Il fascino di Porta Nuova, la civiltà della Biblioteca degli Alberi, la quiete di questa minuscola stazione di posta all’ombra di boschi verticali e solenni skyline. Uno scenario idilliaco tutt’altro che prevedibile nel 2009, l’anno in cui Cesare Battisti (e l’ex socio Danilo Ingannamorte) decisero di aprire un ristorante che facesse “cucina tradizionale milanese moderna” in un cantiere dai contorni ancora indefiniti. Una lungimiranza che oggi paga perché non c’è giorno in cui il Ratanà non faccia il pienone: pranzo o cena, infrasettimanale o fine settimana, curva dei contagi che cala o che s’impenna.
Nella predilezione dei clienti, più di tutto incide l’accoglienza del Battisti team quando varchi l’ingresso della porta a vetri. Caterina, Cesare, Federica, Saif, Vladimiro si fanno subito in quattro per assolvere al significato originario di ristorante: “ristorare”, cioè restituire la dignità al cliente affaticato, metterlo a sedere e seppellirlo sotto a una scarica di bontà. Se la circostanza lo consente, spiegando pure che è meglio preferire le materie di contadini e allevatori virtuosi, che sanno bene che è impossibile traslocare tutti su un altro pianeta.
Pensieri foschi allontanati immediatamente da un Risotto con robiola di capra affumicata e limoni sotto sale, sepolto da una favolosa coltre di polvere di cipolla bruciata. Da una brillante Millefoglie croccante di rape, cicorino rosetta e maionese di carote selvatiche e rafano: se le verdure non sono storicamente nel dna della cucina milanese, qui si lavora incessantemente per demolire il pregiudizio.
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nato a Milano nel marzo 1955, al Giornale per 31 anni dividendosi tra sport e gastronomia, è ideatore e curatore dal 2004 di Identità Golose.
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