delle meraviglie. Con la stessa ostinazione capziosa che lo ha portato a scovare una peonia arborea di varietà vattelapesca, Riccardo jr stana e mette in tavola taglieri pantagruelici di capocolli, ricotte, pecorini dall’afrore intenso non meno del gusto. Piatti che portano impressa la memoria della fame e la misura di una nuova abbondanza, come le Olive fritte al sale o il Calzone di sponzali e alici, olive e uvetta. O il Raviolo che cambia farcia di stagione in stagione senza mutare pelle, d’autunno solo patate e salsiccia di Minervino, pilastro goloso di Murgia.
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Tavoli all’aperto
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classe 1974, studi in Lettere, giornalista. Dalla cronaca giudiziaria e nera alle cronache di gusto, collabora con le maggiori testate di settore e principalmente con Il Gusto