Dopo un anno di esasperanti aperture e chiusure a fisarmonica, noi che stiamo a Milano siamo usciti quantomeno con una certezza: se ci concedono di esser “gialli”, il primo pensiero è prenotare un tavolo al Ratanà. A patto di trovarlo perché il fascino di Porta Nuova, la civiltà della Biblioteca degli Alberi e la quiete di questa minuscola stazione di posta all’ombra di boschi verticali e solenni skyline sono appetiti da tanti.
Nella predilezione dei clienti, però, più di tutto incide l’accoglienza del Battisti team quando varchi il dehors con vista scivoli e altalene o, cinque gradini più su, l’ingresso della porta a vetri. Caterina, Cesare, Federica, Saif, Vladimiro si fanno subito in quattro per assolvere al significato originario di ristorante: “ristorare”, cioè ricomporre e restituire la dignità al viandante affaticato (quest’anno più che mai), metterlo a sedere e seppellirlo sotto a una scarica di bontà. Se la circostanza lo consente, spiegando pure che è meglio preferire le materie di contadini e allevatori virtuosi, artigiani che sanno bene che nel breve è impossibile traslocare tutti su un altro pianeta.
Pensieri foschi allontanati immediatamente da un Risotto di peperoni arrosto (leggermente affumicati), limoni sotto sale e pane frullato con acciughe; una Lingua di vitello sormontata da un’insalata di prataioli, tinche e trote che, se non te lo dicono, li scambi per pesci d’acqua salata. Particolare finale che passa sempre in secondo piano: al Ratanà si beve benissimo con etichette spesso sconosciute.
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Tavoli all'aperto
Delivery / Take away disponibile
laurea in Filosofia, coordina i contenuti della Guida ai Ristoranti di Identità Golose dalla prima edizione (2007), collabora con varie testate e tiene lezioni di gastronomia presso scuole e università. Nel 2020 ha scritto con Cesare Battisti "Cucina Milanese Contemporanea" (Guido Tommasi editore)
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