A volte non c’è poi molto da dire: se non prendere atto di una completa maturità tecnica, di una precisione stilistica strutturata e senza sbavature, di una evidente sicurezza di sé, di un’elaborazione precisa e convincente del legame col territorio, di un risolto rapporto col conflitto tra radici e creatività. In sostanza, di una piena e ammirevole acquisizione di quella solidità che non si è trasformata di routine, la quale involve ben presto in noia; invece, si sviluppa come percezione di forza e consistenza. Emerge di rado tutto questo; in genere in un momento magico che corrisponde spesso a un dato anagrafico preciso. Avviene ora per Davide Palluda alla sua All’Enoteca di Canale, nel Roero.
Una dimostrazione di potenza, abbiamo detto prima. Perché tale è la semplicità con cui plasma la cultura gastronomica piemontese, restandovi fedele, ma con gioiosa capacità di darle non solo vesti – chi se ne frega – ma soprattutto sostanza nuova. Legarsi al canone senza diventarne schiavi: è quel percorso di ricerca e lavoro che conduce alla formulazione di una nuova tradizione (che non è mai un risultato personale, certo. Ma il metodo è questo).
Palluda non stupisce, non è avanguardia, non indica strade nuove. Non ne ha bisogno. È consapevole della propria dimensione, che risulta alta tanto quella della scuola che lo ha formato, made in Piedmont insomma. La sua cucina non è solo convincente, risulta proprio radiosa, solare, risolta. Piena senza dover strafare: semmai pugnace nell’essere fedele a certi sapori, e decisa nel declinarli con modernità. Palluda andrebbe clonato.
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classe 1974, giornalista professionista, si è a lungo occupato soprattutto di politica e nel tempo libero di cibo. Ora fa esattamente l'opposto ed è assai contento così. Appena può, si butta sui viaggi e sulla buona tavola. Caporedattore di identitagolose.it